E Bush stringe il patto sulla legge antitorture

E Bush stringe il patto sulla legge antitorture WASHINGTON ORA SI PUÒ COMINCIARE A PENSARE AL RITIRO NEL 2006 E Bush stringe il patto sulla legge antitorture Maurizio Moilnari corrispondente da NEW YORK «Molti elettori e poca violenza, è un passo importante verso il raggiungimento dei nostri obiettivi». Seduto nello Studio Ovale, con alle spalle il cammetto acceso e circondato da sei giovani iracheni-americani con u dito viola per aver votato nel seggio di Washington, il presidente George W. Bush non cela la soddisfazione per le elezioni che hanno visto i sunniti partecipare come mai avvenuto dalla caduta di Saddam. Sono due gli scenari che si aprono ora per l'amministrazione. A descrivere il primo è Lindsey Graham, senatore repubblicano del South Carolina, quando da Baghdad dice che «un passo decisivo verso la democrazia è stato compiuto» e dunque se non vi saranno intoppi il 2006 potrà essere Iranno virtuoso» - come lo chiamano al Dipartimento di Stato - in cui potrà essere ritirato un numero significativo di truppe, fino a ridurre gh attuali 160 nula a circa 100 mila. Il secondo scenario è racchiuso nell'espressione che Michael Rubin, direttore di «Middle East Quarterly», adopera per descrivere quanto avvenuto da Kirkuk a Bassora: «La democratizzazione in Iraq funziona», dando sostanza alla strategia che punta sulle riforme nel Grande Medio Oriente per sradicare il terrorismo. «Sebbene i realisti come Brent Scowcroft - osserva Rubin, riferendosi all'ex consigliere di Bush padre - pensino che gh arabi non meritmo la democrazia e l'unica opzione per chi si oppone ai tiranni è l'odio ed il terrore, gh iracheni dimostrano che ne esiste un'altra». Ma vi sono anche nubi all'orizzonte per le incertezze sull'equh- brio fra senti e sunniti come anche per i timori che il nuovo Parlamento scelga la legge islamica. «Il governo che verrà eletto non potrà avere successo senza un costante impegno americano», osserva Robert Blackwill, ex inviato Usa in Iraq, e ciò è soprattutto vero in relazione alla necessità di trovare attorno al nome del premier un'intesa fra curdi, sunniti e scuti. La questione della laicità dello Stato è ancora più intricata perché se i religiosi scuti dovessero riuscire ad imporre la legge islamica i curdi insorgerebbero e l'influenza di Teheran aumenterebbe. «E' questo il momento di far avanzare idee liberali nella società irachena - osserva Isobel Coleman, analista di Medio Oriente del Council on Foreign Relations - e gh Usa devono lavorare con i musulmani moderati per affermare le libertà civili nel rispetto del Corano, a cominciare dai diritti delle donne». Tutto ciò spiega perché Bush ha deciso di affidare al Dipartimento di Stato la guida della ricostruzione che finora era nelle mani del Pentagono: in prima fila ci saranno sempre più feluche e meno militari. A coronare la giornata positiva per il presidente Bush è giunto l'accordo con il senatore dell'Arizona, John McCain, sul testo della legge contro la tortura che impedirà a militari ed agenti Cia di trattare in maniera «crudele, disumana e degradante» chi viene interrogato. E' stato McCain ad annunciare l'intesa a fianco di Bush nello stesso Studio Ovale dal quale erano appena usciti i sei giovani americano-iracheni. Il patto con il senatore repubblicano giova alla Casa Bianca su due fronti: pone fine all'assalto pohtico sui metodi degh interrogatori da parte dei democratici (che hanno sostenuto la riforma McCain) e crea quelle nuove basi giuridiche che il Segretario di Stato, Condoleezza Rice, si era impegnata a rispettare incontrando a Bruxelles i coUeghi europei. La coincidenza fra il voto in Iraq e l'intesa con McCain potrebbe non essere casuale: già durante la campagna presidenziale del 2004 il team di consiglieri di Bush guidato da Karl Bove puntava a far coincidere le notizie positive per massimizzarne l'impatto. La ricostiTizione passa dal Pentagono al dipartimento di Stato Più politica, meno anni