Chirac, l'autunno dell'eterno sovrano
Chirac, l'autunno dell'eterno sovrano ELISEO IL CAPO DI STATO COMPIE OGGI 73 ANNI. UNA VITA IN POLITICA, MA ORMAI NEMICI E AMICI GUARDANO ALLE ELEZIONI DEL 2007, QUANDO FINALMENTE CEDERÀ LO SCETTRO Chirac, l'autunno dell'eterno sovrano V E stato il Presidente con più potere nella storia della Képublique. Ora i francesi gli girano le spalle Domenico Quirico corrispondente da PARIGI Liso, consumato, malato, vecchio, anzi: senile, sciupato, incerto, assente, silenzioso (troppo) o logorroico (sempre troppo), cotto, stracotto e biscottato: si saccheggia il vocabolario, scarseggia la munizione dell'aggettivo per scuoiare il signor presidente. Avversari, e soprattutto amici, lo azzannano con le definizioni, lo azzopano con i sorrisini, lo stanano con un'alzatuccia di spalle. Jacques Chirac, settantatre anni oggi, è una stella fredda, non incanta non commuove non convince non indigna neppure più. Persino il segretario socialista Francois Hollande, ormai, può permettersi in tv la stoccata assassina: «Che cosa faccia o dica Chirac oggi non ha più alcuna importanza!». Inutile, dunque marginale: questo è il colpo di grazia per uno che era centro e circonferenza, diametro e periferia, tangente e secante di ogni combinazione. Più che la biografia è un invito a dedicarsi con bisturi affilati alla necroscopia, si intende politica. Come ogni armo i collaboratori all'Eliseo gli regaleranno un oggetto d'arte asiatica, che adora. Ma di feste non si parla, per carità, non c'è nulla da festeggiare, semmai molto da far dimenticare. Il-regalo, cattivo cattivissimo, lo ha scodellato «Le Parisien» con un sondaggio calamitoso: il sessanta per cento dei francesi ritiene che Chirac abbia ormai una «mediocre influenza» in Europa. Diventano il sessantasei per cento se la domanda è estesa al ruolo che riveste nel resto del mondo. Il peggio però è nel settantadue per cento che lo trova poco influente in Francia. Ma come? L'uomo che è in carriera da 40 anni, da quasi undici siede all'Eliseo, è stato eletto al secondo mandato con una percentuale da Bulgaria socialista (82 per cento) e ha manovrato una maggioranza parlamentare così vasta da sfiorare l'assolutismo... È diventato tapezzeria pohtica. Non è un problema di salute, o meglio non solo dopo il ricovero ospedahero di quest'autunno: la figlia Claude veglia perché comunque fotogra¬ fi e operatori tv si distragganoogni volta che il padre dà segnidi stanchezza troppo marcatiIl presidente però lavora, sudasi strapazza: giovani dbanlieue, sindaci, padroni devapore, guru delle catene televisive, tutti convocati per discutere su come aver ragionedelia maledetta discriminazione. I dossier si accumulano, coni pareri i moniti i rabbuffspediti ai ministri perché eseguano, concretizzino, diano seguito. Per due giorni è stato alla manovra a1 summit Euro- mediterraneo di Barcellona, pc" a ^"ie settimana via, in volo Per Bamako, per il vertice del- l'Africa francofona, im tempo così obbediente e plaudente, og8^cos^ i1111111115011^3 e ribelle, Non è la scaletta di un impanto- folato settuagenario, ma il piano ^ battaglia di un combatten- te deciso a vendere cara la pelle, per cui l'energia è ilmarchio di fabbrica. Vedrete, nel 200'7 bisognerà ancora fare ^ conti con lui, si confortano a vicenda con isterico ottimismo i pretoriani. Pio desiderio. La gente è distratta, si appassiona ad altro. Jacques Chirac che si vantava di ascoltare il cuore della gente, la vera scienza dei re, ha perso per strada il popolo e affronta la sindrome della fine del regno. Non fa più paura: dei quattro candidati del suo partito alla carica di sindaco di Parigi che prima staffilava come un domatore, non uno pronuncia il suo nome nei comizi. Philippe Douste Blazy, uno degli ultimi rimasti aggrappati alla zattera presidenziale, da ministro degli Esteri ha problemi a farsi rieleggere sindaco a Tolosa. I delfini un po' cresciutelli, Dominique De Villepin e Nicolas Sarkozy, si sentono ormai destinati alla porpora e si battono per l'eredità. Il tiepidume chirachiano all'UMP (il grande partito della destra nato quattro anni fa proprio intomo al leader) diserta, butta via le vecchie divise, si orienta come il ferro verso la calamita dei nuovi padroni. «Io sono l'incarnazione della sua fine, ecco perché mi detesta», regala amaDilmente Sarkozy, il ministro degli Interni, festeggiando anche lui un anniversario, ma con una sola candelina: un anno da presidente del partito un tempo chirachiano, che ha convertito in quadrate legioni per la sua marcia sull'Eliseo. È proprio vero: il tradimento è solo una questione di tempo. Era fino a ieri per i francesi rassicurante nel pragmatismo astuto: liberalismo anni Ottanta, frattura sociale nel 1995, la sicurezza nel 2002, antiliberista nel 2005. Bocciato: perché non dà risultati che non siano la sua sopravvivenza. Il crollo di Chirac è facile da sintetizzare: uno zapping di massa. Prima apparizione televisiva: nel dibattito con i giovani sul referendum europeo a maggio una generazione entrata in politica mentre lui era al potere si è accorta che questo etemo sovrano non sapeva nulla dei suoi problemi. Così ha cambiato elettoralmente canale. Secondo tonfo: il comizio sciaguratamente tardivo in tv dopo tre settimane di moti nelle banlieue. E' stato ancora più tragico perché non è stato contestato con r«audience» bassa: semphcemente non ha fatto notizia. j iKQraìJcrnn nonìr An^ uut;" à"-3* 'lu ! ^V" "' P .^. Fratti ira cnr^^ ndLLUfd J0^1^. ' '^L...?.??. i --j-, jrp77T «p nnnn '-c'■"^ ^ .^ ...^.Vy.^. ÀntiJihpH^ ^L. ™. ^ ^..... ....^.VV? OnniV/iono hnrriatn ^99l Vlt;',e UULLId LU nprrh^ nnn Ha rklitati fJClUic l lui i uà iiau tau rkn ««n cian^ cn^a^r* u ,e ',u' | l'™,!r.r."..™.™ U ri /a cnnra\AzÌupn7a ^H^^^:!^ seconda elezione presidenziale nel referendum sulla Costituzione europea vince il no (è il min mo storico di popolarità di tutti i presidenti)
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