Nesi: Cossutta alla resa dei conti

Nesi: Cossutta alla resa dei conti APPIO A «FALCE E MARTELLO»? OGGI RIUNIONE STRAORDINARIA DEL PDCI PER DECIDERE LA SVOLTA Nesi: Cossutta alla resa dei conti intervista ANTONELLA RAMPINO ROMA «Diliberto e Rizzo da una parte, Cossutta dall'altra. L'attacco alla sua leadership è in corso, ma il guaio è che da un pezzo ormai Armando non controlla più il partito». Nerio Nesi, che oggi è come tornato alle origini sociahste militando nello Sdi, è uno che h conosce bene. Parlamentare del Pdci fino a due anni fa e, prima, anche presidente di commissione, ministro per l'Industria. «Lo dico con rispetto, ma mi pare che nel partito sia in corso una resa dei conti». Le danze si apriranno stamattina in una riunione a porte chiuse della direzione. Come finirà? Perché Cossutta, con gesto imprevisto, ha proposto di cancellare il simbolo, la falce e martello dei comunisti, alle prossime politiche? «Un gesto che deve essergli costato molto. Un gesto di sfida, per uscire dall'angolo. Non so come finirà, se il Pedi si presenterà da solo o con i Verdi. Certo è un partito molto tormentato, dominato dalla sindrome del due per cento, assediato dal non sapere come fare a trovare maggiori consensi». Lei crede che l'attacco alla leadership di Cossutta venga portato d'intesa da Diliberto e Rizzo? «Vede, quell'intesa è nell'ordine delle cose. Diliberto e Rizzo non appartengono alla generazione di Cossutta, 'e il futuro del partito può essere nelle loro mani: è comprensibile che facciano i conti tra di loro. Io il ministro, tu il leader... A parte questo, c'è una sfilza di episodi, di personaggi». Quali, per esempio? «Tutto comincia quando Rizzo esclude Cossutta dal Parlamento europeo: prende tanti voti che il presidente del partito non ce la fa. E' il primo segnale che la leadership è sotto attacco. Per stare all'oggi, guardi il caso di Alessio D'Amato, il consigliere regionale del Lazio che va a manifestare per Israele davanti all'ambasciata iraniana. Il giorno dopo, un certo Galante per il quale Luciano Canfora coniò la definizione di "questurino di Mestre" gh scrive che deve ritenersi eseluso dalla direzione del partito, con la motivazione che Diliberto a quella manifestazione non c'era andato. Come dire che chi fa una cosa diversa dal segretario del partito esce dagh organismi dirigenti». Diliberto però con una pubblica dichiarazione assolse D'Amato, per così dire. «Per così dire. Le faccio rilevare che D'Amato è un cossuttiano». Può esistere il Pdci senza Cossutta? «Evidentemente c'è chi ritiene di sì. Cossutta è un uomo rispettabile, l'ho sempre pensato e lo penso ancora. Ha anche commesso molti errori. A parte Garavini, il fior fiore dell'intelhghentzia comunista, per correre incontro al nuovo ha creato due segretari pohtici come Bertinotti e Diliberto. Ho sempre avuto l'impressione che Cossutta non difenda mai coloro che sono vicini alle sue posizioni. ma'che tenda a colpirli; Per me questa è sempre stata una cosa misteriosa». ' . Un'attitudine alla Lenin, forse? ' «E' vero. Lenin con i propri collaboratori era così. Ma nel partito non c'è un Trockij. Cossutta ha consentito l'allontanamento dei suoi uomini, a Torino, a Bologna, a Napoli... E senza una ragione apparente». Cossutta non ha allontanato però i suoi dioscuri, Rizzo e Diliberto, appunto. E voleva ritirarsi già nel 2001. Ci pensò anche prima delle europee... «Lj disse anche in un comitato centrale. Avr»i voluto ritiranni, fare il vecchio saggio, dare dei consigli, ma la situazione non me lo consente. Non so se sia stato un errore. Oggi, la critica più forte che sento muovergh è un'altra: non avrebbe dovuto fare la scissione da Rifondazione in quel terribile ottobre 1998. Io c'ero, e fu un momento drammatico, tra l'altro si ruppe la mia trentennale amicizia con Bertinotti. Non si doveva fare un altro partito, semmai creare un'opposizione intema. In quella decisione, Cossutta fu trascinato da Diliberto». Ma nacque il cosiddetto cossuttiga, e il centrosinistra restò comunque al governo... «Un altro male». Come sarà un partito a guida Diliberto-Rizzo? «Molto dilaniato. I cossuttiani saranno in ritirata. E sono l'anima, la cultura e la tradizione politica del partito». Lei perché ha lasciato Cossutta? «Perché non potevo accettare il metodo del centralismo democratico. Non c'era nessuna democrazia interna. La scintilla è stata là contrarietà del Pdci alla giornata in ricordo delle popolazioni italiane che avevano dovuto lasciare la Jugoslavia. Per me, il patriottismo è un valore». «PerÀrmandoèstato un gesto di sfida: deve essergli costato molto MaDiiiBertoeRizzo hanno in mano il partito» II simbolo dei Comunisti italiani Armando Cossutta in un'immagine d'archivio II simbolo di Rifondazione comunista

Luoghi citati: Bologna, Israele, Jugoslavia, Lazio, Napoli, Roma, Torino