La Cecenia blindata vota un parlamento fedele al Cremlino di Francesca Sforza

La Cecenia blindata vota un parlamento fedele al Cremlino DOPO SEI ANNI DI GUERRA AFFLUENZA ALTA NONOSTANTE SOSPETTI DI BROGLI La Cecenia blindata vota un parlamento fedele al Cremlino Vincitore scontato il partito di Putin Ma i ribelli riscuotono ancora simpatia Francesca Sforza inviata a GROZNY «Siamo in Cecenia, il rischio di imboscate e di attentati da parte dei guerriglieri è alto, dunque restate uniti, non vi allontanate da soli, e obbedite agli ordini». E' cominciata così la visita guidata in terra cecena per mostrare alla stampa intemazionale il libero svolgimento delle libere elezioni parlamentari di ieri. E' la prima volta che la Cecenia va alle urne dal 1997, quando in ima breve parentesi di autonomia ha eletto un parlamento e un presidente spazzati poi via dalla guerra. E il presidente ceceno Alu Alkhanov, fedelissimo del Cremhno, si è affrettato a dichiarare la consultazione un successo e un «grosso passa avanti verso la democrazia» ancora prima della chiusura dei seggi. I pulmini sono scortati dalla polizia e in ciascuno siedono due soldati armati di kalasnikov e protetti da giubbe antiproiettile. «Con loro è assolutamente vietato parlare», aggiunge il comandante. Dei 600 mila elettori iscritti nelle hste 34 mila sono soldati russi di stanza in Cecenia. Per evitare il rischio di attentati Mosca ha mobilitato 24 mila militari e poliziotti a presidiare ciascu- no dei 430 seggi elettorali, e gli obiettivi «strategici» della repubblica ribelle. Il viaggio nella Cecenia elettorale comincia dalla frontiera Nord del Paese e si conclude alla periferia di Grozny. Il centro della città è rimasto chiuso alle telecamere e ai giornalisti perché «tutto si capisce benissimo anche da qui», dicono gh accompagnatori. Il panorama in effetti non cambia: stesse case sventrate, stesse strade sterrate, militari che pattugliano la zona a bordo di carri armati e camionette o che spuntano all'improvviso da trincee scavate in mezzo ai campi. «Se avessi avuto un lavoro oggi mi sarei presentato me- glio, con la barba fatta e i vestiti in ordine - dice Ruslan, 32 anni, davanti al seggio di un villaggio di nome Bratskoe ma prendo solo i soldi del sussidio (circa 12 euro) e neanche tutti i mesi». La disoccupazione in Cecenia è una piaga nazionale, spesso alla base della decisione di unirsi alla guerriglia: «Su tremila persone solo duecento lavorano, bisogna pagare tangenti anche per fare i pohziotti, i nostri ragazzi non sanno che fare tutto il giorno, lo credo che poi vanno in montagna», osserva un anziano signore. Affinché le elezioni parlamentari possano considerarsi valide è necessario che sia raggiunto il quorum del 25 per cento. A giudicare dai seg¬ gi visitati al seguito dell'amministrazione presidenziale, la soglia è stata ampiamente raggiunta - a mezzogiorno si registrava il 21, il 18 e persino uno straordinario 40 per cento alla periferia di Grozny. A conclusione della giornata elettorale Alkhanov ha parlato di un massiccio 57 per cento di affluenza. Ma alcuni attivisti dell'associazione umanitaria Memorial riportano altre cifre: «Su cinque seggi che ho visitato - racconta Magomed la percentuale era tra l'I e il 2 percento». Non mancano nemmeno le perplessità - come in occasione deUe precedenti chiamate dei ceceni alle urne - di iiregolarità. In un seggio una signo¬ ra si sarebbe diretta verso il presidente della commissione chiedendo ad alta voce: «Allora, per chi bisogna votare?». E davanti ad alcuni seggi sono stati visti pulmini che scaricavano persone a gruppi di trenta e quaranta. «La città è assediata - racconta ancora il rappresentante di Memorial ci sono cecchini in cima ai palazzi e intere strade bloccate dai militari». Un voto che si svolge in queste condizioni con tanto di teatrino danzante allestito apposta per le telecamere a ogni seggio - non sembra rispondere ai criteri di libertà e trasparenza promessi dal Cremlino. «La gente è apatica, questa guerra ci ha sfiancato, e anco¬ ra non s'intravede la possibilità di una vita normale» dice Larissa, 32 anni. «Bisogna crederci almeno un po', a queste elezioni - osserva Estamirov, a capo di uno dei distretti più difficili di Grozny - io sono certo che quando ci sarà un parlamento, e avremo la possibilità di fare un bilancio e di destinare i soldi in base a dei criteri ragionevoli, la situazione migliorerà». E' lo stesso ragionamento esposto ieri da Ramzan Kadyrov, il vicepremier e leader di fatto della Cecenia, che a 29 anni la governa con pugno di ferro affiancato da una milizia che porta il suo nome e che viene accusata di abusi, rapiménti e minacce. Ma Ramzan - figlio del presidente filorusso Ahmed ucciso da una bomba indipendentsta un armo e mezzo fa - è stato dichiarato «Eroe della Russia» da Putin e sembra il garante di quella «normaUzzazione» che il Cremlino vuole far apparire in Cecenia. Il sindaco di Grozny dice che la sicurezza è aumentata, «anche rapine e sequestri non si verificano più come prima». Nessuno fa mistero di preferire una Cecenia indipendente a una fedele ai russi, «ma la storia ha voluto in un altro modo», dice Aslan, candidato indipendente al villaggio di Pobedinskoia, allargando le braccia. Tra i 353 candidati per i 58 seggi nel nuovo parlamento c'era qualche indipendentista, ma la vittoria - per quanto i risultati ufficiali non si sapranno prima di oggi dovrebbe andare, in modo scontato, al partito di Putin «Russia Unita» e ai fedelissimi di Kadyrov. Il portavoce dei ribelli Ahmed Zakaev, ha fatto sapere da Londra dove è rifugiato che queste elezioni «allontanano ancora di più il giorno di un'autentica regolazione politica». I separatisti non smettono di fare presa sui ragazzi più giovani: «Io li rispetto», dice Vania. «Lascia stare - lo corregge il padre. queste non sono cose da dirsi». RU5S E C E N I A knJNGUSCEZW OSSEZIA DEL NORD GEORGIA Un anziano ceceno vota sotto lo sguardo del premier Ramzan Kadyrov (a sinistra) edel presidente ceceno Alu Alkhanov (a destra)