Rabbia nel giorno dell'addio a Deborah

Rabbia nel giorno dell'addio a Deborah ANCHE IL PARROCO DURANTE LA CERIMONIA SI E CHIESTO SE L'ASSASSINO NON POTEVA ESSERE FERMATO PRIMA Rabbia nel giorno dell'addio a Deborah Daniele Pasquarclli C0SSAT0 (Biella) La bara bianca attraversa la piazza gremita di gente in un silenzio irreale. Bianchi anche i fiori che la ricoprono, rose e gigli. Le grandi corone appoggiate all'ingresso della parrocchia di Cessato: «I tuoi amici», «I colleghi di lavoro». Un cestino sempre di rose appoggiate al portone di legno: «Piccola, non ti dimenticherò mai». E' il funerale di una ragazza poco più che ventenne, uccisa da un delirio che l'ha tormentata fin da quando era bambina. È l'addio a Deborah Rizzato, ammazzata con sette coltellate da Emiliano Santangelo, 38 anni, di Carema, pensionato invalido per motivi pischiatrici. L'autopsia ha escluso che l'abbia anche investita con l'auto prima di fuggire. Mentre il parroco benedice il feretro, lui dal carcere di Genova continua a mischiare l'amore con Satana. «Mandatemi in im ospedale» chiede tramite il suo avvocato. Il pm Bianco, che coordina l'inchiesta, risponde deciso: «Non se ne parla nemmeno». Una grande folla prima aspetta l'arrivo del carro funebre, poi si affretta a prendere posto tra i banchi. Gli occhi sono gonfi di lacrime. Il papà, la mamma, la sorella, gli amici si sorreggono e si abbracciano. Ma il dolore non riesce a nascondere la rabbia. Quei volti scrutati dalle telecamere delle tv si chiedono una cosa sola: davvero non si poteva evitare? Intorno all'altare tanta gente. La funzione non è ancora cominciata ed è impossibile entrare. Il parroco, don Fulvio Dettoma, sembra scosso: «Il Regno dei cieli è il luogo in cui trionferà la giustizia divina». La contrapposizione con il mondo reale, quello in cui si muovono anche gli assassini, già stride. Ecco la rabbia, «per la giustizia terrena che ogni tanto viene a mancare». Ecco 3 dolore, «per una vita che ha dovuto fare i conti troppo presto con la cattiveria dell'uomo e la follia». Un dramma che non si deve ripetere. Don Fulvio non si nasconde dietro la tonaca: «La presenza opprimente che ha sconvolto la vita di Deborah non era un fanta¬ sma. Aveva un nome, un cognome. Un volto: quello che oggi i giornali ci riportano in fotografia con il sorriso, segno di presunta foiba. Ci uniamo al ministro Castelli e invochiamo di colmare il vuoto legislativo che ha permesso questa tragedia». Nel primo banco i famigliari non trattengono le lacrime. Il sacerdote b conforta: «Non lasciatevi sopraffare dal rancore e dall'odio». La sorella Simona, quella che ha sempre affrontato con sicurezza le domande di investigatori e giomabsti, consegna una lettera a don Fulvio. Il parroco la legge: è una preghiera indirizzata ad un angelo. «Ciao Deborah. Il tempo si è fermato. Tutto ciò che mi circonda sembra vuoto orinai. Lui ti ha strappato a noi per l'ennesima volta. Cara la mia "tata", dammi tutta la tua forza affinché io possa continuare il tuo compito: rinchiudere quell'essere che per anni ti ha dato tanto tormento». All'uscita del feretro, il crollo. La ragazza quasi sviene. Gli amici la sorreggono, la rianimano. Poi la sollevano di peso e la caricano su un'auto. E' il momento dell'ultima benedizione. Si recita il Padre Nostro: «Liberaci dal male». Liberaci da Emiliano Santangelo. La sorella: dammi tutta la tua forza per rinchiudere quell'essere. Poi sviene La bara di Deborah Rizzato all'uscita dalla parrocchia di Cessato

Persone citate: Castelli, Deborah Daniele Pasquarclli C0ssat0, Deborah Rizzato, Emiliano Santangelo, Fulvio Dettoma

Luoghi citati: Biella, Carema, Cessato, Genova