E' stata la droga la sua vera prigione di Maria Corbi

E' stata la droga la sua vera prigione LE CARTE IN CINQUE PAGINETTE LA RICOSTRUZIONE DELLA LATITANZA TRA MALATTIE, DETENZIONI E TOSSICODIPENDENZA E' stata la droga la sua vera prigione Maria Corbi ROMA La latitanza del «mostro» del Circeo, Andrea Ghira, è tutta in trepaginette dattiloscritte, consegnate dalla madre Maria Cecilia Angelini Rota ai Ros dei Carabinieri (lei le ha ricevute dalle autorità spagnole). Righe di fitto burocratese che rivelano una vita in fuga, false speranze, disperazione, malattia, e anche la galera. Notizie che restituiscono alle vittime almeno un lembo di certezza, una magra consolazione, una qualche forma di giustizia, di punizione, c'è stata. Massimo Testa De Andres bussò alla legione e nessuno gli chiese chi era. Funzionava così e funzionava anche che dopo dieci anni ti ricompensavano con una nuova identità, la cittadinanza e un passaporto. Ma Massimo-Andrea è morto prima, senza ottenere quella chiave per aprire i portoni di una vita nuova. Cinque paginette strette in pugno dalla mamma e consegnate ai Ros. Maria Ceciha Ghira è piegata dal dolore, anche lei, con la faccia tesa e dura di chi sa che deve portare delle colpe che altri considerano anche sue. Un assassino è tale perché educato male? Perché nasce così? A nessuno importano le risposte di fronte all'orrore della strage del Circeo. Ma lei è una madre, comunque. Le ha lette quelle pagine, ripercorrendo fili di una sofferenza nota. Massimo-Andrea passò da Madrid a Fuerteventura, da Ceuta a Melilla, uno stipendio iniziale di 10.200 pesetas e dopo tre anni dal suo airivo nel Tercio, il 3 agosto del 1979 la promozione a «Cabo». Prende permessi per il Natale che passa chissà con chi, forse solo con la sua ossessione: la droga. Inizia ad avere sempre più bisogno di sostanze che lo stordiscano e il 28 maggio del 1980, quando usufruisce di una licenza, viene arrestato ad Algeciras «perché trovato in possesso di 400 grammi di hashish». Il 2 giugno inizia la causa per delitto «contro la salute pubblica» al tribunale militare e il 7 luglio entra nel castello di Santa Catalina a Cadice in «prigione preventiva». Quando in Italia, nell'ottobre di quello stesso anno, si svolge il processo di appello per la strage del Circeo, lui, anzi massimo Testa De An¬ dres, è in un carcere. Il 7 gennaio del 1981 Ghira rientra nella sua unità. E continua la sua vita di dipendenza, alcol e droga che però ancora non mettono a rischio la sua camera nella legione. Nel 1985 frequenta un corso per diventare «Monitor di educazione fisica», ma poi il primo marzo del 1988 sconta ancora una pena per mancanza grave e «accumulazione di bevi». Sèmpre droga. In mezzo a tutto questo continui ricoveri in ospedale, dal primo nel luglio del 1982, all'ultimo nel 1990. Motivo principale la tossicodipendenza, ma si è parlato anche di un tumore alla testa. E il 21 lugbo il congedo per insufficienza delle condizioni psicofisiche. «Ghira fissa la sua residenza a San Sebastian», concludono gli appunti adesso in mano ai Ros. Il resto è storia nota, la vita sbandata a Melilla, sulla spiaggia, una fidanzata, qualche amico, e sempre lei, la droga. Fino alla morte, il 2 settembre del 1994. Lo hanno trovato giorni dopo, avvolto dal fetore e con la mano protesa verso la lampada sul comodino. La siringa a terra, la sua prigione. Quando in Italia si svolge il processo di appello il legionario Testa è rinchiuso in carcere Donatella Colasanti in ospedale dopo le violenze

Persone citate: Andrea Ghira, Cadice, Donatella Colasanti, Ghira, Maria Ceciha Ghira, Maria Cecilia Angelini, Massimo Testa, Rota

Luoghi citati: Fuerteventura, Italia, Madrid, Roma, San Sebastian