Arnolfo nel cuore del Medioevo umbro di Marco Vallora

Arnolfo nel cuore del Medioevo umbro Arnolfo nel cuore del Medioevo umbro Marco Vallora NON crediate alle voci di corridoio, alle dicerie fachoni, che v'insufflano che questa è una mostra discutibhe, modesta, quasi superflua, che non aiuta a scoprire nulla di più e di nuovo su Arnolfo, che poco ha trasferito dinedito o di stimolante, tra le due sedi di Orvieto e di Perugia, e che è composta di pochi pezzi, già noti e ubicati, negh stessi musei. Come se poi uno si abbuffasse, a cena e colazione, di àmbiti di Arnolfo! Bufale grossolane, che rivelano il clas¬ sico pubbhco sufficiente ed incompetente, che guarda l'etichetta accanto all'opera, legge Peragia, Museo Capitolare, o Spoleto, Museo Nazionale del Ducato, e non Getty e Fort Worth, e grida ah'ingarmo. Magari in quei musei non c'è mai stato, ma già decreta, con prosopopea: mostra provinciale ed mutile! Non è così: perché bisogna capire come certi pezzi, magari già noti, vengano però qui articolati e concertati con più o meno intelhgenza, e se si tratta davvero di pezzi già visibih oppure appena restituiti all'attenzione, dopo un degno restauro, o magari abitualmente trattenuti nei depositi. Non basta l'etichetta, a misurare la febbre provinciale d'una rassegna. E poi, santa ignoranza! che c'è di male se si tratta d'una seria mostra-dossier, dotta ed affascinante, finalmente non chilometrica e gremita di opere, ma che ti permette di godere la spettacolarità intensa di pochi capolavori veri e di ragionare con agio su alcuni problemi dell'arte, sotto il motto provocatorio: «partire dal perduto per capire il conservato»? Certo, non si può «trasferire» un architetto e scultore monumentale come Arnolfo, in una mostra, questo è ovvio e scontato, a meno che non si presuma di «scollare» sepolcri giganteschi. Che i monu¬ menti si impari a scoprirli dove stanno. Ma non per questo deve necessariamente deludere una selezione calibrata e ragionata di opere, trasportabili, frammentarie e non minori, qui in dialogo musicale, per risolvere il problema di che cosa capita nell'arte quando un «pontefice muore fuori Roma» o abbandona il clima inclemente deha Capitale, per soggiornarsene in Umbria. E soprattutto dipanare il destino storico di due cittadine, come Perugia ed Orvieto, che da città-comuni diventano sedi papah, situate accanto a sedi nevralgiche tipo Assisi. Basta addentrarsi nel ricchissimo catalogo Silvana, curato per l'occasione da un'esperto del territorio, quale Bruno Toscano e da un sovrintendente competente come Vittoria Garibaldi, per avere la prova che si tratta d'una mostra preziosa, che soprattutto si proietta al di là d'una pura occasione effimera di esposizione (che tra l'altro, evviva, s'avvale d'un allestimento sobrio ed efficace). Ma come non gioire, ancbe edonisticamente, tattilmente quasi, potendo fruire a pochi centimetri di contatto deha behezza barbara e furente del bronzeo Grifo o del Leone, che tutti ammirano, inconsapevolmente in copia, sulla facciata del Palazzo del Popolo, e che un tempo erano posti a capo deha Fontana di Arnolfo? 0 d'innanzi a queha piissima stanchezza deha marmorea Assetofa, che avvicina le labbra aha fonte e cerca di convoghare tra le mani, come in una preghiera francescana, le poche gocce vere d'acqua preziosa. Basterebbe questo, a motivare riconoscenza ed apprezzamento (per non dire poi degh origmah dei rilievi di Nicola e Giovanni Pisano, sottratti giustamente aha Fontana Maggiore, giù in piazza, o dell'inedito capitello scavato a fontana, la cosiddetta tazza Orsini, riscoperta da Toscano in una villa spoletina. Oppure il nobilissimo e deturpato Chierico in pietra calcarea, che non perde comunque la sua serafica compostezza, e chi se ne importa se è attribuito «soltanto» aha bottega di Arnolfo?...) Certo, Arnolfo non c'è quasi, ma c'è il suo ambito, il suo respiro, il suo contesto. Si confronta con la presenza del pittore Jacopo Toniti, neha Basilica di Assisi accanto a Giotto, si studia il gesto malizioso del bambino di Duccio, che strattona il velo deha Madonna, per distoglierla dallo sguardo doloroso sul fedele, gesto riverberato magari in una piccola statuetta lignea, d'un maestro anonimo vistosamente policromo. E che emozione ritrovare il vero faldistorio in legno istoriato da un maestro meridionale, praticamente lo stesso, sotto i fianchi miniati di Papa Benedetto XI, in una pagina «fotografica» del Liber Indulgentiae ordinisfratrumpredicatorum de Perusio, appunto mentre sta concedendo ai domenicani l'indulgenza, neha platea di San Lorenzo, aha presenza di vescovi, cardinali e laici. Certo, starà pure neha Biblioteca Angustia Perugia, ma alzi il dito chi se lo ricorda, d'averlo magari già ammirato nehe mostre francescane dell'82. E poi calici, bolle papah, ceramiche e boccah. tessere mercantili, ed una curiosissima registrazione contabile dell'avvenuta fusione del grifo, sorprendente documento storico-artistico: che è il vero senso di questa mostra. Il clou è il tentativo di ricostruzione deha cosiddetta Fontana di Arnolfo, neha platea magna, risposta sontuosa con effetto d'eco aha Fontana Maggiore, ancora esistente, dei Pisano, giù in Piazza (puoi affacciarti: per ri-pensarla dentro questo contesto). Arnolfo di Cambio. Una rinascita nell'Umbria medievale. Perugia. Galleria Nazionale dell'Umbria. Orvieto. Chiesa di Sant'Agostino. Sino alP8 gennaio Particolare dell'Assetata