L'esame per i nuovi avvocati finisce a colpi di carta bollata

L'esame per i nuovi avvocati finisce a colpi di carta bollata FOLLIE D'ITALIA GLI ELABORATI DEI CANDIDATI LECCESI CORRETTI IN PIEMONTE. ED E' CAOS L'esame per i nuovi avvocati finisce a colpi di carta bollata Pioggia di ricorsi contro la severità dei commissari torinesi Vincenzo Tessandorl TORINO C'era una volta l'Eldorado. Capitale Catanzaro. Gli aspiranti avvocati, quelli meno bravi o meno fortunati, ci accorrevano a frotte, soprattutto dal profondo Nord, pronti a cogliere l'attimo fuggente, un voto positivo, dunque il viatico per entrare a buon titolo nel mondo delle toghe. Si diceva che il regno fosse alquanto esteso, nel Mezzogiorno. Poi, nell'anno zero dei nuovo Millennio, scoppiò un caso, proprio lì, nella «capitale». Era successo che le continue allusioni, le voci, le accuse di grandi imbrogli, le esplicite offerte da parte di imprenditori locali di pacchetti «tutto compreso», dall'albero alle navette andata-ritorno da e per le sedi d'esame, provocarono un venticello presto divenuto bufera. Dall'inchiesta emerse che all'esame del dicembre del 1997 dei 2.301 candidati solo sei non avevano copiato: da domandarsi perché. Lo chiamarono scandalo e, francamente, è difficile trovare un sinonimo. Un fatto che segnò la fine di un sogno, di un'era, Per dare un taglio alla pacchia, si sono cambiate le regole per gli «esami di abilitazione alla professione di avvocato». I commissari non avrebbero corretto i lavori dei propri candidati, che sarebbero stati giudicati in sedi lontane. Come se fosse serpeggiata una forma di sfiducia verso il lavoro delle commissioni? «Sì, "come se". Si tratta di garantismo formale, e si corre il rischio di non trovare più commissari», osserva l'avvocato Umberto Giardini, presidente della prima commissione torinese. Torino ha sempre goduto fama di manica stretta, da anni la media dei bocciati è attestata attorno al 700z6. Anche quest'anno la tradizione è stata mantenuta: soltanto che, per la riforma, i 1475 elaborati in esame non erano dei candidati piemontesi ma di quelli residenti nel circondario della Corte d'appello di Lecce. Il linguaggio dei voti è sempre sgradevole e, soprattutto, sgra- dito, quando quei voti sono scarsi. Così, gli esclusi hanno rovesciato sui Tribunali amministrativi regionali un uragano di proteste. Un po' dappertutto, nel Bel Paese, per contestare la rigidità torinese circa 200 su quello del Salente, corredate da formali ricorsi e accompagnate da pareri di luminari del diritto. E il Tar ha deciso «che la Commissione» sabauda «dovrà svolgere, in diversa composizione, un nuovo giudizio sugli elaborati in parola, offrendo compiuta motivazione a sostegno delle proprie conclusioni». I tempi, naturalmente, si sono allungati a dismisura. La nuova commissione ha sfornato pareri simili all'altra, «segno della correttezza del lavoro fatto», osserva l'avvocato Giardini. E, forti della propria buona fede, le commissioni di esame presso la corte d'appello di Torino e di Lecce, sostenute dal ministero della Giustizia, avevano sollecitato verdetto dal Consiglio di Stato, che è il secondo grado di giudizio. I ricorsi, piuttosto numerosi, osserva il prof. Mario Sanino, presidente della Commissione centrale, «allo stato attuale sono stati tutti respinti dal Consiglio di Stato». Ma far viaggiare gli elaborati per tutta Italia, e tutto 3 resto, sono risultati «soprattutto un casino». Per avere un'idea: gli elaborati degli aspiranti avvocati legati alla corte d'appello di Torino sono finiti a Palenno; quelli di Palermo a Catania; quelli di Catania a L'Aquila; quelli dell'Aquila a Caghari. Firenze a Catanzaro con l'SS, 19 per cento di ammessi all'orale; e viceversa, con il 35,,04 per cento: il che significa che il termine «reciprocità» è finito out dal vocabolario. È vero che molti son convinti che si sia abbassato il Livello culturale generale e quello professionale, e non è una questione di latitudine. O, almeno, non soltanto. «E chi ci rimette è il cliente, questo è un altro problema concreto», dice l'avvocato Giardini. Ma il labirinto è ancora più complesso di quanto possa apparire a un'occhiata superficiale. Osser- va Giancarlo Ferrerò, avvocato distrettuale dello Stato di Torino, che «inopinatamente, il legislatore, in sede di conversione di un decreto legge del 30/6/2005, ha stabilito allart. 4, 2 bis legge 17/8/2005 n. 168 che è sufficiente un qualsiasi provvedimento giurisdizionale per consentire il riesame degli elaborati e, nel caso di esito positivo anche degli orali, l'iscrizione all'albo degli avvocati». In altre parole, aggiunge, si tratta di «ima legge che offende le più elementari conoscenze giuridiche: se infatti la norma si interpreta correttameùte, che cioè trova appheazione solo quando la favorevole decisione è stata confer¬ mata dal giudice di secondo grado, allora è inutile perché da sempre questa è la regola; o la si rende applicabile comunque, anche in caso di successivo annullamento della ordinanza del Tar allora la norma è illogica e incostituzionale!» Perché, in parole povere, si diventerebbe avvocati anche se bocciati. Infine, la domanda-chiave, fatta col linguaggio delle cifre: «Forse il legislatore ha ritenuto che gli oltre 150.000 avvocati presenti nel territorio nazionale siano troppo pochi?». Il 13 dicembre s'inizia la nuova sessione e chi vorrebbe irrobustire quel numero già si lamenta perché c'era una volta l'Eldorado. Un iter complicato In una prima fase il Tar del Salente ha accolto la protesta degli esclusi Ma il secondo grado sta ribaltando il giudizio Intanto, il tempo passa II più grosso scandalo sugli esami per avvocati è del 2000, a Catanzaro

Persone citate: Giancarlo Ferrerò, Giardini, Mario Sanino, Umberto Giardini, Vincenzo Tessandorl