Chiude il programma Diaco: è una censura di Pierluigi Diaco

Chiude il programma Diaco: è una censura NUOVO CASO RAI IL GIORNALISTA: UN FATTO PERSONALE Chiude il programma Diaco: è una censura Maria Grazia Brunone ROMA Era forse nelle cose che anche questa volta Pierluigi Diaco arrivasse ai ferri corti col suo direttore del momento. Meno di un anno fa litigò ferocemente con Emilio Carelli, direttore di SkyNews24, tanto da lasciare la sua rubrica. All'Indipendente arrivò alla rottura dopo grandi dichiarazioni d'amore col direttore Giordano Bruno Guerri. Oggi è la volta del direttore di Rainews24i Roberto Morrione che, dopo giorni di screzi, battibecchi e lettere, ha annunciato la «sospensione inevo- cabile» del suo programma «21.15». Un gesto che Diaco, non esita a definire «censura». «Ho tentato fino all'ultimo di avere un dialogo con il mio direttore ma a questo punto non riesco a trovare una parola diversa da censura», spiega in una conferenza stampa. Morrione precisa che la sua decisione «non ha nessuna ragione pohtica né di censura, ma deriva dal comportamento del conduttore, lesive dell'immagine della Rai», in attesa dei provvedimenti dell'azienda dopo le «affermazioni calunniose, denigratorie e eticamente scorrette» fatte in diretta. Diaco si dice «amareggiato e sorpreso», nega di aver fatto «un uso privato della tv» e si appella al «diritto dì cronaca», parla di «scatto di nervi», subito da Morrione. Afferma che la sua «non è un vicenda della Rai ma di un direttore nei confronti di un giornalista indipendente». Censura personale insomma. E alla censura adesso gridano in tanti, a destra. Dall'ex ministro Gasparri a Paolo Cirino Pomicino della nuova De, a Raffaele Lombardo del Movimento per l'Autonomia siciliana. L'esponente dell'Udc Pippo Gianni, siciliano, commissario della Vigilanza sulla Rai, arriva a chiedere che Morrione venga sentito in commissione. Diaco è geneticamente un mattatore trasversale, difeso contemporaneamente dalle «Farfalle rosse» senesi che avevano fischiato il cardinal Ruini e dalla Lega che gh ha appena affidato una rubrica sulla Padania, oltre a quella che ha già da tempo sul Foglio, mentre tutti i giorni conduce un programma radio con Piero Fassino. Elogia Vespa, andato in onda durante lo sciopero dei giornalisti («a me non l'hanno concesso») e dà ragione a Santoro che pretende di avere un copyright personale sui suoi programmi. Si considera un «appartenente al clan mafioso dei giornalisti indipendenti», paragonandosi a Giò Marrazzo, Montanelli, Pasolini, Longanesi, Barbato. Un personaggio così non può che essere scomodo in Rai. E infatti lo è stato, malgrado abbia per primo messo a confronto Rita Borsellino e Ferdinando Latteri, i due candidati dell'Unione in Sicilia. Dopo il successo della «sicilianeide» (mail e telefonate a valanga) ha accettato di condurre confronti sulle tv locali siciliane. A Morrione non era piaciuto, anzi, voleva che non si occupasse solo di Sicilia («Ma io non mollo», rispondeva lui in onda). A far scattare la sospensione è stata la polemica sull'intervento al tg del giudice Caselli, che aveva chiesto a Morrione di poter replicare, dopo la puntata di «21.15» sul caso Andreotti, in studio l'avvocatessa Bongiomo. Morrione aveva scritto al conduttore, contestandogli eccessi di personalismo e la mancanza di contraddittorio. Diaco in risposta aveva letto la lettera in diretta: «Se il direttore voleva che invitassi Caselli me lo poteva dire». H direttore Monione «Nessuna ragione politica, il conduttore ha danneggiato l'azienda» Pierluigi Diaco

Luoghi citati: Roma, Sicilia