Lassù c'è sempre il Brasile di Roberto Condio

Lassù c'è sempre il Brasile CICLI D'ORO DA DOMANI IN GIAPPONE LA GRAND CHAMPIONS CUP: ANCORA FAVORITI I VERDEORO CHE GIOCANO QUASI TUTTI DA NOI Lassù c'è sempre il Brasile Nel volley è peggio che nel calcio: dal 2001 la Selegao fa razzia di trofei Roberto Condio RonaMinho, Adriano, Kakà, Robinho, Roberto Carlos, Emerson. E ancora Dida, Cafu, Lucio, Zé Roberto. Senza contare Ronaldo e Juninho. Esagerati, questi brasiliani. Troppi, i forti. E troppo forte, dicono tutti, questa Selegao per poter perdere il prossimo Mondiale. Dopo aver vinto quelli del 1994 e del 2002, più Coppe America e Confederations Cup sparse. Tempi duri, anzi durissimi, per il resto del globo calcistico. Contro questi verdeoro, molto più d'oro che verdi, il rischio è davvero quello di giocare solo per il secondo posto. Che poi è esattamente ciò che sta accadendo in im altro sport col pallone, per colpa di un altro Brasile. Ancora più devastante e cannibale di quello del «futebol». Parliamo di volley e di un'autentica dittatura cominciata nel 2001 che sta frustrando russi, serbi, statunitensi, cubani, francesi, argentini e naturalmente noi italiani, gli ex padroni della rete. Tutti provano a battere la Selegao, qualcuno ce la fa quando conta poco o nulla (ad esempio gli Usa, a segno nella finale della Coppa America 2005), ma nessuno fa centro se in palio c'è un oro pesante. Imbarazzante (per la concorrenza) il bottino racimolato dal Brasile più onnivoro di sempre: 11 trofei intemazionali in 5 stagioni, compresi un'Olimpiade, un Mondiale, ima Coppa del Mondo e 4 World League. Una bulimia scatenatasi ali indomani del flop più cocente della storia recente della pallavolo verdeoro: l'eliminazione nei quarti dei Giochi di Sydney 2000 non contro un rivale qualsiasi bensì contro l'Argentina, nemica giurata e nell'occasione outsider senza troppe velleità. Per tutti pagò Radames Lattari, et d'italianissime origini che quest'estate è tornato da noi per allenare Trento. Al suo posto, Bernardinho, un tipo sveglio e tosto che giocando e allenando (uomini e donne) in Italia aveva imparato segreti e mentalità del volley più di successo e di moda. Pronti, via e, con il fantastico materiale umano a disposizione, il nuovo Brasile ha subito cominciato a vincere e non ha ancora smesso. Nelle occasioni importanti, chi è andato più vicino a fare lo sgambetto siamo stati proprio noi. L'Italia battuta nella finale olimpica di Atene 2004, in quelle delle World League 2001 e 2004 e nel match che di fatto ha assegnato la Coppa del Mondo 2003. L'Italia che da anni con i suoi club ospita, paga e dà alle «stelle» verdeoro l'occaisione di giocare il campionato più difficile: il nostro. Con un cruccio che aumenta la sensazione di beffa: a parte Gustavo, granitico centrale di Treviso, gli altri brasiliani giocano mediamente molto meglio in Nazionale che in Al. Proprio come sta accadendo, con qualche eccezione, anche quest'almo. E allora, aspettando il Mondiale 2006, diventa interessante vedere quel che succederà da domani a domenica in Giappone, nel ricco torneo-spettacolo denominato Grand Champions Cup (per mei- so, fra le donne ieri ha vinto il Brasile...) buono soprattutto per fare il punto della sitazione fra noi. Campioni d'Europa, e loro, campioni di tutto. «Quest'anno non li abbiamo ancora incontrati - dice il et azzurro Montali -. L'ultima volta fu la finale olimpica e la spuntarono ancora loro. Daremo il massimo per interrompere il filetto: è ima verifica molto importante sulla strada del Mondiale». L'atteso incrocio è fissato per sabato, quando da noi saranno le 7. La domanda che aspetta una risposta è: il Brasile è ancora più forte oppure, da Atene a oggi, le distanze si sono ridotte se non annullate? L'ultimo et azzurro capace di battere la Selegao in una partita «vera» (3-0 nel girone finale della World League 2000) è convinto che i tempi per il sorpasso siano ormai maturi. Sostiene Andrea Anastasi: «L'Italia che ho visto vincere l'Europeo come minimo vale il Brasile, se non gli è già superiore. Montali ha trovato giocatori maturi e automatismi giusti». Montali, che nel 2003 ha ere¬ ditato il posto da Anastasi, ha soprattutto fatto «bingo» spostando Pei da centrale a opposto. Scelta che per primo fu proprio l'ex et mantovano a fare nel Mondiale argentino del 2002, anche a prezzo di forti polemiche. Adesso il tecnico che si appresta a firmare un biennale per pilotare la Spagna dice con orgoglio: «Avevo capito che l'unico modo per provare a tornare al vertice, contrastando anche l'esuberanza atletica dei brasiliani, era modificare l'assetto della nostra squadra. Usando Pei da opposto, in particolare». Due anni dopo se ne convinse anche Treviso. E ora «Fox» è l'arma letale pure di Montali. Per restare lassù, anche il Brasile ha dovuto cambiare qualcosa strada facendo. Qualche uomo, ma soprattutto la mentalità. «Tutto merito di Bernardinho - garantisce Anastasi -. Ha imsortato la nostra cultura del avoro, la voglia di vincere e di non accontentarsi mai. E poi, guai a dimenticare che cosa rappresenta la Selegao per i brasiliani: è il loro vero club, la squadra che significa divertimento ma anche motivazioni e gratificazioni massime». Le nostre società se ne sono accorte da tempo... Anastasi conferma: «In Al la differenza la fanno gli italiani. I brasiliani non sono mai riusciti a tanto. Giba è il caso più eclatante: mighor giocatore dell'Olimpiade, altalenante in campionato. Il discorso, però, vale per tutti, compresi i "vecchi", da Nalbert a Mauricio». Dunque, nel volley, nessun Ronaldinho o Kakà, gente brava a vincere con ogni maglia, anche all'estero. In compenso, però, il Brasile più forte resta proprio quello delle schiacciate. Parola di Anastasi, grande amante del calcio e della Juve: «Le individualità che può mettere in campo Parreira sono davvero impressionanti. Persino troppe, forse. Il probema vero può essere trovare un equilibrio di squadra. Proprio ciò che Bernardinho sfoggia dal 2001, per un ciclo esaltante quanto quello dell'Italia di Velasco, che però non vinse mai l'Olimpiade». Un ciclo, quello brasiliano, che con i titoli iridati immagazzinati anche a livello giovanile, minaccia di durare a lungo. «Non è detto - osserva Anastasi -. I sudamericani conquistano ori cadetti e juniores anche perché hanno una maturazione più precoce. Poi, magari, qualcuno si perde o non migliora più. Io non sarei così pessimista. Ci può essere spazio per altri, sul tetto del volley mondiale». Magari di nuovo per l'Italia, a ricominciare da sabato. La svolta dopo il f lop a Sydney: in panchina Bernardinho, che ha portato mentalità e lavoro all'italiana L'ex et Anastasi: «Sono stato l'ultimo a batterli nel 20ÒÒ, ora i tempi sono maturi per tirarli di nuovo giù dal trono» tecnico verdeoro Bernardinho in trionfo ad Atene. L'oro olimpico è stato il capolavoro di un quinquennio pieno solo di vittorie per il Brasile del volley, che nel 2006 giocherà il Mondiale da campione in carica I SEGRETI DI DUE SQUADRE PADRONE SKal B IL GENIO ILA POTENZA RONALDINHO òìMB 1 ADRIANO I LA SOLIDITÀ' EMERSON I L'INTELLIGENZA BRASILE Piedi e cólpi magici, degni del Pallone d'Oro. Sposta gli equilibri, è l'uomo in più del Barcellona Nel ciclone, con l'Inter. Ma è un carrarmato impossibile da discutere: nel mancino ha la dinamite ANDRE' Un muro, a centrocampo. Che, oltre a rompere, sa pure costruire e far gol. Tra Roma e Juve, la fortuna di Capello GUSTAVO Classe e sacrifìcio, accelerazioni, assist e gol mai banali. Per il Milan e per la patria. Un ragazzo d'oro RICARDO Guizzi abbaglianti, elasticità aliena. Schiaccia e riceve, Cuneo non l'ha ancora visto in versionè-Brazil Opposto appena arrivato a Trento. Una macchina da punti micidiale. Anche lui mancino, guarda caso Lui, invece, i muri li fa. Sottorete. Centrale sostanzioso di Treviso tricolore, letale anche il servizio Regista a Modena. Ma il meglio lo fa nella Selecao tenendo un ritmo forsennato | con i suoi palloni spinti