Visioni d'urto: personalissime

Visioni d'urto: personalissime TORINO FILM AMERICANA Visioni d'urto: personalissime Tante storie affascinanti, pericolose e incredibili L'esplorazione del cinema Usa conduce oltre i limiti N ATA per esplorare i luoghi meno battuti del cinema americano e per mettere a confronto autori, formati, sensibilità e tensioni opposte tra loro, Americana si trova a proporre per questo suo nono festival una seledone fatta anche di grandi nomi del cinema Usa - Carpenter, Scorsese, Landis, Dante, Naderi, Hooper, un Algente e un Herzog d'oltreoceano, Schrader... - la cui presenza d festivd testimonia il rapporto piuttosto unico (in Italia e non) che Torino ha saputo sviluppare negli anni non solo con il cinema statunitenese ma con i filmmakers che per noi ne costituiscono i maggiori punti di riferimento. E' un rapporto di complidtà e fiducia - siamo contenti di dire - che ci permette di ri-mettere in gioco le letture più canoniche di ciò che d fa, e soprattutto che si può fare, «in and out of Hollywood». Accomuna infatti i film che abbiamo scelto quest'anno l'intensità della visione, lavolortr di un cinema personalissimo, torioso ma anche «d'urto». E' un cinema che aggira (come la tv estrema dei «Masters of Horror», realizzata con tempi e budget stracciati da autori «hollywoodiam»), sconfigge (come il purissimo, sorprendente nuovo film di Naderi, «Sound Barrier»), beffa («Dominion», il film «mdedetto» di Schrader che, come il demone Pazuzu, ha rifiutato di lasciarsi seppellire) bride (le sovversive commedie pre-codice di Alfred Green) o addirittura ignora (la trilogia del giovane Lodge Kerrigan) i limiti e le convenzioni tematiche e produttive che strangolano così tanto immaginario contemporaneo. E' un cinema di storie affascinanti e pericolose (come quella dell'ambientalista Timothy Treadwell, divorato dd grizdy d'Alaska die amava tanto e raccontato in un documentario di Werner Herzog, che ha una vidone della natura tutta diversa). O come quella di Johnny Cash (nel film «Walk the line», con Joaquim Phoenix e Reese Whiterspoon, già lanciatissimi verso gli Oscar), una storia che è un'incredibile ballata meridionde, melodramma di peccato radendone e amore, ambientato nella «bible belt» sulle note del grandisismo «uomo in nero». Ed è un cinema di epiche oblique, reticenti, come quello che nasce dell'accoppiata Dylan Scorsese (in «No Direction Home»). Due parole anche sugli omaggi previsti quest'anno all'mtemodi Americana e dedicati a Lodge Kerrigan e ad Alfred Green. Tormentato, viscerale, quanto il suo sguardo è frontde, limpido, il cinema di Kerrigan occupa un luogo tutto suo nel panorama della giovane produzione indipendente americana - troppo estremo per le «new waves» cresdute alla scuola del Sundance, troppo rigoroso per la qualità fluvide, più onnivora del digitde. Tre ìlm, nell'arco di dieci anni, «Keane» (2004), «Claire Dolan» (1998), «Clean Shaven» (1994)- per un'opera ossessiva, spesso disturbante, le cui storie sono viste come in macro, attraverso gli occhi dei suoi protagonisti - un padre che ha perso la figlia bambina, una prostituta che decide di cambiare vita, un giovane schizofrenico «on the road». Affascinate dd «maigini», le storie di Kerrigan funzionano come viaggi nella testa dei suoi personaggi. Un'esperienza quasi allucinatoria e, allo stesso tempo, di grande, profonda empatia. Motivato dall'inaspetatto ritrovamento, alla Library of Congress, di una versione pre-censura del suo «Baby Face» (1933, un film considerato anche nella sua veste espurgata tra i più «scanddosi» della storia hollywoodiana), questo assaggio del cinema di Alfred Green apre un piccolo spiraglio su una parte della foltissima - e quasi sconosciuta - filmografìa di questo ex attore la cui carriera spazia dd muto («M'Liss», del 1918) d bizzarro melodramma anticomunista «Ihvasion Usa», del 1952.1 tre film che abbiamo scelto appartengono d perìodo pre-code della produzione di Green, e doè agli anni immediatamente antecedenti all'introduzione del codice di autoregolamentazione dell'industria hollywoodiana. Incnedibilmente cinici e spregiudicati, animati dallo spìnto senza mezd termini dell'America dei primi anni della Grande Depressione sono film che non passerebbero indisturbati d pregiudizi e alle censure di oggi. Giulia D'Agnolo Vallan «Walk the Line» di Johnny Cash, sopra «Dance of the Dead» di Tobe Hooper, e in alto a destra un'immagine del film «Keane» di Lodge Kerrigan

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