Fame d'arte

Fame d'arte Fame d'arte Dal maiale di chewing gum ai pasticcini presi in faccia Rocco Molitemi TORINO [ A sala è al terzo piano del Castello di Rivoli e ha una volta di mattoni rossi, alta come si conviene a una sala ana di un castello barocco. Proprio questa volta ha colpito Doris Salcedo, che ha deciso di prolungarla quasi fino al pavimento. Ne è nata/lMsso, un'opera (o installazione) che colpisce per la poesia e il senso di oppressione che riesce a dare a chiunque entri in quello spazio vuoto. La Salcedo è un'artista colombiana che ha a che fare tutti i giorni con l'oppressione del potere e la restituisce allusivamente nelle sue opere: a volte sono armadi pieni dì cemento, a volte sedie immerse nello stesso cemento. Ai suoi antipodi sembra collocarsi il giapponese Takashi Murakami, che sfrutta invece neUe sue opere un immaginario colorato, fumettistico e pop, quello di una cultura giapponese dove la tecnologia si sposa con i manga e con l'America. I suoi pupazzi (c'è anche un'installazione autoritratto in cui si mette in testa una corona da imperatore) campeggiano nelle sale della Fondazione Sandretto. Salcedo e Murakami, con le loro personali, fanno da traino a «TI, la Sìndrome di Pantagruel», prima triennale d'arte contemporanea che apre oggi i battenti a Torino, sfoderando 75 giovani artisti di tutto il mondo. L'artista colombiana e quello giapponese esprimono due anime di una manifestazione che sembra vìvere di dicotomie, forse anche perchè frutto del lavo- ro di due curatori: Carolyn Christov-Bakargiev e Francesco Bonamì. «La nostra esposizione - dice la Christov Bakargiev - mira a riflettere sulla frenesia espositiva e il gigantismo cognitivo dei nostri tempi, proponendo opere giocose, fantastiche, oniriche e avventurose, la cui poetica - come nei testi di Rabdais - è stratificata e complessa. Intende rappresentare ed esprimere la nostra vorace tendenza verso l'esplorazione e l'eccesso, portando al contempo in primo piano il malessere contemporaneo». E per tutte le sette sedi della kermesse sembrano intrecdarsi opere che esprimono gioia a opere che emanano tristezza, opere che parlano di vita (o sono viventi) a opere che puzzano di morte. Tra le prime Bruce Gordon che poi è un barista di Cape Town, in carne e ossa, venduto all'asta come opera d'arte dal sudafricano Ed Young: d aggirerà per i luoghi della Triennale e per le vie di Torino. Vivente è anche Standing Date di Tom Johnson: l'artista, quasi fosse uno stilita beckettiano, se ne sta in una struttura metallica all'aria aperta con solo la testa fuori. Tra le seconde The Class, che è il nome della macabra operazione in cui la tailandese Azaya Rasdjarmareamsook parla ai cadaveri (in un video) e ad alcune teste mozzate (nella perfomance nella sala settoria di Anatomia all'Univerdtà). Alla mor- te fanno pensare le cornacchie con le ah piene di concrezioni dell'islandese Magnus Amason in cui si inciampa nella Manica Lunga di Rivoli. E Fino alla morte d chiama l'emozionante video in bianco e nero di Miguel Angel Bios, in cui non c'è niente di splatter, ma l'avvitarsi e lo scontrarsi di trottole. Al gioco d ispirano invece opere drcend come The Greatest show on earth del venezuelano Javier Tellez, che ha costruito un tendone da circo con sedie e sabbia e proietta un video con ospiti di un ospedale pischiatrico e il landò vero di un uomo cannone al confine tra Messico e Usa. Circense è anche, al Palafuksas, One Shot, l'installazione del gruppo milanese Ciboh con le lampadine colorate, in cui puoi farti laudare pasticcini in faccia. Triste sembra Cow, la gigantesca mucca bianca cucita della tedesca Ulrike Palmach: l'ha fatta anche sull'onda della memoria delle sere in cui sotto i bombardamenti sua madre cudva per dimenticare. Il cibo, e non poteva essere diversamente, in una manifestatone che prende il nome da Pantagruel, è una tema che percorre molti lavori. Talora in modi all'apparenza divertenti e nella sostanza raccapriccianti, come Little Pig, il maialino rosa sezionato (alla Dami en Hirst) che Melissa Martin ha realizzato con chewing gum alla fragola da lei stessa masticati. Oppure nelle bombe che il giovane David Ter-Oganyan ha realizzato utilizzando confezioni di maccheroni, sacchi di patate, barattoli di pomodori, scatole dibiscottiebottiglie di CocaCola. Sono disseminate nei vari spazi della kermesse e non ti lasciano tranquillo, in tempi di kamikaze, con il loro ticchettio. «La nostra civiltà è obesa - dice Boriami - . Andre la violenza è diventata un dbo tra itantì. Veniamo ingozzati di violenza e bellezza, di fondamentalismo e immoralità, buttiamo giù tutto, siamo in capad di conteherd, per paura di avere fame. Anche l'arte è una forma d'incontinenza ma può essere anche la migliore cheta per recuperare il controllo sul corpo della nostra società». La maratona (d vogliono due giorni per vistare tutto) lasda comunque ben sperare: i giovani, o almeno molti dì quelli selezionati dai due curatori e dal pool di «corrispondenti», sembrano avere cose da dire. A volte 1" fanno prendendo tecniche e linguaggi dai fratelli maggiori, ma riescono quad sempre a non essere «replicanti». Se poi pensiamo che la manifestadone nasce dalle ceneri di una kermesse senza fisionomia come era Big, d può dire che TI centra l'ohiettìvo di confermare Torino tra le capitali dell'arte contemporanea. Fino alla morte di Miguel Ange! Bios L'installazione vivente di Tom Johnson Una fotografia di Michael Subotzky

Luoghi citati: America, Messico, Rivoli, Torino, Usa