Caravaggio Dilaga in Europa a lezione del genio

Caravaggio Dilaga in Europa a lezione del genio Caravaggio Dilaga in Europa a lezione del genio di Milano po a tura gesco ti Marco Rosei MI sono incontrato con Mina Gregori nelle sale al pruno piano di Palazzo Reale alla vernice di «Caravaggio e l'Europa» e, con vibrazioni profonde anche se un poco melanconiche di memoria storica, ci siamo sentiti testimoni superstiti dell'esplosiva mostra longhiana del 1951 nelle stesse sale, centrata sul Caravaggio ma estesa per exempla ai suoi esiti seicenteschi italiani ed europei: ovvero la rivoluzione dell'immagine del reale al di sopra e prima di ogni simbologia. La Gregori era già presente nel catalogo del 1951 come collaboratrice del maestro Longhi; era stato tm tema significativo dei miei studi appena terminati il dibattito nella prima metà del secolo fra Longhi e Lionello Venturi sulle radici lombarde o veneziane del linguaggio iniziale del Caravaggio. Vittorio Sgarbi sventolava alla vernice con ragione il catalogo di quella mostra come legittimo talismano e pietra di paragone per sottolineare da un lato la filiazione di questa, dopo mezzo secolo di studi e scoperte, e dall'altro la diversità dei punti di vista. Da un nucleo essendale di opere del maestro, decurtato dai rifiuti di Brera e dell'Istituto Centrale del Restauro su cui si sono appuntati i consueti strali di Sgarbi, si dirama il discorso di un centinaio e mezzo di dipinti che illustrano al meglio,con minimi cedimenti, la straordinaria e variegata diffusione nel secolo della drammaturgia pittorica caravaggesca. Essa parte dagli immediati seguaci italiani, attivi a Roma con il maestro presente fino al 1606, procede con i prosecutori a Roma, a Napoli, in Toscana, nel Nord con i grandi Serodine ticinese e Tanzio valsesiano, poi con gli spagnoli, i francesi, i fiamminghi e olandesi,per concludere con l'erede finale Mattia Preti, nato nel 1613. Le opere del Caravaggio nell'edidone milanese(che sarà qui modificata nella tappa successiva al Museo Liechtenstein di Vienna) si concentrano sul vertice della stagione romana con la Madonna di Loreto detta dei Pellegrini con le fin troppo celebri piante dei piedi sporche, mentre in realtà nell'umile veste vi é il bolognese Ermes Cavalletti assieme alla madre, committente per la propria cappella in S.Agostino a Roma, e sugli estremi capolavori di Messina, la -Resurrezione di Lazzaro e l'Adorazione dei pastori. Il San Gerolamo, commissionato da Scipione Borghese appena arrivato a Roma nel 1606, è un modello fondamentale infinitamente ripetuto lungo il secolo caravaggesco. L'Incoronazione di spine del Kunsthistorisches Museum di Vienna é invece un tipico esempio del dibattito critico. Esposto nel 1951 a Milano come copia di originale perduto, fu rivendicato al maestra nei decenni successivi da Maurizio Marini, dalla Gregori e da Zeri. Ancora più tipico è il caso della Presa di Cristo venuta dal Museo di Odessa, noto solo dal 1870 e ritenuto copia da un originale perduto, che si é scoperto essere il quadro depositato dai Padri Gesuiti nella National Gallery di Dublino, identificato solo nel 1993 come quello commissionato nel 1603. a Roma da Ciriaco Mattai. Percorrendo le sale dopo quelle dedicate al Caravaggio vi é la febee sensazione di ritrovare in pittura viva le pagine fotografiche di tanti saggi longhiani: Davide che uccide Golia di Dublino e Maria Maddalenapenitente di Vienna del Gentileschi, la Sacra Conversazione del Borgianni di Palazzo Barberini a Roma, Giuditta che taglia la testa di Oloferne di Artemisia Gentileschi degli Uffizi, San Brunone recupera le chiavi di Meissen di S. Maria dell'Anima a Roma del Saraceni, l'Elemosina di San Lorenzo del Serodine dell'Abbazia di Casamari. E' belhssimo sigillo conclusivo della mostra il confronto fra le due estreme, addirittura antitetiche, possibilità di sbocco della radice caravaggesca, fra i tre quadri di quel Kokoschka del primo '600 che fu Serodine e i sei giochi sontuosi fra luce e ombra del giovane Mattia Preti, con la sua psicologia teatrale ormai barocca. All'inizio colpisce l'affinità fra la raffinata abilità di Orazio Gentileschi di coniugare la serica eredità dei rifonnati fiorentini con la verità della luce caravaggesca e la cristallina ma tangibile limpidezza della Resurrezione del Predo dello spagnolo di famiglia lombarda Juan Bautista Maino. Per quanto riguarda la travolgente fortuna nelle «colonie» transalpine a Roma della realtà caravaggesca modellata e tramata di ombre e luci, massimo esempio Mdorozione dei pastori di Fermo del giovane Rubens, darei la palma di più squisita e goduta pittura a quella francese di Vignon, Valentin, Régnier, Tournier, Vouet, in cui gli artisti si scambiano l'un l'altro le inquietanti zingare brunite lettrici della mano, rispetto all'olandese e fiamminga dì Baburen, Honthorst, Rombouts, Stom, con i suoi lumi di candela e lucema intercambiabili fra bische di bravi, armigeri e cantatrici e Natività. A Palazzo Reale di Milano cinquant'anni dopo l'epocale rassegna di Longhi, Sgarbi ripercorre l'avventura del verbo caravaggesco fino a Mattia Preti L'Incoronatone di spine di Caravaggio dal Kunsthistorisches Museum di Vienna Caravaggio e l'Europa Milano, Palazzo Reale. Lun 9,3014,30. Mar, Mer, VeneDom9,3019,30.GioeSab chiusura 22,30. Fino al 6 feb. 2006