Incriminato il braccio destro di Cheney di Maurizio Molinari

Incriminato il braccio destro di Cheney LA CASA BIANCA TREMA DOPO LA CONFERENZA STAMPA DEL PROCURATORE SPECIALE, L'ALTISSIMO FUNZIONARIO DELL'AMMINISTRAZIONE SI E' DIMESSO. RISCHIA 30 ANNI DI CARCERE Incriminato il braccio destro di Cheney Lewis Libby per il Cia-gate accusato di spergiuro, falsa testimonianza e ostruzione della giustizia Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK Incriminato per spergiuro, falsa testimonianza ed ostruzione della giustizia Lewis Libby si dimette da capo di gabinetto del vicepresidente Dick Cheney e abbandona la Casa Bianca avviandosi ad affrontare un processo penale che potrebbe costargli trenta anni di prigione e far tremare la presidenza. Si concludono così i due anni di lavoro del Gran Giurì guidato dal procuratore di Chicago Patrick Fitzgerald, insediato dal presidente George W. Bush per fare luce sul Ciagate, la rivelazione nel luglio 2003 del nome dell'agente Cia Valerie Plame moglie del diplomatico Joseph Wilson che contestava l'ipotesi che Saddam Hussein avesse mai cercato--di -acquistare uranio in Niger. I CAPI D'ACCUSA. Presentandosi^ Washington di fronte ad una centinaio di reporter e parlando per quasi un'ora in diretta tv ripreso da tutti i maggiori network Fitzgerald 44 anni, figlio di un portiere di condominio a Manhattan - ha ricostruito con minuzia i dettagli il primo scandalo che investe l'amministrazione Bush, spiegando la motivazione dei cinque capi d'accusa: due per spergiuro, due per falsa tesimonianza ed uno per ostruzione della giustizia. Tutto inizia il 14 luglio del 2003 quando il giornalista Robert Novak svela in un editoriale sul «Washington Post» l'identità della Plame. A dirglielo fu un'altra giornalista, Judith Miller del «New York Times», che a sua volta lo seppe da Libby. L'11 giugno del 2003 Libby venne a conoscenza dell'indentità dell' agente Cia da funzionari del governo, incluso un sottosegretario di Stato il cui nome non è stato reso noto, ed il 12 glielo confermò Cheney che lo aveva saputo dalla Cia. Tali alti funzionari non commisero alcun reato parlandone a por¬ te chiuse con Libby, che invece violò le leggi federali sulla tutela degli agenti dell'intelligence «facendo telefonate e parlandone di persona» con la Miller e con Matt Cooper, giornalista di Time. Interrogato dal Gran Giurì Libby ha mentito affermando a più riprese di aver saputo il nome della . Plame dal giornalista televisivo Tim Russert mentre le indagini hanno provato che non solo questo non è vero, ma che fu lui a svelarlo a Miller e Cooper. La prova decisiva contro Libby è stata fornita da un ex della Casa Bianca: Ari Fleischer, all'epoca dei fatti portavoce di Bush, ha affermato di aver avuto una colazione con Libby una nella quale gli spiegò che il nome della Plame lo aveva saputo da alti funzionari del governo. In conclusione l'accusa-chiave a Libby è di aver mentito al Gran Giurì sulle conversazioni avute con i repoter, non di aver svelato l'identità della Plame. SILENZIO SU ROVE E CHENEY. Il procuratore ha evitato di pronunciare nomi diversi da quelli di Libby. La possibilità di un'incriminazione di Karl Rove, vicecapo di gabinetto di Bush, è decaduta - secondo indiscrezioni rimbalzate sui media - nelle ultime 48 ore perché non sarebbe stato chiamato direttamente in causa da alcun testimone ma resta sotto osservazione perché l'inchiesta continua anche se il Gran Giurì chiude i battenti. L'assenza di riferimenti espliciti a «cospirazioni» nell'incri¬ minazione di Libby esclude, almeno per ora, il coinvolgimento di Dick Cheney, sul quale pesa il sospetto di essere stato lui a ideare l'attacco alla Plame per intimare il silenzio agli agenti dell'intelligence che erano stati contrari alla guerra in Iraq contestando la presenza di armi di distruzione di massa. Cheney ha accolto le dimissioni del fidato Libby esprimendo «dispiacere» e sottolineando che «non è stata ancora provata la sua colpevolezza» ma senza modificare la prevista agenda di impegni, che lo ha visto pronunciare un discorso sulla guerra al terrorismo di fronte ad una platea di militari. INCOMBE IL PROCESSO. Libby non è stato arrestato ed è sicuro che sarà scagionato ma ora si prepara ad affrontare una giuria che potrebbe condannarlo ad un massimo di 30 anni di prigione e ad ima multa di 1,25 milioni di dollari. E' verosimile che Cheney sarà chiamato a testimoniare. Da ciò che Libby dirà dipenderà il possibile coinvolgimento di Cheney, Rove o altri alti funzionari. In aula dovrà vedersela con Christopher Wolf, avvocato di Joseph Wilson, secondo il quale «il giorno in cui un atto di incriminazione viene recapitato alla Casa Bianca è un momento triste per tutta l'America». LA REAZIONE DI BUSH. Il presidente ha parlato neanche 30 minuti dopo la fine della conferenza stampa di Fitzgerald, definendo l'inchiesta «seria», sottolineando come «ogni imputato è presunto innocente e merita un processo giusto» e plaudendo al contributo dato da Libby all'amministrazione. Ma il focus dell'intervento di Bush è stato tutto sul «lavoro che mi spetta fare» ovvero l'agenda: economia, lotta al terrorismo e nomina del giudice mancante alla Corte Suprema. E' la stessa strategia che scelse Bill Clinton durante il Sexgate: grande attenzione alle «cose da fare» per ridimensione l'impatto di un caso destinato a durare a lungo. DEMOCRATICI ALL'ATTACCO. «L'incriminazione di Libby è solo la cima di un iceberg ovvero come la Casa Bianca ha manipolato l'informazione per spingere la nazione alla guerra in Iraq» accusa il capo dei senatori democratici. Henry Reid, preannunciando un'offensiva a tutto campo.

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