Nomi eccellenti dietro la fuga del boss

Nomi eccellenti dietro la fuga del boss DOPO LA POLEMICA I RISULTATI RAGGIUNTI DALLA PROCURA DI PALERMO NON SONO BASTATI A SCOVARE IL VECCHIO DON BINO Nomi eccellenti dietro la fuga del boss Un nuovo pentito fa tremare le cosche e mette in pericolo la latitanza di Provenzano Lino Abbate ROMA I nomi dei favoreggiatori di Cosa nostra e in particolare di Bernardo Provenzano il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso li ha scritti nel registro degli indagati. E lo ha fatto alcuni anni fa, tanto che molti di loro sono già sotto processo a Palenno. E la rete di protezione che i pm della Dda hanno individuato attorno all'uomo ricercato da oltre quarant'anni, evidenzia il ruolo dipohtici, professionisti, imprenditori ed esponenti delle forze dell'ordine. A qualcuno di quelli che indossavano la divisa, come il maresciallo Giorgio Riolo dei carahinieri del Kos, il procuratore Grasso, dopo il suo arresto per concorso in associazione mafiosa, ha attaccato addosso il timbro di «traditore». I nomi eccellenti che riconducono, anche indirettamente a Provenzano, sono tanti. Il presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, imputato di favoreggiamento aggravato per «agevolare tutta l'associazione Cosa nostra», di cui Provenzano è il capo, è al centro di inchieste sulle «soffiate» che hanno «bruciato indagini» su mafia e politica e sulla ricerca del vecchio padrino corleonese. Non solo. Il pentito Nino Giuffrè ha accusato proprio il Governatore dell'isola, sostenendo che la sua elezione a presidente della giunta regionale nel 2001 sarebbe stata «appoggiata» da Cosa nostra, che avrebbe «interferito» nella campagna elettorale tramite «persone insospettabili, dal volto pulito». Secondo Giuffrè sareb- be stato direttamente Provenzano ad impartire l'ordine di appoggiare Cuffaro, «perché lo considerava un jolitico affidabile fin dal 1996». Il atitante, sempre in base al racconto di Giuffrè, era «ancorato alla vecchia democrazia cristiana, ai politici che la rappresentavano» e di cui Provenzano «stimava la serietà, l'esperienza e l'affidabilità». Giuffrè descrive la «gestione politica» di Cosa nostra voluta da Provenzano dopo l'arresto di Totò Riina, nel 1993. Da allora c'è stata una «svolta» cioè «non si sono più uccisi i pohtici». Il pentito ricorda la (di- nea» inaugurata da Provenzano, che si è circondato di persone insospettabili che «potevano essere infiltrate nella politica». Fra questi Pino Lipari. «Provenzano - ha detto Giuffrè - faceva spesso presente l'inaffidàbilità e l'inesperienza dei pohtici di adesso che non sono capaci di gestire dietro le quinte le attività di sottogoverno e di favorire i nostri uomini». Cuffaro si è sempre difeso da queste accuse sostenendo la sua estraneità ai fatti. Ma i pm lo hanno registrato e sorpreso in diverse inchieste. Con l'imprenditore della sanità privata Michele Aiello, arresta- to per associazione mafiosa, ritenuto dal fisco uno degli uomini più ricchi della Sicilia, Cuffaro ha «svelato» inchieste riservate della Dda. L'imprenditore è «l'interfaccia» di Provenzano. Il padrino, per gli inquirenti, avrebbe investito molti soldi nelle cliniche private di Aiello. La rete del padrino si allarga da Aiello, fino ad alcuni investigatori. Emergono collegamenti e soffiate fatte dal maresciallo dei carabinieri, Giorgio Riolo, l'esperto del Ros che aveva un ruolo delicatissimo nelle indagini su Provenzano: piazzava le microspie. La notte il sottuf- fidale installava le cimici e l'indomani riferiva ad Aiello, così pochi giorni dopo nel luogo sorveghato non parlava più nessuno dei favoreggiatori di Provenzano. Stesso cor pione per l'inchiesta sulla mafia&politica in cui il boss Giuseppe Guttadauro è riuscito a sapere dall'ex assessore comunale di Palermo Domenico Miceli (Udc) che lo aveva saputo dal medico Salvatore Aragona (tutti e due sono stati arrestati) e dal maresciallo dei carabinieri e deputato regionale Antonio Borzacchelli (Udc), che le cimici registravano le sue conversazioni. Storia strana anche quella di Borzacchelli che per tanti anni ha dato la caccia ai pohtici collusi della Regione e del comune di Palermo e poi, improvvisamente, accoghe la proposta di Cuffaro che lo candida nel 2001 e lo fa eleggere al parlamento siciliano. Aiello ha raccontato ai pm che Borzacchelli, che conosceva tante persone al Ros, lo ricattava e in cambio di «soffiate» ha pagato grosse somme di denaro. Strana coincidenza anche quella di Riolo, che aveva contatti diretti, sono solo con Aiello, ma anche con Cuffaro, tanto che effettuava ((bonifiche» di microspie nell'abitazione del presidente. Tutti adesso temono l'arrivo del nuovo «ciclone» provocato dalle dichiarazioni di un altro ((volto pulito della politica di Provenzano», l'ex presidente del consiglio comunale diVillabate, Francesco Campanella, che collabora con i pm. E' un profondo conoscitore dei favoreggiatori di Provenzano, perchè gli ha fatto avere la carta di identità, con il falso nome, con la quale il boss ha attraversato l'Italia per farsi operare a Marsigha. Ma pure per il fatto che i testimoni di nozze del pentito sono Salvatore Cuffaro e Clemente Mastella. I Procuratore Pietro Grasso

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