Baghdad, ucciso l'avvocato rapito di Giuseppe Zaccaria

Baghdad, ucciso l'avvocato rapito PROCESSO AL DITTATORE IL LEGALr DI UNO DEI COIMPUTATI ERA UN BAATHISTA IRRIDUCIBILE E LA SUA CONDOTTA DIFENSIVA ERA MOLTO AGGRESSIVA Baghdad, ucciso l'avvocato rapito Dietro Tesecuzione Fombra delle «brigate nere», gli squadroni della morte governativi Giuseppe Zaccaria inviato a BAGHDAD Saadoun al Janabi, l'avvocato del processo contro Saddam Husseim rapito l'altro pomeriggio è stato trovato ucciso accanto alla moschea di Ur, in uno dei quartieri Nord della capitale. E' stato eliminato con sette colpi di pistola al capo e alla schiena e poi abbandonato nella polvere perché tutti ne vedessero il corpo. La polizia «indaga» ma la voce popolare ha già indicato il responsabile di questa eliminazione nelle «brigate nere» del governo, i gruppi criminali che dai tempi di Yiad Allawi agiscono in segreto eliminando gli oppositori più scomodi. Al Janabi non era certo temibile per via delle doti professionali, era un avvocato da scuola serale, si era laureato cinque o sei anni fa ai corsi per adulti e per giunta non difendeva un imputato di particolare rilievo: Awer al Bander, il suo assistito è stato per anni presidente del tribunale rivoluzionario del partito Baa-' th e in questa veste aveva irrogato anche pene capitali ma va considerato un esecutore, magari anche un boia non certo personaggio di grande spicco. A rendere scomoda la figura del legale era dunque la collocazione politica. Una militanza mai interrotta: al Janabi era e restava un «baathista» irriducibile, nell'udienza dell' altro ieri era stato lui a gridare contro il pùbblico ministero «Parliamo dell'accusa e non della Storia!», quando l'accusatore aveva attaccato un lungo sproloquio storico-politico contro i trent'anni del potere di Saddam. La storia personale dell'avvocato Al Janabi s'intreccia con quella del partito che ha costruito l'Iraq contemporaneo, con tutte le sue qualità e tutto il carico delle brutalità commesse. Vi si era iscritto alla fine degli Anni Settanta scalando abbastanza rapidamente i gradini della carriera interna tanto che nel decennio successivo si era trovato ad amministrare per conto del partito le proprietà formalmente «date in uso» a Saddam, ovvero i palazzi presidenziali. In un certo senso Saadoun Al Janabi amministrava quel medesimo complesso di palazzi e giardini che oggi circondato da arcigne difese si definisce «zona verde» e accoglie anche l'aula del processo contro il Raiss. Poi aveva perduto l'incarico sotto l'accusa di codardia. Nel 1984 durante un congresso del Baath, il capo supremo aveva spinto i fedelissimi ad arruolarsi nelle truppe che conducevano una guerra sempre più sanguinosa e difficile contro l'Iran, molti per convinzione o convenienza avevano risposto all'appello. Al Janabi non aveva la tempra dell'eroe oppure amici abbastanza potenti da assicurargli una guerra in retrovia quindi non si era offerto volontario, perdendo per punizione la carica di amministratore dei palazzi e il favore del partito. Era riuscito a rientrarvi solo m '90, grazie alle pressioni della tribù sunnità cui apparteneva e appresa la lezione poco dopo sarebbe divenuto ufficiale nella milizia baathista, l'invasione del Kuwait l'avrebbe visto in prima linea nell'organizzare le razzie e la deportazione degli avversari politici. Dopo il ritiro, la prima guerra del Golfo e la temporanea crisi del regime, Al Janabi aveva approfittato dell'appoggio del partito per ottenere nei corsi serali una laurea in legge all'Università di Baghdad e l'abilitazione a patrocinare in Corte d'assise e nelle corti criminali. Il personaggio era questo, e dunque il suo ingresso nel pool di quindici legali che difendono gli imputati di questo primo processo era dovuto essenzialmente alle convinzioni politiche e alla disponibilità a rischiare. Se oggi trema chi deve testimoniare contro Saddam e i suoi, anche quanti difendono gli uomini del vecchio regime hanno ricevuto minacce e intimidazioni e dunque hanno ogni ragione di temere per la propria vita, come la fine di Al Janabi dimostra. Prelevato l'altro pomeriggio dal suo studio nel quartiere di Al Aden, nella zona Nord della città l'avvocato aveva mobilitato un commando di almeno dieci persone, un gruppo che non aveva timore di farsi notare anzi voleva che tutti vedessero. Tutti armati fino ai denti, in giacca e cravatta, hanno allontanato i presenti qualificandosi come uomini del «ministero degli Interni». Al Janabi dev'essere stato portato in una appartamento, maltrattato (lo dimostrano i segni sul corpo) ucciso e infine scaricato nella polvere come una carogna. Eliminarlo ha significato intimidire tutti gli altri legali che in un processo dalla legittimità già molto dubbia d'ora in poi si guarderanno bene dal condurre una difesa aggressiva. Se il prossimo 28 novembre si riprenderà come previsto, certamente il suo assassinio non incepperà procedure applicate con grande disinvoltura, ma se fin d'ora semina ulteriori dubbi sulla credibilità dell'intero carrozzone messo in piedi per simulare un giudizio equanime. Eliminato con sette colpi alla testa e alla schiena Il commando ha agito in giacca e cravatta senza timore dei testimoni Saadoun al Janabi era un baathista Irriducibile Nell'aula bunker Saddam con I suol settecolmputatl, l'avvocato ucciso si Intravede primo a sinistra nel gruppo di legali seduti

Persone citate: Al Janabi, Allawi, Saddam Husseim

Luoghi citati: Aden, Baghdad, Iran, Iraq, Kuwait