Inglesi stanchi della guerra
Inglesi stanchi della guerra OPINIONE PUBBLICAAUMENTA L'INSOFFERENZA PER LE SCELTE DEL GOVERNO IN POLITICA ESTERA Inglesi stanchi della guerra A pezzi il morale dei militari impegnati nel conflitto. Difficile arruolare nuove reclute Maria Chiara Bonazzi LONDRA Angoscia, rabbia, sfinimento. Così il Paese ha reagito al rapimento di Rory Carroll, inviato del «Guardian» e fra i migliori corrispondenti della stampa inglese. Intanto il morale dell'esercito britannico in Iraq è gravemente in crisi, l'opinione pubblica dimostra ormai una cupa insofferenza verso il governo di Blair e persino le forze armate fanno fatica ad arruolare nuove reclute. L'impressione è che la gente non ne possa davvero più di questa guerra. La coincidenza più sinistra del rapimento di Carroll, che è cittadino irlandese, è la data. Ieri ricorreva infatti il primo anniversario del sequestro di Margaret Hassan, la volontaria di «Care» uccisa qualche settimana dopo dai suoi carcerieri. Mentre il «Guardian» si atteneva alla massima prudenza, evidentemente per non compromettere la sicurezza del suo corrispondente, da Dublino, un portavoce del governo si limitava a far sapere che il ministro degh Esteri Dennot Ahern è costantemente in contatto con la famiglia CarroU. L'ansia per la sorte di Rory era palpabile ieri sera. La diplomazia irlandese, che già era intervenuta un anno fa per perorare il rilascio di Margaret Hassan, è di nuovo mobilitata in forze. Enda Kenny, leader del partito Fine Gael, ha commentato che il sequestro di Carroll è «motivo di enorme preoccupazione». La sensazione di alcuni osservatori qui a Londra è che il governo britannico farebbe megho ad astenersi ufficialmente da qualunque eventuale contatto con i rapitori, per evitare di peggiorare le cose. La sempre più evanescente «strategia di uscita» dall'Iraq angoscia un Paese che vorreb- he farla finita con la guerra, ma si sente trascinato per la cavezza da un governo che sembra ormai prospettare un impegno a tempo indefinito per le truppe britanniche. Il fatto che non megho specificati alti funzionari del Foreign Office se la pren- dano con l'Iran, responsabile a loro dire di aver addestrato i guerriglieri a costruire i sofisticati ordigni esplosivi che anche ieri hanno ucciso un soldato inglese su una strada di Bassora, all'opinione pubblica sembra un futile diversivo dal pro¬ blema vero: come e quando andarsene, possibilmente senza che l'Iraq esploda. Tra i ranghi dell'esercito britannico il morale è sempre più a pezzi, mentre il ministero della Difesa apre un'inchiesta sull'apparente suicidio del capitano Ken Masters, un investigatore della polizia militare trovato impiccato nella sua caserma di Bassora. Fra i soldati stazionati in Iraq ha sicuramente fatto ima profonda impressione l'annuncio che il superdecorato Troy Samuels, già insignito della croce militare qualche mese fa per il coraggio dimo- strato in battagha, ha preferito lasciare l'esercito piuttosto che tornare in Iraq. Hanno fatto la stessa scelta anche settanta soldati del suo stesso battaglione, mentre arriva la notizia del pi-imo caso di obiezione di coscienza alla legalità della guerra da parte di un uffifciale della Raf, il tenente pilota Malcolm Kendall-Smith, che si è detto pronto alla corte marziale piuttosto che essere costretto a partire per l'Iraq, e che sarà processato per essersi rifiutato di obbedire agli ordini. Il malessere dell'opinione gubblica, e degh 8500 soldati ritannici stazionati in Iraq, è riassunto così da un anonimo ufficiale citato daU'«Independent»: «Blair insiste nel dire che tutto continua a migliorare qui. Forse dovrebbe premurarsi di venire a constatarlo di persona. E' abbastanza bravo a mandare i figli degh altri in Iraq». E intanto alti ufficiali dell'esercito sono stati costretti ad ammettere che l'attuale crisi del reclutamento è almeno in parte dovuta alla guerra in Iraq. II cameraman spagnolo José Couso uccìso dai tiri dei soldati Usa nella sua camera dell'hotel Palestine a Baghdad nell'aprile del 2003
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