Sì o no alle armi? Nel Brasile-Far West 40 mila morti l'anno di Emiliano Guanella

Sì o no alle armi? Nel Brasile-Far West 40 mila morti l'anno REFERENDUM PER VIETARE IL POSSESSO DI RIVOLTELLE E CARABINE Sì o no alle armi? Nel Brasile-Far West 40 mila morti l'anno Le «mamme di Rio» sfidano le lobby che sostengono il diritto all'autodifesa Emiliano Guanella SAN PAOLO Quando ha saputo che faceva ancora in tempo ad aderire alla campagna di consegna volontaria delle armi la ventitreenne Ariadne da Souza ha deciso di liberarsi della pistola ereditata dal padre deceduto sette anni fa e che era rimasta per tutto questo tempo nel cassetto. Al Commissariato centrale della Policia Federai di San Paolo le hanno dato cento reais, poco più di trenta euro, a mo' di ricompensa per permettere che la vecchia rivoltella finisca tra i rottami. In meno di un anno hanno fatto la stessa fine mezzo milione di armi nell'ambito di un programma che è servito soprattutto per sensibilizzare l'opinione pubblica in vista del referendum che si svolgerà domenica prossima e attraverso il quale centoventidue milioni di brasiliani dovranno decidere se vietare totalmente il commercio di armi. Un voto che poche settimane fa sembrava dall'esito scontato ma che ora, dopo la pubblicazione dell'ultimo sondaggio nel quale per la prima volta il numero degli elettori vicini al No è in maggioranza, appare quanto mai incerto. I promotori del referendum, riuniti in un comitato che raccoglie numerosi artisti, intellettuali e parlamentari vicini al governo del presidente Lula da Silva, che per legge deve comunque rimanere neutrale, hanno preparato la volata finale mettendo in pista pezzi da novanta come Chico Buarque, la cantante Daniela Mercury, l'attrice Fernanda Montenegro. Dall'altra parte c'è il «Fronte Parlamentare per il Diritto alla Legittima Difesa», appoggiato dalla potente industria nazionale delle armi, che produce il 90 per cento di pistole e carabine che circolano nel paese sudamericano. È una sfida che si basa sull'interpretazione di numeri di per sé agghiaccianti: 40.000 morti ammazzati in scontri con arma da fuoco ogni anno, il che equivale a 107 omicidi ogni giorno. Per i promotori del referendum l'unica via d'uscita è la riduzione drastica delle armi in circolazione. ((Abbiamo contato mezzo milione di morti ammazzati negli ultimi 25 anni - spiega Denis Mizre, direttore della Ong "Sou da Paz" - se confrontiamo questo dato con il numero di caduti nei conflitti durante lo stesso periodo scopriamo che solo la guerra d'indipendenza dell'Angola ha fatto più vittime. Siamo in guerra senza saperlo! Le sparatorie, le risse, i regolamenti di conti generati spesso per motivi futii sono la principale causa di morte tra i giovani dai 15 e i 24 anni. Il 75 per cento delle 15 milioni di armi in circolazione spiega - sono in mano a privati cittadini che pensano di usarle solo in caso di difesa e non a delinquenti. Ma poi succede che si spara e si uccide per uno screzio, uno sguardo indiscreto, una litigata in mezzo al traffico». Non la pensano così i difensori della legge attuale che considerano lo Statuto sulle armi promulgato dal governo Lula ampiamente sufficiente a garantire la giusta regolamentazione sul possesso e l'uso. «In un paese violento come il nostro - spiegano al comitato per il No - ogni cittadino deve poter aver la possibilità di difendersi senza per questo trasformarsi in un sceriffo del far west». Si moltiplicano, da una parte e dall'altra, le testimonianze di vittime della violenza. A Rio de Janeiro la Ong «Maes do Rio» (Madri di Rio), che è formata da genitori che hanno perso i propri figli per colpa di proiettili impazziti in scontri tra delinquenti e polizia o per le megarisse in discoteche, si è schierata a favore dell'abolizione mentre i proprietari di negozi assaltati da rapinatori reclamano il diritto di avere un'arma per difendersi. Gli orientamenti di voto sono trasversali rispetto agli schieramenti politici. All'interno del Pt, il partito dei lavoratori di Lula, è sostanzialmente favorevole alla proibizione totale ma manca una posizione ufficiale a causa dell'opposizione dei deputati provenienti dal Rio Grande do Sul, l'unico Stato brasiliano in cui è permessa e molto praticata la caccia. Partito in sordina, il fronte del No è cresciuto notevolmente nelle ultime settimane ed ha avuto anche la benedizione del diffusissimo settimanale «Veja», che ha titolato in copertina che «la proibizione del commercio disarmerà la popo lazione e rafforzerà i criminali». Nonostante le numerose adesioni arrivate da tutto il mondo, compreso un appello firmato da dieci premi Nobel della Pace, i consensi intomo al Sì sono in calo. Una delle obiezioni più forti sta proprio nella domanda posta agli elettori («È favorevole alla proibizione del commercio di armi in Brasile?»): troppo generica e rimanda alla capacità di legiferare sulla questione del Parlamento, un'istituzione fortemente indebolita per la sequele di scandali di corruzione che da mesi coinvolgono il mondo politico brasiliano. Incerta anche l'affluenza alle urne per quello che è il primo referendum della storia del Brasile: nonostante il voto sia obbligatorio ci si aspetta una partecipazione minore rispetto alle elezioni politiche. li Ha strage quotidiana causata anche dai proiettili impazziti negli scontri tra criminali e polizia Una delle vittime della strage dell'aprile scorso a Rio: trenta cadaveri in una sola sera per un raid degli squadroni della morte

Persone citate: Chico Buarque, Daniela Mercury, Denis Mizre, Fernanda Montenegro, Maes, Souza

Luoghi citati: Angola, Brasile, Lula, Rio, Rio De Janeiro, San Paolo