Minaccia alla metropolitana di New York di Paolo Mastrolilli

Minaccia alla metropolitana di New York LA GUERRA AL TERRORE ALLARME DELL'FBI: 19 UOMINI DI AL QAEDA PRONTI A COLPIRE CON VALIGETTE ESPLOSIVE Minaccia alla metropolitana di New York E Bush rivela: «Dopo l'il settembre sventati dieci attacchi». «Dio mi ordinò: colpisci Saddam» Paolo Mastrolilli NEW YORK La metropolitana di New York è nel mirino di al Qaeda. L'allarme è stato lanciato ieri sera dal sindaco Bloomberg, proprio nel giorno in cui il presidente Bush aveva tenuto un discorso sulla guerra al terrorismo, rivelando che «dopo l'il settembre gli Usa e i loro alleati hanno sventato dieci attentati. Tre erano diretti contro l'America, dove in altre cinque occasioni gli investigatori hanno bloccato tentativi di infiltrare il Paese». La soffiata raccolta dagli investigatori viene dall'estero, probabilmente dall'Iraq, e parla di attacchi coordinati contro la subway nella seconda settimana di ottobre. I terroristi vorrebbero piazzare 19 valigette bomba in alcune delle 468 stazioni, dove ogni giorno passano 4,5 milioni di passeggeri, oppure riempire di esplosivo carrozzine e zainetti. La stessa soffiata ha portato la Cia e l'Fbi a lanciare un raid a Sud di Baghdad, dove sono stati catturati diversi membri di al Qaeda. Bloomberg aveva la notizia da due giorni ma non l'ha rivelata prima proprio per consentire questa retata, in cui forse sono stati catturati dei militanti destinati a colpire a New York. Il capo della polizia Kelly ha alzato il livello di allerta nella metropolitana, mobilitando centinaia di agenti, perché l'emergenza non è finita e gli attentati potrebbero avvenire nei prossimi giorni. Bloomberg però ha detto che lui continuerà a prendere i treni, mentre il dipartimento della Sicurezza Interna ha definito la minaccia non molto credibile. Poche ore prima dell'allarme, il presidente Bush aveva tenuto un discorso sulla guerra al terrorismo pensato per rispondere ai critici dell'Iraq, arginare la caduta nei sondaggi, e riconquistare la fiducia degli americani col suo tradizionale punto forte. Il capo della Casa Bianca ha riaffermato che quella in corso è una sfida decisiva per la democrazia e la libertà. Gli estremisti hanno tre obiettivi: mettere fine all'influenza americana e occidentale in Medio Oriente; approfittare del vuoto per occupare un paese da usare come base; fomentare i popoli per rovesciare tutti i governi moderati della regione. In questo quadro, «i terroristi considerano l'Iraq come il fronte centrale della loro guerra contro l'umanità. Credono che controllare una nazione permetterà di mobilitare le masse musulmane, creando un impero islamico radicale dalla Spagna all'Indonesia». I loro leader, tipo bin Laden e Zarqawi, sono come Hitler, Stalin e Poi Pot. La loro ideologia è simile al comunismo, perché ha obiettivi totalitari, non rispetta la libertà, e sacrifica innocenti per i suoi scopi politici. Bush ha risposto ai critici che imputano le violenze proprio all'intervento in Iraq: «Gli attentati dell'I 1 settembre sono avvenuti prima. Non c'è concessione che accontenterà gli assassini. Contro un tale nemico c'è una sola risposta: la vittoria completa». Per arrivarci, il presidente ha enunciato una strategia in cinque punti. Primo, potenziare la sicurezza intema per prevenire gli attentati. Secondo, negare ai terroristi le armi di distruzione di massa. Terzo, chiudere i santuari: «Stati sponsor come la Siria e l'Iran hanno una lunga storia di collaborazione con i terroristi. Gli Usa non fanno distinzione fra chi commette i crimini e chi li aiuta». Un avverti¬ mento rinforzato anche dal premier britannico Blair, che ricevendo a Londra il presidente iracheno Talabani ha accusato Hezbollah o Teheran di alimentare l'insurrezione. Proprio da Londra, però, è arrivato lo sgambetto di un documentario della Bbc, in cui i leader palestinesi Abu Mazen e Nabli Shaath rivelano che Bush ha detto loro di aver attaccato l'Afghanistan e l'Iraq perché «glielo ha ordinato personalmente Dio». Il quarto punto della strategia nega ai militanti il controllo di una nazione, e qui rientra in gioco l'Iraq: «Le guerre non si vincono senza sacrifici, e questa ne richiederà ancora». Bush ha ribadito che la soluzione ha due componenti: militare, attraverso l'impegno delle forze intemazionali contro gli insorti e l'addestramento di quelle irachene; e politi¬ ca, tramite le elezioni e il consolidamento della democrazia. «Alcuni - ha detto il presidente, pensando forse ai pacifisti di Cindy Sheehan dicono che l'America farebbe meglio a scappare. È un'illusione pericolosa, a cui si risponde con una domanda: saremmo più sicuri se Zarqawi o bin Laden controllassero l'Iraq? In Iraq non c'è pace senza vittoria. Noi terremo i nervi saldi e vinceremo». Il quinto punto della strategia è impedire ai terroristi di reclutare nuovi militanti. Perciò in Medio Oriente servono sviluppo, riforme, e la denuncia della violenza da parte dei musulmani moderati. Se l'America avrà la determinazione di seguire il suo piano, Bush non ha dubbi sull'esito: «Non conosciamo il corso che seguirà la nostra battaglia, ma sappiamo che la causa della libertà prevarrà». Il presidente George W. Bush Ieri al Ronald Reagan Building a Washington Il sindaco di New York Michael Bloomberg durante la conferenza stampa nella quale ha spiegato la minaccia terroristica contro la metropolitana