Cronache di un mondo sbagliato

Cronache di un mondo sbagliato Cronache di un mondo sbagliato I documentari della sezione Internazionale descrivono lavoro «sporco» e emarginazione IL lavoro «sporco», le trasformazioni ambientali e sociali, i luoghi emarginati, l'integrazione culturale e religiosa, la lotta antica tra uomo e natura selvaggia, sono solo alcune delle questioni sollevate dalle pellicole in gara nel Concorso Internazionale Documentari di questa edizione del Festival Internazionale Cinema Ambiente. Undici titoli da tutto il mondo che ci raccontano «dal vero» qualcosa in più sulla realtà in cui viviamo di quella che ci mostra la televisione. «Campo di sminamento» di Licinio Azevedo segue la quotidianità di chi per lavoro smina eampi. In Mozambico la guerra ha seminato ordigni: gruppi di ex combattenti e di civili, lasciate casa e famiglia, rischiano la vita per garantirsi una forma di sopravvivenza. «Il sacrificio» di Emanuela Andreoli e Wladimir Tchertkoff racconta invece chi furono «i liquidatori»: un milione di persone che, tra il 26 aprile e il 6 maggio 1986, furono chiamati a coprire il reattore nucleare di Chernobyl per evitare il rischio di un'esplosione atomica. Ci riuscirono, maneggiando il materiale radioattivo anche a mani nude. Il regista canadese Michael Kot ne «I rottamatori di navi» si occupa di ehi, per campare, smantella pezzo per pezzo imbarcazioni nel «cimitero» di navi di Alang, sulle coste dell'India. Sempre su una eosta, ma più familiare, quella della Sardegna sud occidentale è ambientato «Piccola pesca» di Enrico Pitzianti, che documenta la lotta dei pescatori locali per riappropriarsi del loro mare, «occupato» dalle esercitazioni militari Nato. Nella Cina eentrale, i registi Olivier Mays e Li Ping Weng hanno girato «Vite Nuove. Un grande lago», film sulle conseguenze sociali che provocherà la trasformazione del fiume Danin in un lago. Un intero villaggio è destinato a scomparire e una famiglia a disperdersi. Esplora gli effetti del consumismo e del potere dei media nelle società post-comuniste, «Sogno ceco» di Filip Remunda e Vìt Klusàk. I registi hanno inventato e pubblicizzato l'apertura di un grande centro commerciale alla periferia di Praga per poi filmare l'assalto della folla il giorno dell'inaugurazione e la grande delusione quando si è trovata davanti ad una facciata posticcia. «Terra dei sogni» della lettene Lalla Pakalnina ci svela l'altro volto del consumismo, quello delle discariche: non solo luoghi dove vanno a morire gli oggetti ma anche fonte di vita per insetti, retti¬ li, uccelli e mammiferi. Di integrazione culturale e religiosa parlano «La forma della luna» dell'olandese Léonard Retel Helmrieh e «The others» della greca Lucia Rikaki. Il primo intreccia le vicende di cristiani e musulmani nelle caotiche strade della Jakarta del dopo Suharto, scossa da forti tensioni sociali. Il secondo è ambientato nella scuola di un piccolo villaggio greco dove studia un solo studente indigeno, tutti gli altri sono immigrati albanesi. Il maestro insegna loro la lingua e la cultura della nuova terra, incoraggiandoli a non dimenticare la propria. «Kiran nei cieli della Mongolia» racconta il viaggio di iniziazione del giovane kazako Kuma che ritoma nei luoghi natii per imparare la caccia alle aquile ma anche le abitudini del suo popolo. Infine «Confliet Tiger» di Sasha Snow è un docu-thriller sulla lotta estrema tra tigri e esseri umani nella fredda Siberia. Yuri Trush è lo specialista chiamato per catturare ed eliminare questi animali che hanno perduto la naturale paura dell'uomo. Giovanna Camino

Luoghi citati: Cina, India, Mongolia, Praga, Sardegna, Siberia