Leggere Oriana a Teheran «È il nostro mito» di Francesca Paci

Leggere Oriana a Teheran «È il nostro mito» IRAN LA SCRITTRICE «NEMICA» DELL'ISLAM E UN FENOMENO LETTERARIO i Leggere Oriana a Teheran «È il nostro mito» I libri della Fallaci a ruba tra le iraniane Francesca Paci inviata a TEHERAN «Do you know Oriana Fallaci?». Roz Hakimizadeh ha pronta la stessa insistente domanda ogni volta che le capita di incontrare un'italiana a Teheran: «Conosci Oriana Fallaci?». Oriana Fallaci diventa un mito in Iran nel 1973, quando, inviata dell'Europeo, intervista lo scià di Persia Pahlevi osando definirlo un tipo «infantile» e contestando la sua attitudine a considerare le donne «accessori graziosi». Roz aveva allora solo 22 anni: ma ancora oggi che lavora alla redazione pohtica dell'agenzia di stato Ima, una specie di Pravda della Repubblica Islamica, dove le ultime invettive antislamiche dell'autrice di «La rabbia e l'orgogho» sono considerate alla stregua dei «Versetti satanici» di Sahnan Rushdie, tiene fiera sulla scrivania i libri della «giornalista più coraggiosa». «Ci andò giù duro anche con l'ayatollah Khomeini. E con Gheddafi, con il leader pakistano Ah Bhutto. A Kissinger fece confessare che si sentiva un cowboy solitario... Bisogna avere fegato per trattare uomini così da pari a pari». Nella capitale delle donne costrette a celarsi dietro il chador, sia pur vezzosamente aggiustato, Oriana Fallaci occupa un posto speciale accanto alle eroine della rivoluzione femminile che sta guadagnando terreno a spese dei mullah. La prima donna musulmana premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. La scrittrice in esilio Azar Nafisi, il cui romanzo «Leggere Lohta a Teheran» viene fotocopiato clandestinamente e passato di casa in casa per aggirare la censura. La cartoonist Marjane Satrapi, critica del fondamentalismo religioso dei pasdaran che impongono il velo alle donne e deUe leggi alla francese che glielo strappano nelle scuole. E conta poco che nei suoi ultimi libri, seguiti all'I 1 settem- bre 2001, da «La Rabbia e l'Orgoglio» in avanti, la Fallaci condanni i figli di Maometto con un linguaggio considerato «razzista» anche da musulmani progressisti: «Le moschee di Milano e di Torino e di Roma traboccano di mascalzoni che inneggiano a Osama bin Laden, di terroristi in attesa di far saltare in aria la Cupola di San Pietro». Roz Hakimizadeh è una devota religiosa. prega cinque volte al giorno, sogna il tradizionale pellegrinaggio alla Mecca. Ma le idee politiche o il credo in questo caso non c'entrano: Roz è donna e vive sotto un regime teocratico che discrimina le donne. E la Fallaci è una che al potere maschile ghele ha sempre cantate chiare, all'epoca dello Scià e dopo la rivoluzione khomeinista. Maryem e Leyla non erano neppure nate nel 1974, data della prima edizione di «Intervista con la storia», saggio che raccoghe, tra le altre, la conversazione con il leader palestinese Arafat che «berciava e sputava saliva». Sono studentesse di letteratura contemporanea al primo anno d'università, eppure citano l'incontro della Fallaci con l'ayatollah Khomeini, il 26 settembre 1979, come fossero state presenti: «Aveva chiesto il visto all'ambasciata con le unghie laccate, ti rendi conto? E poi portava i blue jeans...». Loro che vivono lo smalto come un traguardo raggiunto solo durante l'era riformista di Khatami, hanno letto «Intervista con la storia» e «Insciallah». Testi permessi a Teheran, almeno finora. Shirin Samii, titolare della libreria e casa editrice Ketab Sara, conferma la Fallaci-mania: «I suoi libri vanno benissimo. Sono tradotti in farsi, ma ne vendiamo tanti anche in inglese». Sugh scaffali in legno chiaro, accanto al Corano, c'è l'edizione economica di «Lettera ad un bambino mai nato». Basta domandare in giro per verificare. Azzadeh Assaran vorrebbe essere ima giornalista coraggiosa. E lo è: bella, intelligente, femminista, di sinistra, si occupa di pohtica e diritti delle donne. Fa un lavoro che le rende 200 euro al mese e la mette nel mirino della pohzia rehgiosa. Indovinate chi è il suo modello professionale? «La Fallaci. Perché, voi giornaliste italiane avete altri idoli?». Tra le fans della scrittrice c'è anche l'attrice Manja Rakbari, protagonista del film di Abbas Kiarostami «Dieci», donna in carriera e tutt'altro che politicizzata. Una che, con due divorzi sulle spalle a soli trent'anni, si rifiuta d'essere definita femminista perché «sono un'artista e le etichette limitano l'arte», non crede nel futuro dei suoi connazionali che «si sono abituati a questa schizofrenia tra pubbhco e privato e non cambieranno presto», rifiuta qualsiasi ideale al di là della vita, «mia unica maestra». Ma su Oriana Fallaci si lascia andare: «E' una tipa tostissima. Magari avercene di più come lei». Secondo Roz Hakimizadeh un'altra ci sarebbe: «Condoleezza Rice. Hai visto come mette in riga i capi di Stato?». «Quel rimbambito di Khomeini [...] MI presentai con le unghie smaltate di rosso. Per loro, segno di immoralità. Mi trattarono come una prostituta da bruciare sul rogo. E se non gli avessi detto anzi urlato che cosa gradivo levare, anzi tagliare a loro... » Oriana Fallaci parìa della sua intervista all'ayatollah Khomeini nel 1979 Dall'articolo «La Rabbia e l'Orgoglio», Il Corriere della Sera, 29 settembre 2001 «Governa come un re assolutista. [...] Ritiene che le donne vadano giudicate alla stregua di accessori graziosi incapaci di pensare come un uomo, [..j Questa Maestà sa comportarsi senza maestà» Su Pahlevi, ultimo scià di Persia Intervistato a Teheran nell'ottobre 1973 •r ■■' Una giovane iraniana, a Teheran, in un atteggiamento «ribelle» La giornalista e scrittrice Oriana Fallaci Oriana Fallaci mentre intervista l'ayatollah Khomeini nel 1979 Lo scià Reza Pahlevi con la famiglia k . - '