«Mi drogo perché sto male» di Alessandra Pieracci
«Mi drogo perché sto male» GENOVA CONFERMATO L'ARRESTO, L'ATTORE È NEL REPARTO SPECIALE DELL'OSPEDALE SAN MARTINO «Mi drogo perché sto male» Calissano: mi hanno stroncato le difficoltà professionali Alessandra Pieracci GENOVA Il pubblico ministero, Silvio Franz, voleva rispedirlo nel carcere di Marassi, più propenso a tener conto delle sue doti di attore che dei sintomi di malore prolungato. L'avvocato difensore, Carlo Biondi, aveva chiesto gli arresti domiciliari presso una comunità di recupero per tossicodipendenti e soggetti con personalità dissociata. Il gip. Elena Daloisio, ha scelto una via di mezzo: da ieri Paolo Calissano, l'attore che si è risvegliato da un coca party con una giovane donna morta nel suo letto, stroncata da un cocktail di stupefacenti, è sempre detenuto, ma rinchiuso nel reparto speciale dell'ospedale di San Martino. Rimasto per mezz'ora davanti al magistrato, Calissano ha scelto di non parlare. «Sto troppo male per rispondere, sono confuso» è stata la sua giustificazione. «Paolo è completamente sfasato, non riesce a focalizzare, a ricordare quello che è successo. Quindi, l'impossibilità di parlare non è stata una scelta difensiva ma la conseguenza di una situazione oggettiva. Appena si sarà ripreso parlerà con il pubblico ministero», ha precisato l'avvocato Biondi. Se non ha parlato davanti al gip, Calissano però si è sfogato a lungo con Fabio Broglia, il capogruppo in regione di Ccd-Udc, presidente della Commissione speciale di studio per la sicurezza dei cittadini e le carceri in Liguria, che lo ha incontrato nella sua camera d'ospedale, dove si trova in isolamento. Fuori, in attesa, c'è il fratello Roberto che gli manda a dire: «La famiglia è con te, mamma ti abbraccia». Maglietta bianca con la croce rossa dello stemma cittadino, jeans délavée e calzini bianchi, l'attore ha giustificato la sua caduta con la depressione e la paura. «Non sono pazzo, sono depresso e sfortunato. Ho paura della solitudine, ho perso un figlio, ho perso mio padre, nessuno mi dà più opportunità di lavoro» è il quadro di un'esistenza che dall'esternp appare segnata dalla fortuna e dal successo. Il figlio perduto è quello che i rotocalchi all'epoca della soap «Vivere» avevano definito «il dolore segreto del dottor Bruno». Il padre è deceduto circa un mese fa, dopo una lunga malattia. «Le difficoltà professionaili mi hanno stroncato. La Rai mi ha cancellato la soap cui tenevo molto», dice. E poi insiste: «Ho preso la cocaina perché stavo male, ma non ho mai spacciato né ho mai costretto nessuno a prenderla. Quello che è accaduto, la morte di Ana, è una tragica fatalità». Indica il pacco di telegrammi: «La gente mi vuole bene, mi scrivono che mi sono vicini». «Io ho sbagliato, ho fatto errori che devono essere riparati, ma gli altri non devono cadere. Voglio essere d'esempio». E si ritaglia il prossimo ruolo: «Voglio mettere la mia immagine al servizio di questo messaggio diretto soprattutto ai giova.ni». «Non ho mai costretto nessuno a assumere cocaina», ripete Calissano. Ma Ana Lucia non ha preso solo cocaina, ma anche qualche tranquillante che si trovava nell'appartamento dell' attore. E stato questo mix ad ucciderla? Secondo il padre della ballerina, Reginaldo Bezerra, Ana è stata assassinata: «L'overdose è solo una facciata - ha detto -. Se è morta di droga, o se l'hanno imbottita per farla morire, è perchè qualcuno ce l'ha portata, ed è responsabile per la morte. Di quell'attore italiano in luglio, quando la vidi l'ultima volta, di sicuro non ha detto niente». Ana Lucia, stroncata nella casa di Calissano da una overdose
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