Nell'Iran del falco Ahmadinejad «freedom» e spille del Che

Nell'Iran del falco Ahmadinejad «freedom» e spille del Che LA NUOVA ANIMA DEL PAESE SI MOLTIPLICANO LE PARABOLE, IL FARSI LA TERZA LINGUA PIÙ DIFFUSA SUL WEB Nell'Iran del falco Ahmadinejad «freedom» e spille del Che All'università i giovani spiegano: «Neanche lui riuscirà a riportare il paese a 10 anni fa» reportage JWVNCESCAPAO inviata a TEHERAN Sarà difficUe oggi per la ventiquattrenne anglopakistana Karla Khan tenere alti i colori della Gran .Bretagna nel match di squash contro l'Iran. Mentre la Teheran globale mette in scena la quarta edizione delle Olimpiadi femminili islamiche tendendo la mano al mondo, l'altra città, queUa ultranazionalista del presidente Ahmadinejad, si arrocca e accusa Londra di incoraggiare le sanzioni contro il programma nucleare iraniano. La manifestazione di protesta organizzata per le 11 di ieri davanti aU'ambasciata britannica non c'è stata, ma i funzionari hanno rispettato alla lettera la circolare del consolato che consigliava di tener chiusi gh uffici. Anche perché, neUe prime ore del mattino, la foto deU'amhasciatore di sua Maestà Richard Dalton, pubblicata in prima pagina sul quotidiano governativo Iran News, aveva già fatto fl giro della città accoppiata al titolo: «EspeUerlo oppure no?». Nabi Roudaki, capo del comitato per la pohtica estera e la sicurezza iraniana, esclude la possibibtà d'una rottura diplomatica. Ma alcuni suoi colle¬ ghi, come Mehdi Kouchekzadeh, non disdegnano l'idea d'una impennata d'orgogho nazionale a spese deUa Gran Bretagna, presidente di turno deU' Unione Europea e per questo considerata prima responsabile della linea dura contro Teheran. Qual è la vera capitale iraniana del 2005? QueUa che fa la fila al Museo d'Arte Contemporanea per ammirare i 188 capolavolavori della collezione di Farah Diba e, soprattutto, fl trittico di Francis Bacon, da cui la polizia islamica ha eliminato la pala centrale con due uomini oscenamente abbracciati nel letto? O la città conservatrice che sostiene Ahmadinejad e la sua repentina messa al bando della cravatta maschile, simbolo dell'occidente imbalsamato? Per capire qualcosa della polarizzazione di Teheran bisogna salire ah'ottavo piano di un grattacielo di downtown e guardare giù, la selva di antenne paraboliche fiorita sui tetti dei palazzi più bassi. «Sarebbero proibite, in teoria», precisa l'architetto padrone di casa. Come la comunicazione via internet che invece, con oltre 75 mila blog, i popolari diari online, ha reso fl farsi la terza lingua più diffusa del web. «La gente guarda le tivù satellitari ed è meglio informata di quanto fl governo vorrebbe», spiega Zahara, una deUe centinaia di editrici donne, con il volto bello e senza età. Le iraniane sembrano conoscere U segreto per prolungare la giovenezza: non c'è quarantenne che non dimostri minimo cinque anni di meno. Sul suo tavolo, la rassegna stampa: Iran News con l'attacco al «nuovo colonialismo inglese»; il fogho pasdaran Bonyad, dove si parla di tutto fuorché del programma militare della discordia; Shargh, un quotidiano riformista indipendente quanto è possibile da queste parti, che pubblica la lista delle nazioni prò e contro il nucleare iraniano. Secondo Zahara il nuovo presidente, per quanto temibile, non riuscirà a riportare fl paese a dieci anni fa, quando i sandali femminili e le unghie laccate erano un sogno proibito: «Gh studenti in particolare, sono ormai attori della comunicazione globale». La maggior parte dei titoh pubblicati ogni anno sono diretti a loro: 26 mila nel 2004, di cui 8 mila d'argomento rehgioso. Certo, la fine del tunnel resta lontana: «La rivoluzione di Khomeini ha rallentante il consumo di libri. Prima del 79 ogni prima edizione tirava cinquemila copie a fronte deUe attuali tremila. E' la popolazione è triplicata..». Ma, se non credesse nei suoi figli, Zahara non avrebbe ingaggiato con il governo appena insediato la battagha per pubblicare la femminista Mehranguiz Kar: «Sono fiduciosa che gh studenti non rinunceranno al loro futuro. Magari h sentite sostenere il nucleare per nazionahsmo, perché sono giovani, ma non accetteranno passi indietro». Alcune settimane fa, all'apertura deUe iscrizioni alla scuola italiana Pietro della Valle c'erano settecento ragazzi: volevano studiare lì, ma dai sei anni in su U ministero impone l'educazione islamica. Quando gh agenti hanno cercato di disperderli si sono scontrati con un muro di volontà: «Non ci temono più». Le due città, quella istituzionale ligia aU'ortodossia islamica e l'immateriale, libera quantomeno daUa paura, convivono neU'era di Ahmadinejad in un' atmosfera sospesa da prima del temporale. All'università di Teheran le matricole iniziano l'anno accademico con le borse ditela decorate con spiUette del Che Guevara e la parola «Freedom» scritta a pennarello. A vent'anni Farideh ha già le idee chiare: «Non credo che torneremo indietro, ma dobbiamo stare all'erta. Mia madre mi racconta che in Iran tutto comincia sempre con deUe semphei voci. Nel 79 era una ragazza come me e non pensava che la libertà conquistata fino ad allora potesse essere requisita». Per questo, il coetaneo Wahid, uno che come lei legge su internet le strisce satiriche della connazionale Marjane Satrapi, vorrebbe che il paese avesse la bomba atomica: «Mica per combattere nessuno. Ma perché questo regime si è già fatto cosi tanti nemici che rischiamo di essere attaccati da un momen¬ to afl'altro. Almeno, se facessimo paura come la Corea del Nord, saremmo meno esposti aUe ritorsioni e i mullah non avrebbero la scusa della nazione in guerra per controllare ancora di più le nostre vite». Altri come Amai e Sima, marito e moghe titolari d'una piccola libreria vicino aU'ateneo, dove trovi il primo libro iraniano sulla storia del jazz edito dalla Shirazeh Publication e «Lettera ad un bambino mai nato» di Oriana FaUaci, pensano che proprio la natura repressiva del regime attuale sia una buona ragione per impedirgli di armarsi: «Chi ha vent' anni non capisce di che pasta sono fatti quelli che ci governano. Risoluti neUa disciplina interna, ma instabili sul piano intemazionale. Certo, i paesi confinanti sono tutti armati. Ma, escluso il Pakistan, si tratta di democrazie e anche le pontenziah intemperanze di Islamabad sono frenate daUa razionahtà indiana». L'eco deUa città che brontola come una pentola in ebohizione non arriva tra i prati del complesso sportivo di Enghelab, dove un migliaio di atlete si sfidano a golf, paUavolo, nuoto. D'altra parte, la gente di Teheran non sa nulla di loro: i quotidiani locah ignorano l'evento, nonostante con le ginnaste sia arrivata una delegazione di reporters intemazionali che, sotto la guida dell'Aips, l'associazione dei giornalisti sportivi, vuole avviare un dialogo su media, donne e sport. Anche perché, altrimenti, bisognerebbe spiegare aUa musulmana inglese Karla Khan l'equilibrio su cui si regge l'Iran di Ahmadinejad che, da una parte, l'invita a gareggiare e, daU'altra, mette al bando fl suo ambasciatore. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad a una recente parata militare