Cade il velo e corrono le ragazze: fuori i maschi

Cade il velo e corrono le ragazze: fuori i maschi TEHERAN DA OGGI LE OLIMPIADI FEMMINILI ISLAMICHE, CON ATLETE DI 44 PAESI E CE ANCHE UN'AMERICANA. MA ALLE GARE POTRANNO ASSISTERE SOLTANTO DELLE SPETTATRICI Cade il velo e corrono le ragazze: fuori i maschi reportage FRANCESCAPACI inviata a TEHERAN La prima ambasciatrice americana accolta come una star nell'Iran dal presidente ultraconservatore Amadinejad è una ragazza esile di ventisei anni con gh occhi azzurri e le cigha nerissime tanto lunghe da sembrare quelle di una attrice di Bollywood. Sarah Kureshi è l'unica atleta dalla delegazione statunitense ad aver ottenuto il visto per partecipare alle Olimpiadi femminili islamiche di Teheran a ora si goda rilassata il tipico badenjun, un piatto a base di purè di melanzana, ancora incredula d'essere arrivata fin qui: «Sono stata in forse fino all'ultimo giorno, il mio paese di questi tempi è piuttosto sospettoso... E dire che i miei compagni d'università, in Minnesota, erano così orgogliosi che venissi». Correrà i cento metri par loro questa bella spinter d'origini pakistana che è cresciuta parlando urdù con i genitori e imparando ad amare la patria d'adozione dove «chiunque può fare qualsiasi cosa, compreso vivere da musulmana osservante dopo l'il settembre 2001». E, aggiunge Sarah sistemandosi sul capo l'hijab dal colore degh occhi, correrà anche per l'islam: «Sono orgoghosa della mia religione al pari del mio passaporto». Non si stupisca chi è fanno ai murales con la scritta «Down with the USA)) (Abbasso gh Usa) affrescati lungo Taleghani st, accanto alla vecchia ambasciata americana, dove nel 1979 quattrocento guardiani dalla rivoluziona presero in ostaggio i 52 dipendenti sfidando apertamente la bandiera a steUe e strisce. Sarah Kureshi prega in moschea cinque volte al giorno, sogna di diventare medico, e adora «Leggere Lolita a Teheran», il romanzo che è costato l'esilio alla scrittrice iraniana Azar Nafizi. La quarta edizione dei giochi olimpici delle donne musulmane che inizia ufficialmente oggi, rappresenta molto di più della semplice competizione sportiva per le partecipanti provenienti da 44 paesi, dall'Iraq alle Filippine, dal Pakistan alla Gran Breta- gna musulmana, autorizzata da una fatwa dello sheykh Maylawi. Dopo la cerimonia d'inaugurazione alla quale sono ammessi anche gh uomini, le atlete resteranno sole, le une di fronte alla altre, con i corpi sciolti da veh e palandrane e i problemi che accomunano la metà in ombra dal mondo islamico. Lo sport, certamente. L'accesso al campo da tennis an plein air di Kabul è ancora rigorosamente proibito alla giovane studentessa di psicologia Manijha Ghaisia, che fantastica d'ottenere sul campo del badminton di Teheran il successo mediatico dell'amica Robina Muqimyar, la prima atleta afghana a dabuttare all'estero, alle Olimpiadi di Atene del 2004. Rubina è venuta a gareggiare in Iran anche se quella prova greca le valse solo la celebrità per la tuta modesta e troppo grande rispetto alle agili divise deUe divinità atletiche: «Pensavo che la corsa potesse diventare un lavoro e farmi guadagnare qualcosa, ma va bene anche così». Lo sport coma riscatto dalla segregazione. È per questo che Faazeh Rafsanjani, la fighe dell'ex presidente iraniano celebre par i jeans vezzosamente indossati sotto la lunga tunica nera, ha voluto questo appuntamento annuale nella sua città. Calcetto, pallacanestro, ping pong, squash, nuoto, karaté, il tiro al bersaglio in cui eccellono le amiche Aishat e Maryam, entrambi militari in servizio nell'esercito delle Maldive. Una piazza di donna che ridono e si lanciano scherzosamente le felpa in attesa di scontrarsi sul campo di gioco dove scompaiono le differenze tra l'hijab stratto sotto il manto delle yemenite e quello avvolto alla corsara intorno al capo delle gigantesse dell'Azerbaijan. Ma, soprattutto, uno spot eccezionale sullo spazio pubblico negato alla presenza femminile. Questa metropoli da 12 milioni di parsone, di cui oltre la metà celata diatro il velo, è la capitale Il primo, ufficiale. di due stati. cÈL^ii^uS So ì cultura in seguito ad uno sketch del trio Marchasini8-Solenghifr Lopez, considerato poco rispetto so verso ayatollah Komeini. L'altro chiuso dietro le complici mura domestiche che custodiscono il segreto di serata a base di birra Haineken e canzoni di Sting. L'architetto Shirin e le sue due sorella danno un party ogni giovedì sera, il venerdì è festa e si può dormire fino a tardi. Accolgono i loro ospiti in abiti senza maniche, con scollatura generose e sandali dai tacchi alti che fanno sentire inadeguato l'ospita occidentale bardato da capo a piedi secondo Tabe del manuale islamico. Gh orecchini e le unghie laccate sono un dono recante di cui non smetteranno mai di ringraziare il presidente riformatore Khatami. Soprattutto ora che Gholamraza Nasirinajad, uno dai capi della pohzia religiosa di Teheran, ha fatto circolare la voce d'un possibile giro di vite sull'abbigliamento femminile, ormai specializzato neh'aggirare l'austerità punitiva con trench islamici verde mela firmati Mango e foulard a fiori sopra i capelli mechati. ((Almeno nei nostri appartamenti siamo libere», ragiona Shirin sorseggiando un bicchiere di Chianti brillante come il suo rossetto. Al mercato nero una bottiglia di vino itahano costa 20 mila rial, circa 20 euro, un quinto dello stipendio medio di una segretaria. Ma nessuno, qui, è disposto a rinunciare ad upo spicchio di privato, fosse pure costosissimo. Anche perché, al momento d'accompagnare a casa un'amica bisogna indossare l'altra identità: calze scure, scarpe chiuse, capelli raccolti dentro il velo, lunghe palandrane color marrone frate. La libertà d'asse¬ re lasciate in pace è troppo preziosa per sfidare la pohzia che staziona ad un posto di blocco nei pressi dello stadio delle Olimpiadi, sorride compiaciuta e lascia andare. ((A Teheran tutto è formalmente proibito ma ragazzi e ragazze riescono a fare qualsiasi cosa», spiega Farian Sabahi, docente all'università Bocconi e i Giochi femminili islamici sono poca cosa in confronto alla corsa ad ostacoli quotidiana che le iraniane affrontano per scavalcare divieti e restrizioni. Sulla pista dello stadio Enghelab Sarah Kureshi sfiderà stamattina afghane, etiopi, indonesiane, velociste del Bahrain ed irachene. Chiunque vinca. America compresa, festeggeranno insieme. Lo sport come riscatto nel paese dove le donne temono mi giro di vite sull'abbigliamento Nella capitale convivono j - mnnHr i mn ni ihhlirn MU?..^9.Q9.[,...yQ9...PU.P.?l.ICC)..e castigato, l'altro privato e libero dove le scollature sono generose e si portano i tacchi a spillo Robina Muqimyar la prima atleta afghana in gara (a gambe coperte) alle Olimpiadi di Atene 2004 correrà ai Giochi di Teheran

Persone citate: Azar Nafizi, Faazeh Rafsanjani, Farian Sabahi, Khatami, Lopez, Robina Muqimyar, Sarah Kureshi