Dopo il no francese, il nulla di fatto tedesco blocca l'Europa

Dopo il no francese, il nulla di fatto tedesco blocca l'Europa NELfROGRAMMA CQUERANO LE MJlE RILAg^RERIFORME DESTINATE A CONTAGIARE 1 PAESI VICINI E L'INTERA UNIONE f d Dopo il no francese, il nulla di fatto tedesco blocca l'Europa Carlo Bastasin Dopo la Francia, anche la Germania cade vittima di se stessa. Che cosa resterà dell'Europa? L'Unione europea è entrata in stato di paralisi dopo il no referendario dei francesi e degh olandesi alla Costituzione. Parigi è annichilita e priva di ogni credibilità nell'iniziativa pohtica europea. La presidenza di turno britannica è già in difficoltà. Ora anche l'altro storico motore si è fermato. Le trattative in corso, a Berlino per la formazione del nuovo governo sono difficilissime, fino al voto di Dresda del 2 ottobre nessuna iniziativa sarà avviata, ma lo stallo potrebbe proseguire. È possibile che il negoziato si chiuda con un fallimento e nuove elezioni, o con governi di minoranza privi di credibilità e potere di iniziativa. Quasi certamente la prossima legislatura sarà interrotta da nuove elezioni e perfino in caso di Grande Coalizione, alla Germania mancherebbe la possibilità di esercitare una vera leadership. Nello scenario più negativo, prima che coaguli il sangue della ferita pohtica apertasi ieri potrebbero passare anni, aprendo una fase storica inedita e rischiosa di inst abilità pohtica. In tali condizioni di incertezza, anche le decisioni economiche di investimento in Germania potrebbero essere sospese, pregiudicando le prospettive di crescita. Inoltre se nel resto d'Europa il voto tedesco sarà interpretato come una bocciatura delle riforme, i paesi vicini saranno cauti nel percorrere una strada di ammodernamento senza la quale l'Europa rischia di declinare. Le conseguenze istituzionah sull'Unione europea sono perfino difficih da qualificare: la paralisi attuale dell'Ue riguarda tre impegni: l'accordo per il bilancio comunitario, il salvataggio almeno parziale del progetto di Costituzione e il rilancio di riforme che rendano più efficace il modello sociale europeo. Da una vittoria di Angela Merkel e dei liberali ci si aspettava un chiaro impulso alle nfonne tedesche che avrebbe contagiato anche i paesi vicini. Mercati del lavoro più dinamici in Germania e tassazioni meno inibitorie avrebbero automaticamente dato impulso competitivo all'intero continente, rendendo più rapida un'integrazione dal basso della società. A un tale sviluppo la pohtica europea avrebbe potuto rispondere con forme comuni di governo rilanciando l'iniziativa di BruxeUes. Ma al vertice informale di ottobre, che dovrebbe riawiare l'iniziativa sul modello sociale europeo, ora non è nemmeno dato sapere se siederà un rappresentante tedesco. Né è possibile prendere sul serio l'apertura del negoziato per l'accesso della Turchia tra quindici giorni. Da un punto di vista europeo, nonostante alcune tardive riforme che hanno accompagnato la grande ristrutturazione delle imprese tedesche, il canceUiere Schroeder ha governato sette anni cedendo a tentazioni protezionistiche, culminate in pohtica estera con la richiesta di un seg;io all'Orni per Berlino e non per a Uè. Schroeder e il suo partito, composto per due terzi dà funzionari sindacali, hanno abbandonato presto l'habitus europeista; hanno polemizzato con gh sforzi della Commissione di creare un mercato unico dei beni e dei servizi, pur di difendere imprese come Volkswagen o le banche pubbliche tanto care ai loro amministratori locali. La retorica anticapitalista è cresciuta fino a definire «locuste» i fondi stranieri che investono in Germania. Senza una svolta tedesca, non c'è speranza che BruxeUes riesca a far applicare la direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi, a rilanciare l'agenda di Lisbona, né a conservare il rigore rimasto neUe regole fiscali del nuovo patto di Stabilità. Tutti obiettivi condivisi da Angela Merkel. Ora bisogna chiedersi: ima Grande coalizione, anche a guida cristiano-democratica, potrà far proprie politiche che non godono di popolarità? Il primo problema è che un governo di coalizione sarà possìbile solo senza Merkel e Schroeder e quindi presumibilmente con politici non di prima responsabilità come Christian Wulff per la Cdu e Peer Steinbrueck per l'Spd. La loro guida sarà poco legittimata e poco motivata a intraprendere pohtiche di cui non sono più chiare le ricadute in termini dì consenso. In un quadro pohtico instabile inoltre, una Grande coalizione è esposta alla concorrenza dei partiti minori, con gravi ripercussioni elettorali come si è visto nel '69. Sia Cdu sia Spd inoltre, avrebbero incentivo a differenziarsi tra di loro in vista dell'inevitabile resa dei conti di un voto anticipato. Su di essi infine peserebbe la pressione dei Laender, indispensabili a mantenere il minimo margine di maggioranza disponibile al Bundesrat, oggi pari a un solo seggio. Nel complesso non è razionale immaginare alcuna forte iniziativa pohtica da Berlino nel corso dei prossimi anni. Chi ha a cuore l'Europa dovrebbe cominciare a prendere sul serio i rischi del nuovo grigio quadro pohtico dipinto domenica dagh elettori tedeschi: ricorda quello di Max Ernst, l'Europa sotto la pioggia.