le mele di CEZANNE le idee di PLATONE di Marco Vozza

le mele di CEZANNE le idee di PLATONEple mele di CEZANNE le idee di PLATONE Marco Vozza TRA sensazione e pensiero sussiste un disaccordo antico, analogo a quello istituito tra arte e filosofia. I sensi limitano la nostra conoscenza all'apparenza delle cose e, talvolta, deliberatamente ci ingannano. In questo discredito è confinata l'arte imitativa, quella da cui scaturisce una affermazione di empirismo radicale: "pittura è sensazione". Buona parte dell'estetica novecentesca applicata alle arti figurative concepisce l'esperienza della pittura nei termini di una immanente logica del visibile, cioè di una forma di manifestazione dell'essere la cui forza germinativa è costituita da una vibrante logica della sensazione. Fin da questa prima, generica, formulazione, è possibile cogliere il contrasto, se non l'opposizione, con le assunzioni fondamentali della tradizione filosofica, all'interno del cui paradigma un'espressione quale "logica della sensazione" Onon' avrebbe senso, risulterebbe anzi contraddittoria se non paradossale, perché - almeno da .Platone fino a Hegel l'identità della ragione viene raggiunta e perfezionata proprio mediante un netto processo di affrancamento dalle proprietà della sensazione. La condanna di Platone (Nella concezione platonica appare opportuno interrompere la prima navigazione dedita ail'ifldagine ,dftU»,jaatma^r^flpf dotta nell'ambito dei fenomeni visibili, per intraprendere una seconda navigazione che mira ad esplorare le cause intelligibili delle cose, una fuga nel dominio invisibile dei logoi. La saggezza del filosofo risiede nella capacità di operare una conversione dello sguardo, dal visibile all'invisibile, dall'immagine all'idea; non troveremo mai il principio che governa l'essere fintantoché lo ricerchiamo tra le sue manifestazioni sensibili. La visione delle essenze è antitetica rispetto alle modalità della visione sensibile; la vita contemplativa della mente esige l'esonero dalla vita concupiscente dei sensi. Uno dei grandi dialoghi platonici, il Teeteto, è quasi interamente dedicato a confutare la teoria di origine sofista che sostiene l'identità di conoscenza e sensazione, in accordo con la massima relativistica di Protagora secondo la quale l'uomo è misura di tutte le cose. Se ogni cosa è soggetta al mutaménto, se nulla è mai eguale a se stesso ed è sempre in relazione con altro, allora non resta che negare la possibilità di una verità stabile e inconcussa, affidandosi al dettato cangiante delle sensazioni, al vertiginoso avvicendamento delle apparenze. Se avessero ragione i sofisti che identificano la conoscenza con la sensazione, la ragion d'essere della filosofia verrebbe meno. Il confronto è davvero drammatico: se la concezione di Protagora fosse vera, la filosofia perderebbe il suo oggetto, l'essere, e dovrebbe limitarsi a regi/strare- sepsafioni soggette alla caducità dèi tempo, esposte a relazioni mutevoli e periture, delle quali non si dà episteme, saldezza del fondamento. Soltanto Nietzsche saprà trasformare radicalmente l'identità della filosofia, accettando senza nostalgie reattive l'evidenza che "l'essere manca", che vi è un unico piano d'immanenza fenomenico, postulando che la volontà di potenza imprima al divenire i caratteri dell'essere. Esiste tuttavia una tradizione di pensiero alternativa a quella platonico-agostiniana, che va fatta risalire al De anima di Aristotele, in cui i sensi sono trattati come forme di giudizio certe e le sensazioni considerate forme di conoscenza aventi per oggetto cose particolari, mentre la scienza ha per oggetto gli universali; anche per Aristotele, sentire e comprendere sono facoltà ben distinte ma, senza l'apporto basilare delle sensazioni, non vi è possibihtà di sviluppare l'immaginazione e poi le cognizioni intellettuali. Nel 1754, nel suo Trattato delle sensazioni, Condillac sosterrà che le operazioni dell'anima come il giudizio, la riflessióne e ì desideri hbn sono altro che sensazioni differentemente elaborate e trasformate. Nonostante le raffinate analisi condotte dapprima da Occam, poi da Locke, Hobbes, Hume e Condillac sulla funzione conoscitiva delle sensazioni, agli albori dell'800, Hegel potrà qualificare queste ultime come triviale esperienza, poiché "la sensazione è la forma dell'agitarsi ottuso dello spirito nella sua individuabtà priva di coscienza e di intelletto". La svolta di Nietzsche Questo immane e sconsiderato sacrificio del corpo, delle sue passioni e sensazioni - che si perpetua da Platone fino allo stesso Heidegger - fu denunciato per la prima volta da Nietzsche, il quale sosteneva che l'intera storia della filosofia si configura come una scuola della denigrazione contro i presupposti della vita, perpetrata soprattutto attraverso il sistematico disprezzo del corpo, della sua forza creativa, della sua prodigiosa facoltà di metamorfosi. La posizione di Nietzsche costituisce una programmatica revisione del canone filosofico relativo alle passioni, al loro addomesticamento, alla loro neutralizzazione se non alla loro radicale estirpazione; la rivalutazione nietzscheana delle passioni è articolata in sintonia con la valorizzazione degli affetti, dei sensi, degli istinti, dell'apparenza e della superficie, cioè di tutta l'esperienza fenomenica che la tradizione filosofica aveva trascurato se non diEfasqatQ.^ N^^ch^^Br va nella nostra guftura \m sintomo sul quale riflettere, "l'oistilità radicale, l'inimicizia mortale contro la sensualità", un sintomo di cui la filosofia costituisce la massima espressione; "Incontestabilmente, finché sulla terra ci saranno filosofi, ovunque siano esistiti filosofi, sussiste una particolare irritazione e astiosità filosofica contro la sensualità". Se la sensualità, i desideri, gli affetti e le passioni sono immagini di una vita poitenziata che si avvale di una forza trasfigurante, allora il plesso di queste facoltà sarà anche la condizione per esercitare la volontà di potenza che conduce ad un nuovo conferimento di senso e attribuzione di valore. Il mondo sensibile - affermerà Merleau-Ponty - è più originario del mondo delle idee, perché il primo è visibile e relativamente continuo, mentre il secondo è invisibile e lacunoso e non trova la sua verità se non a condizione di appoggiarsi sul 'brusio delle apparenze" generato dal mondo della percezione: "Il vero traluce attraverso un'esperienza emozionale e quasi carnale". Dopo la sovversione paradigmatica compiuta da Nietzsche (approfondita poi da Merleau-Ponty e da Nancy), la filosofia novecentesca si era mostrata a più riprese sensibile al tema dell'affettività, anche se aveva quasi sempre attivato sottili strategie di neutralizzazione, ridimensionandone la portata ontologica. Nella sua versione canonica, la filosofia sembra disposta ad apcMltofiyr.esperienza. affetti- VaWm&à patte scoip W la dalla sua matricei passionale, di neutralizzarne la valenza istintuale espressa da un corpo attraversato dalle passioni: la ragione si rende disponibile ad accogliere la logica degli affetti, soltanto a condizione che questa venga affrancata dalla logica della sensazione corporea, che deponga cioè ogni attributo sensibile, sottratta alla forza della passione che l'ha generata. L'ospitalità della ragione presenta così un costo assai elevato, la perdita cioè dell'integrità dell'esperienza affettiva che risiede nella pienezza dei sensi anteriore ad ogni dualismo tra passione e affetto, in ossequio al quale gh affetti appaiono come passioni sublimate o trasfigurate. Nella prospettiva che qui si propone gli affetti non sono la catarsi delle passioni (come pretenderebbe buona parte della nostra tradizione filosofica), la purificazione dalle lóro scorie sensibili, la sublimazione che le decanta da residue impurità corporee; essi dovrebbero grità dell' espeenza sense che è la condizione per conseguire la pienezza d'esistenza, senza mai assumere l'aspetto difettivo di quella deprivazione sensoriale, di quell'inibizione da contatto caratteristica dei processi di razionalizzazione, evitando così il paradosso di ima dignità della ragione che nega però l'integrità della persona. Le sensazioni di Cézanne David Herbert Lawrence che vedeva nella pittura il primato della coscienza intuitiva che percepisce la realtà materiale dei corpi - attribuiva a Cézanne un intento deliberatamente antiplatonico e giungeva ad affermare; "La mela di Cézanne rappresenta tantissimo, più dell'idea di Platone... La storia della nostra epoca è la storia disgustosa e nauseante della crocifissione del corpo creatore per la glorificazione dello spirito e della coscienza razionale. Platone fu uno dei sacerdoti supremi a officiare tale crocifissione". Nell'interpretazione del romanziere inglese, Cézanne è l'artista che lotta contro i cliché ottici per affermare un modello di "conoscenza attraverso il contatto", per esautorare il mondo sovrasensibile di Platone. Vorrei però segnalare un'altra rilevante valenza filosoficapresente nell'opera cézanniana: in realtà, il sogno temerario e inappagato dell'artista provenzale era quello di reahzzare sulla tela l'equivalente della filosofia kantiana, di racchiudere in un quadro il punto di vista.tWèóya^tèi^tireaeftitt'e'Dtra ài)pferéiife*àifctìàltà,1,èt»i1ipD(8ità di fenomeno e noumeno, la differenza tra sensibilità e intelletto e la loro ricomposizione nell'immaginazione. "Vorrei dipingere lo spazio e il tempo confessa alfamico Gasquet perché diventino le forme della sensibilità cromatica; perché a volte penso ai colori come a grandi entità noumeniche, a idee viventi, a esseri della ragion pura". Non sarà questa la verità in pittura che egli aveva promesso di restituirci? Cos'altro è l'appercezione trascendentale, quel processo cioè di analisi e sintesi unificato dall'Io penso, se non una logica delle sensazioni organizzate? L'esperienza della pittura non conosce la contrapposizione tra profondità e superficie che caratterizza la tradizione filosofica occidentale: sulla tela il visibile è la forma stessa dell'invisibile, il suo naturale ambito di manifestazione, il suo sensibile conferimento di senso. Nei quadri di Cézanne non vi è cesura né subordinazione gerarchica ma identità di mondo intemo e mondo esterno, unità di coscienza e realtà, sintesi di sensazione e concetto, esperienza e pensiero. L'interiorità non rimane inaccessibile in profondità arcane e imperscrutabili; si fa tangibile nelle masse grevi deDa Sainte Victoire, nella superficie a mosaico del paesaggio provenzale, nello sguardo assorto dei giocatori di carte, nelle vibrazioni luminose delle nature morte. «I SENSI LIMITANO LA NOSTRA CONOSCENZA ALL'APPARENZA: IN QUESTO DISCREDITO È CONFINATA L'ARTE» «[A SAGGEZZA RICHIEDE LA CAPACITÀ DI OPERARE UNA CONVERSIONE DELLO SGUARDO, DAL VISIBILE ALL'INVISIBILE» Eit tttidii à e e , e e «FU NIETZSCHE IL PRIMO A DENUNCIARE LA DENIGRAZIONE DEL CORPO, A RIVALUTARE LE PASSIONI E GLI ISTINTI» «DA MERLEAU PONTY A NANCY, NEL '900 SI AFFERMA LA LOGICA DEGLI AFFETTI, LA PIENEZZA DELL'ESISTENZA SENSIBILE» le mele di CEZANNE le idee di PLATONE

Luoghi citati: Cézanne David, Nancy, Protagora