Sei coltellate al figlio, poi tenta il suicidio

Sei coltellate al figlio, poi tenta il suicidio DRAMMA A MERANO HA COLPITO IL PICCOLO DI 4 ANNI DAVANTI AL FRATELLINO. AL PROCURATORE HA DICHIARATO: «ERO STANCA, NON RIUSCIVO A DORMIRE, NON SO COME HO FATTO» Sei coltellate al figlio, poi tenta il suicidio La madre confessa: è stato come un blackout. Si è gettata dalla finestra della questura, è grave Paolo Colonnello inviato a MERANO Le manine alzate in un inutile tentativo di difesa. Lo sguardo perduto in quello della mamma: una Medea con due occhi vuoti, accecati dalla furia e dalla foUia, che lo guardavano come si guarda un oggetto, un animale impaurito, non un figlio. Julian, 4 anni, ha gridato più forte e lei lo ha colpito e colpito, e colpito ancora. «Una voce mi diceva: uccidilo, uccidilo!». E lei gli ha sferrato quattro coltellate al petto e, forse, due alla gola. In cucina, alle 9 e mezzo del mattino, con la marmellata e le tazze sporche di latte ancora sul tavolo. Davanti a un altro sguardo, anch'esso colmo di terrore: quello di D., il fratellino di 6 anni che giocava nella sua stanza ed è corso subito quando ha sentito le grida dì Julian: «Mamma che fai? Mamma, mamma!». Ma lei, Christine Rainer, 39 anni, non sentiva più nulla. Non ha più sentito nessuno per tutto il resto della giornata. Le parlavano, lei rispondeva. Una cantilena: «Ho avuto come un black out, signor procuratore...In queste notti non riuscivo a dormire. Neanche stanotte ho dormito. Troppi farmaci. Ero stanca, non so come ho fatto...». Parlava ma non ascoltava. Se non la voce della sua anima perduta, in preda a quella malattia silenziosa che da un anno l'aveva aggredita: la depressione. Così, alle cinque e mezzo del pomeriggio, senza dire una parola si è alzata dal divanetto del commissariato di Merano dove un'agente femminile l'aveva fatta sdraiare in attesa di un nuovo interrogatorio, ha aperto la finestra e si è gettata dal secondo piano nel cortile interno della casermetta, lasciando nell'impotenza la poliziotta e il medico del pronto soccorso che era entrato in quel momento a visitarla. Ora Christine è in rianimazione all'ospedale Franz Tappeiner di Merano. Ma se la caverà, i conti con la sua coscienza sono solo rimandati. Christine, tre figli (il più piccolo, R., 10 mesi, ieri mattina era dalla zia) casalinga di madrelingua tedesca, sposata con Fiorenzo Delladio, 45 anni, impiegato all'azienda elettrica di Merano, non ha fatto fatica a confessare quel che aveva fatto. Di più: dopo aver ucciso il figlioletto, ieri mattina ha chiamato il 118: «Presto venite, ho ammazzato mio figlio». E poi una seconda volta: «Mi raccomando mandate anche un'ambulanza». L'hanno trovata ancora in cucina, i vestiti sporchi di sangue, lo sguardo perso nel vuoto, ancora vicino al suo piccolo riverso sul pavimento tra il lavello e il tavolo. D. era in un angolo che non riusciva nemmeno più a piangere. Più tardi, davanti alla psicologa che lo ha fatto parlare, ha rivissuto quella scena tremenda. Ma ci vorrà tempo prima che il bimbo possa tornare a raccontare che cosa è successo ieri mattina nell'abitazione della famiglia Delladio. E del resto, come sempre accade in questi casi, una spiegazione vera non c'è e forse mai ci sarà. Un «raptus», si dice. Ma non vuol dire nulla. Perché nelle litanie dei vicini e dei conoscenti, Christine Rainer era una donna come tante, una madre felice in un posto felice, con tanto verde nei giardinetti sotto casa, le montagne del Tirolo tutt'intorno. Tanti buongiorno e buonasera, in realtà, ma non molto di più. Invece tra le pareti del suo appartamento - due camere da letto, una sala, bagno e cucina -, Christine, alta, magra, bión- da, covava la sofferenza. Da ^nr^uTerenffi^ ^SSSdeffa^^.^: deir^r^^a"^ legatissima e che lei stessa aveva trovato riversa nella sua abitazione mentre portava già in grembo il suo ultimogenito. Da quel giorno la vita di Christine, era cambiata. Al lutto e al dolore per la perdita della madre era subentrata la gioia per la nasci- ta del terzo fighe. Ma era durata poco: piano piano Chri- stine aveva iniziato a chiuder- si in sé stessa, a dormire poco, oppure troppo, anche se la vita in casa, apparentemente, era continuata uguale a prima. Sembra che la depressione si fosse manifestata vdtimamente anche con episodi di schizofre- nia che però, così avrebbe rac- contato ieri il marito ai poliziot- ti, non erano mai sfociati in episodi di violenza verso i figli o di autolesionismo. Ma certo Christine era un soggetto a rischio elevato e ora toccherà ai suoi medici curanti spiegare come sia stato possibile non cogliere dai suoi comportamenti sem- pre più bui, la scintilla suici- da-omicida che ieri l'ha porta- ta a sopprimere il figlioletto e a tentare di togliersi la vita. , , ^ ^ ™j^V™--—'^1'"''"'™ LtfKflUMdLUdl I IO La donna da un anno tM d II 1 LUI d ."^LH' '^ Uer rebb,IOr ie, I precedenti La madre che uccide il figlio: un dramma che si ripete sempre dì più. 29 giugno 1995: una nobìldonna fiorentina uccide il figlio di cinque anni nella casa di famiglia tagliandogli la gola. Poi tenta il suicìdio. 29 aprile 1997: a Foggia, una donna di 35 anni strangola i due figli di 5 e 8 anni e si impicca. 11 agosto 2000: a Castel del Sasso (Caserta) una maestra di 36 anni in crisi depressiva, si uccìde con le tre figlie. 30 gennaio 2002: a Cogne viene ucciso Samuele Lorenzi. Del delitto è accusata la madre, Annamaria Franzoni, condannata in primo grado a 30 anni. 24 giugno 2002: una donna dì 31 anni, residente a Montjovet, uccìde i figlioletti di 4 anni e di 21 giorni, annegandoli in un laghetto nei pressi di Aosta. 7 luglio 2004: a Vieste (Foggia) Giuseppina Dì Bitonto, 33 anni, casalinga, uccìde ì suoi due figli soffocandoli. 18 maggio 2005: a Casatenovo (Lecco), Maria Patrìzio, 29 anni, uccide il figlio di 5 anni mentre gli fa il bagno. 2 luglio 2005: a Roasìo (Vercelli), muore Matilda, 22 mesi. Per la vicenda è indagata la madre Elena Romani. 1 'WVW'I^ I marito di Christine Rainer, la donna che ha ucciso il figlio di quattro anni a Merano