Yulia ritorna a casa La rivoluzione è finita di Francesca Sforza

Yulia ritorna a casa La rivoluzione è finita UCRAINA IL PRESIDENTE YUSCHENKO LICENZIA LA PREMIER TIMOSHENKO, L'EROINA DELLE BARRICATE Yulia ritorna a casa La rivoluzione è finita Kiev, la svolta arancione affonda tra i sospetti di corruzione Francesca Sforza cotrispondente da MOSCA Stretta in un tubino di seta nero, la giacca buttata di fretta sulle spalle, Yulia Timoshenko ha lascialo il palazzo del governo di Kiev sfuggendo ai fotografi come un'attrice di Hollywood. Il presidente Viktor Yuschenko l'ha licenziata, insieme a lutto il suo gabinetto: (Avevano smesso di lavorare, si occupavano soltanto di fare propaganda a se stessi e della spartizione di fette di potere», ha dichiaralo in una conferenza slampa. Neanche nove mesi, e i leader della rivoluzione arancione - che insieme avevano cantato l'inno nazionale sotto la pioggia battente, sventolando gagliardetti e promettendo al popolo ucraino un futuro migliore - sono saltali come birilli uno dopo l'altro. Prima si è dimesso il vicepremier Nikolaj Tomenko, poi il segretario del Consiglio Nazionale di Sicurezza Petro Poroshenko, poi ancora l'assistente del presidente Tretiakov, il capo dei servizi segreti, il ministro per le risorse Statali, fino allo scioglimento da parte di Yuschenko dell'intero governo, premier compresa. L'ideologia, le visioni, la creazione di nuovi assi geopolitici non c'entrano niente. Il primo governo arancione si è chiuso sotto il peso delle stesse accuse che avevano portato alla fine della presidenza Kuchma: corruzione, abuso di potere, perseguimento di interessi personah, mancanza di trasparenza in importanti operazioni economiche e finanziarie. I primi scricchiolii della coalizione hanno cominciato a farsi sentire la scorsa settimana, quando sia il premier che il presidente avevano cancellato la visita dal presidente polacco Aleksandr Kwasniewski il mighore alleato di Kiev nella recente politica congiunta anti-Mosca - perché trattenuti da «ragioni di politica interna». Si era dimesso tra le polemiche il segretario di Stato e capo dello staff presidenziale Oleksandr Zincenko, non senza prima aver puntato il dito contro i colonnelli della rivoluzione Poroshenko e Tretiakov; «Usano l'autorità per i propri scopi, vogliono concentrare il potere nelle loro mani e se non si blocca questo processo allora sarà controrivoluzione», aveva annunciato. «La crisi non esiste, non credete alle voci diffuse dalla stampa», dichiarava in perfetto stile sovietico la portavoce del presidente Yuschenko alla vigilia dello sfa¬ scio. Ma dopo una notte trascorsa al telefono nella speranza di ricucire le divisioni, il leader ucraino ieri mattina ha dovuto trarre le conclusioni dei suoi primi nove mesi di presidenza: «Così non si può andare avanti - ha detto Ognuno pensa a se stesso, manca lo spirito di squadra». La pronta nomina del nuovo premier, l'ex viceministro del governo Kuchma Yuri Yekhanurov, è servita a lanciare al Paese un messaggio rassicurante: «Yuschenko ha bisogno di consolidare la sua posizione - ha commentato Gleb Pavlosky, analista della Politics Foundation di Mosca - e l'unico modo che aveva per evitare lo sbando completo della sua leadership era procedere immediatamente a nuove nomine, per incolori che siano». Le tensioni tra Yuschenko e la Timoshenko si erano fatte sempre più frequenti: lei chiedeva maggiori margini di manovra - in vista della candidatura alle parlamentari della prossima primavera - lui la rimproverava di eccessivo protagonismo. La Timoshenko avrebbe voluto riaprire tutti i dossier sulle privatizzazioni dell'epoca Kuchma, imporre calmieri nelle fasi di maggiore rincaro del petrolio, evitare la liberalizzazione del settore energetico. L'economia ucraina ha reagito con una chiara frenata degli investimenti e dei consumi, imponendo a Yuschenko politiche meno ostili alla zona filorussa del Paese, decisamente più industrializzata. Inoltre non si può dire che i primi mesi di governo siano trascorsi per Yulia all'insegna dell'understatement: prima le dichiarazioni sull'edizione polacca di Playboy - «Il sogno di ogni vera donna non può che essere quello di apparire sulla vostra copertina» - poi le chiacchiere intomo a una sua presunta love story con il presidente georgiano Mikhail Saakashvili, che ha addirittura spinto un regista-deputato della Duma russa a girare un pomo sui due leader. Infine - dal gossip alla politica industriale - lo scontro con Poroshenko sul controllo dello stabilimento metallurgico Nikopol, che ha visto l'intraprendente Julia imporre il 51 per cento delle azioni a un gruppo minoritario, facendo fuori dall'affare gli oligarchi russi sostenuti da Poroshenko. L'uscita di scena della pasionaria della rivoluzione arancione è stata accolta dal Cremlino con un sospiro di sollievo; da Berlino, il presidente Putin si è affrettato a chiamare Viktor Yuschenko per dargli tutto il suo appoggio «in un momento così dehcato», e si è persino lasciato andare a motti di spirito citando una filastrocca russa che recita più o meno: «Erano in tanti a voler giocare, ma chi per un motivo, chi per un altro, se ne sono andati tutti». Il capo di Stato è furente con i suoi collaboratori «Non lavorano più si fanno solo pubblicità e si spartiscono il potere» ll presidente ucraino ViktorVuschenko Yulia Timoshenko il giorno - felice - della nomina a primo ministro

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