Quelle amicizie pericolose all'ombra della moschea di Massimo Numa

Quelle amicizie pericolose all'ombra della moschea LE CARTE IL DOSSIER DELLA DIGOS ALLA BASE DEL DECRETO DEL VIMINALE Quelle amicizie pericolose all'ombra della moschea Massimo Numa TORINO Quando nelle moschee di Porta Palazzo, a fine aprile 2003, la cellula islamica iniziò la raccolta di soldi a favore delle «vedove dei kamikaze marocchini» che si fecero saltare a Casablanca un mese dopo, provocando decine di vittime, il fascicolo sull'imam Bouriqi Bouchta era già spesso. Ma, per i funzionari della Digos, quello fu il punto di non ritorno. Bisognava agire, fare qualcosa. Era necessario ripercorrere le tappe di una storia, quella dell'imam di via Cottolengo, strettamente legata alla formazione e all'addestramento di jihadisti, destinati ad arruolarsi nei vari teatri di guerra o a rimanere «in sonno» in Italia. In attesa di che? L'esperienza del 7 luglio a Londra - l'Intelligence britannica constatò che il capo della cellula terrorista era un mite insegnante di Leeds con passaporto britannico, praticamente sconosciuto agli inquirenti dimostra che l'unica arma vera contro questa nuova generazione di terroristi è la prevenzione. I predicatori di odio, spiegano gli analisti della Digos, si concentravano nelle moschee di via Baretti e via Cottolengo. Quella dell'imam Bouriqi Bouchta era la più attiva. Nelle intercettazioni, i predicatori si vantano dei «loro uomini in moschea». Scrivono gli investigatori: «... Il noto Bouriqi Bouchta, in data 16 gennaio 2000, si è reso promotore di una riunione presso la moschea di Torino, in via Cottolengo 2, a cui hanno partecipato alcuni esponenti del mondo islamico milanese, per la raccolta di fondi, nonché per il reclutamento di volontari da inviare in Cecenia, per sostenere la lotta all'indipendenza di quel popolo». La nota prosegue: «... Già in data 16 novembre 1992, presso la sua abitazione di via Orvieto 28 (di Bouchta, ndr), veniva segnalata la presenza di Abou Khalid, addetto all'addestramento dei guerriglieri musulmani della BosniaErzegovina». La figura di Abou Khalid mette i brividi, se si considera quanto poi è accaduto in Occidente. Khalid è un «esperto di esplosivi, a conoscenza dei depositi militari clandestini», in stretto contatto con i capi della Rete che prevengono dai campi di batta¬ glia afghani. A Torino si siste- ma per qualche mese il tunisi- no, altro reduce della Bosnia, Faycal, estremista già indagato a Milano, è in contatto con il capo cellula torinese, Noured- dine Lamor. Abita ad Azzate, nel Varesino. Nella sala d: via Cottolengo svolge un ruolo so- spetto, si dedica in particolare «al finanziamento e alla raccol- ta di fondi per la Cecenia, la Bosnia e la Palestina». Irappor- ti tra Bouchta ed Hamas^i cui artificieri hanno inventato l'esplosivo poi utilizzato a Lon- dra il 7 luglio, sono così saldi che l'imam, primo in Italia, propone «il boicottaggio dei prodotti di Israele». Ancora intercettazioni. Un aspirante mujaheddin si dice pronto percombattere in Cecenia. «Io vole- vo andare direttamente, io vo- levo uccidere, la morte o ilsuicidio. Io muoio e muoionocon me i non credenti, questo èciò che volevo». Le moschee di Porta Palaz-zo, negli Anni 90, ospitanovolentieri Mohamed EbidAbelm, detto Abou Falah. E'uno dei «predicatori d'odio»,segnalato sia dall'MIS britanni-co che dalle autorità Usa. AbouFalah è un fanatico della Jihad, appoggiato non solo da Bou- cf^a ma anche da altri imam di Torino. Nato il 12 agosto 1961 a sharkia (Egitto), abitava in una casa in via ci8na 58- I servizi egiziani avevano invia- t0 un raPPorto a^a Dig08. in cullo accusavano esplicitamen- te di «essere coinvolto nell'atti- vita deigruppi eversivi locali»; Abou Falah, avvisato da qual- cuno, riuscì a fuggire da Torino e ^u arrestato tre mesi dopo in Argentina. Infine fu estradato in Egitto. Bouchta e altri imam chiesero ai fedeli di pregare per il «cattivo maestro», già cacciato dagli islamici di Firenze per le sue predicazioni contro Israele. Abou Falah definiva «martiri» i kamikaze. Da Firenze a Milano, in viale Jenner 50, altro santuario dell'integralismo filo terrorista. Come Abou Khalid, Abou Falah ha combattuto in Bosnia. Bouchta tesse rapporti e trame in tutta Europa. Dunque Faycal (identificato dalla Digos nella sua moschea), Abou Falah e infine un terzo individuo. Forse il più pericoloso, Anwar Shaban El Sayed, altro frequentatore dei centri radicali torinesi. Scrivevano gli analisti della Digos: «Nel 1995 egli (Sayed) si sarebbe recato in Croazia, con il cittadino canadese Mohamed Saad Darwish Shadall, elemento di spicco dell'organizzazione Jamaa Al Islamiya, con lo scopo di reclutare persone in grado di preparare ordigni esplosivi dotati di telecomando. Tornato a Torino, aveva il sostegno dell'imam Bouriqi Bouchta che si era anche prestato a fargli da garante nella stipula del contratto d'alloggio di via Cigna n. 58». —-.v - -^--~ ^"JlQ II l [JdbbdLU ncnitA crvaccn UbpiLU bptibbU nplb ^i ia ahÌt37Ìnnp ' 't-"d ■)L'" dUlld^lUl le Ahhi l Ifhalirì MUUU IM IdilU aiddetàriàtìrc* r""^...'.^.™.™ Jpj ni |prrinlipri Ucl yutrl I lyiltjl I rvii ici ilr^anrrÌQÌIo Rr\cnia\\ nlUbUimdril UGlld DObllld» Il predicatore Abou Falah segnalato dai servizi britannico e americano aveva molti appoggi sotto la Mole T ssg i I illtSifis j i •HouiwMin»! « "•,-■••"•- inc«a»fort«. I H U»ni.- «vwi«««^CT^^^'*^S?'" ^ I M \ ^rf;«.ymcW^^ì',M"^^;,i.«ll,,Mn™i:.»s.K. 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