Lo spreco dei cervelli vale 8 miliardi di euro

Lo spreco dei cervelli vale 8 miliardi di euro | VIAGGIO NELLA CRISI DELLA RICERCA Lo spreco dei cervelli vale 8 miliardi di euro E' LA CIFRA PERSA OGNI ANNO DALL'ITALIA PER LA FUGA DEI NOSTRI LAUREATI IL CASO DEL LABORATÒRIO DIRETTO DA MERLETTI AL POLITECNICO DI TORINO Lara Reale SECONDO alcune rilevazioni sarebbero addirittura 12 mba all'anno gli italiani che emigrano ab'estero con una laurea in tasca nella speranza di fare carriera. Una cifra impressionante, se si considera che ciascuno di loro ha abe spalle almeno dieci anni di vita accademica, tra laurea e dottorato di ricerca, ed è costato allo Stato ebrea 700 mila euro. Fatti i debiti calcob, la spesa annua per i "cervelb in fuga" si aggira sugli 8 miliardi di euro: 16 mba miliardi di vecchie lire letteralmente regalati ai Paesi di destinazione (per lo più gli Usa). Nel 2004 lo studio comunitario "Brain drain" ha rivelato che le nostre menti migbori vanno all'estero "soprattutto per avere più Opportunità di lavoro e carriera" (78 per cento dei casi). Nel nostro Paese, d'altronde, i posti disponibbi da "professore associato" sono 1.600 l'anno, a fronte di seimila dottori di ricerca "nuovi" e 40 nula "precari": in pratica un posto ogni 50 candidati. La scarsità deb offerta d'impiego è aggravata dal criterio di attribuzione dei posti: i candidati spesso vincono non per meriti scientìfici, ma per motivi diversi, anche rispetto all'ormai "scontato" nepotismo. Chi, ad esempio, trascorre gli anni di dottorato aiutando U docente a preparare esercitazioni e materiale didattico, scrivendo relazioni e compiendo ricerche a nome del tutor, ha maggiori possibilità rispetto a chi, nello stesso periodo, va all'estero a formarsi nei migbori centri di ricerca e pubblica sulle più prestigiose riviste intemazionab: chi, insomma, non ha una storia di "servizio" ha estrema difficoltà a vincere un concorso universitario. Non stupisce, dunque, che siano sempre meno i giovani disposti a mandare avanti i programmi di ricerca. «Il deterrente principale - spiega Roberto Merletti, che per il Politecnico di Torino ha contattato invano decine di neolaureati - non è lo stipendio di 1.200 euro al mese, ma la prospettiva di fare i precari per 6-10 anni, senza possibibtà di successivo inquadramento». In realtà, anche all'estero i contratti di ricerca "post-doc" durano solo 4 anni, ma per chi dimostra di valere segue un periodo di "tenure track" (avvio aU'immissione in ruolo) che assicura la futura assunzione a tempo indeterminato: una soluzione che purtroppo in Itaba non è stata presa in considerazione nemmeno dalla recente "riforma Moratti". Nel Laboratorio di ingegneria del sistema neuromuscolare e della riabbitazione motoria diretto da Merletti (www.bsin. poUto.it) lo scorso anno lavoravano 17 persone: oggi sono 8.1 migbori sono andati ab'estero. «Da quando è nato il Laboratorio, nel 1997, non c'è stato un solo inquadramento a tempo indeterminato, nonostante gb ottimi risultati: i miei ragazzi sono tra i più produttivi d'Europa, con una media di 20 pubbbcazioni ab'anno su riviste internazionab - dice Merletti. - Chi accetta di venire al LISiN lo fa solo perché sa di conseguire una formazione d'eccellenza che potrà spendere fuori dall' Itaba». Le conseguenze per il sistema sono enormi. I fondi per gb studi sperimentaU (almeno quelb intemazionab) vanno ai ricercatori migbori: cacciare i secondi significa rinunciare ai primi e al diritto di lamentarne la perdita. Esemplare è la vicenda di Dario Farina, giovane ricercatore del LISiN che, pur avendo al proprio attivo una trentina di pubblicazioni, lo scorso anno è stato battuto a un concorso pubblico da un concorrente meno titolato. Farina è stato subito assunto come docente all'Università di Aalborg in Danimarca, mentre il Pobtecnico di Torino ha perso il finanziamento privato stanziato per le sue ricerche «essendo venute a mancare le condizioni di collaborazione scientifica su cui si basava il contratto». Come è già accaduto per altri casi clamorosi, l'episodio di Farina ha suscitato le proteste della comuniu scientifica internazionale, ma senza effetto. «Paradossalmente - dice Roberto Battiston, professore di Fisi¬ ca generale allUniversità di Perugia, in una delle lettere di protesta - è andata megbo così: il nostro perdente avrebbe rischiato di rimboccarsi le maniche in una università che mescola eccellenza e mediocrità, dedizione a menefreghismo, nepotismo a merito». Sarebbe stato l'ennesimo "cervello in gabbia", che lotta senza successo per dare corpo alle proprie idee, sprecando le sue potenzialità. Tutto ciò è tanto più grave se si considera che nei Paesi avanzati l'aumento del "capitale umano" è responsabbe di un'importante fetta deba crescita economica. Decenni di studi dimostrano che i Paesi con maggiore istruzione pro-capite hanno anche più reddito pro-capite. Se, dunque, i laureati italiani vanno in centri di ricerca esteri, senza che i colleghi stranieri ricambino la cortesia (i ricercatori "importati" da altre nazioni sono appena 11,8 per cento del totale), il Paese perde "capitale umano" e il prodotto pro-capite diminuisce. Un dato di fatto che i nostri governanti hanno purtroppo preso in considerazione "solo recentemente", come si legge nel Programma nazionale per la ricerca 2005-2007. «In Italia - dice il rapporto - lo scarso apprezzamento della rilevanza del settore "ricerca e sviluppo" per il futuro del Paese è documentato da dieci anni di caduta continua degb investimenti nel settore, passati daU'1,3 per cento del Pb nel 1990 ab'1,07 nel 2001, unico caso tra i Paesi industriabzzati". Per la verità, qualche tentativo di correggere la rotta è stato c'è stato (il ddl sul "rientro dei cervelli" promulgato dalla Pubblica Istruzione il 10 febbraio 2005), ma con scarsi risultati. Per riparare davvero il danno dovremmo iniziare a trasferire nella ricerca scientifica i criteri di meritocrazia che applichiamo con tanta maestria a settori molto meno strategici, e tenere in squadra ì "giocatori" migliori anziché regalarli agb avversari.

Persone citate: Dario Farina, Farina, Moratti, Roberto Battiston, Roberto Merletti

Luoghi citati: Danimarca, Europa, Italia, Perugia, Torino, Usa