Thayaht, il futurista che inventò la tuta

Thayaht, il futurista che inventò la tuta Thayaht, il futurista che inventò la tuta Marco Vallerà c HISSÀ, forseafarela sua fortuna, ma anche a disfarla, fu la creazione quasi mitologica della tuta, che oggi molti portano, senza nemmeno conoscere il suo nome. Che era volutamente esotico, esoterico - qualcuno ritiene che avesse una radice ermetica, egizia, altri pensano al Tibet, che così ben conosceva 0 suo amico Fosco Maraini. Thayaht, che era volutamente un rispecchiato «bustrofedo», cioè un nome-sigla, che si poteva leggere da destra a sinistra e viceversa, con nel cuore (allusione alla croce latina e all'alchimia bifronte) la «y» del geroglifico nefer, che vuole alludere a vita, bellezza, virtù. E con quei sandali ascetici, che facevano concorrenza all'altro santone coevo, Lanza del Vasto, i pigiami di spiaggia, e le anse adenoidee delle lunghe mani alla Cocteau, e le carnagioni salsoiodiche, da fotografia di Platts, Thayaht pare davvero un'androgina Nefertari déco. Forse la sua sfortuna, fu quella d'esser ricordato soltanto per l'invenzione, rapida e precoce della tuta, a cui diede il nome fortunato e che iniziò il destino del prét-à-porter, anzi del fai-date: con poche lire, cartamodèllo acquistabile sul giornale vernacolare della sua Firenze papiniana. Probabilmente in anticipo sulle analoghe sperimentazioni, più organiche, del Bauhaus misteriosofico di Itten e Moholy-Nagy, o degli esercizi teatrali dei costruttivisti russi, Popova e Stapanova in carica, con Malevic che indossava, à reclame, le democratiche tute di lavoro, tagliate in un pezzo, e regie rivoluzionarie di Meyerchol'd. Tuta molto lontana, comunque, dal Vestito Antineutra^ di Balla, che invece era una scultura di tessuto colorato, che cozzava col mondo e lo scuoteva; esaltando l'energia cinetica e l'originalità cromatica. Stranamente Thayaht, che rimarrà un esteta conservatore ed uno stilista dei più sofisticati, rastremato secondo gusto déco, ma mai sobrio, nudo, essenziale, avverte giovanissimo questo richiamo all' economia democratica: economia di tempo, tessuto, forma, drappeggio. E quasi contemporaneamente si lega d'amicizia, e di vantaggiosi contratti economici, con l'eccentrica maga francese del drappeggio su manichino snodato, quella Madame Vionnet, che farà concorrenza a Coco e alla SchiappareUi. Per lei inventa modelli, tessuti, ((tubini e calzerilli» e soprattutto il folgorante marchio della Maison. La bella mostra curata da Daniela Fonti è interessante perché ci mostra la polimorfa natura di questo (Igiovane elegantissimo, di famiglia ricca, cresciuto con le premure e le istruzioni plurilingue delle governanti di casa e per di più viaggiatore, con lunghi soggiorni parigini e statunitensi, donde l'aria dell'uomo miracolato dal riscatto di ogni provincialismo» (parola di Fortunato Bellonzi, che lo conobbe bene: «lo credetti molto più esotico che non dovesse essere un fiorentino, benché di padre banchiere svizzero e madre statunitense»). Non ha nulla di futurista, all'inizio, Ernest Henry Michahelles, nella Firenze palazzeschiana e berensoniana. Di fatti Mary Berenson gli consiglia un maestro americano di schemi decorativi universali, Arthur Wesley Dow, una specie di Kirkmayer-Troletti, di Atlante Bestetti yankee. E le prime, divertenti vedute decadenti-fiorentine di Thayaht sono impensabilmente al tratto ritagliato. Come se conoscesse le architetture cristalline di Bruno Taut (ma certo era al corrente dell'antroposofia di Steiner e dei suoi disegni energico-cosmici, del Gotheanum) il Nostro è più vicino all'astrattismo psico-medianico di Ginna e Corra, di Rosa Rosa e forse dell'unico dadaista nostrano, Julius Evola, che non alle Compenetrazioni Inidescenti di Balla. Perché il suo energismo è più centripeto, che non boccioniano. Trasformando il suo precoce illustrazionismo alla Rubino, daSports et divertissements déco in stile Satie, in un gorgo visionario e quasi spiritico, ben documentato dal suo tavolo per sedute spiritiche. Perché egli si occupò anche di arredi ed addirittura sperimentò una lega tutta sua, modesta, che chiamò taiattite. Senza dubbio, l'altra sua attività più rilevante fu quella della scultura anamorfica ((di più importante scultore futurista dopo Boccioni», assicura Tullio Crah nel catalogo Skira). Memore indubbiamente di Pevsner e di Brancusi, con qualcosa di Mino Rosso, e del Rambelli del Monumento a Baracca di Lugo, Thayaht sperimentò forme sfuggenti e moderni, col suo Violinista «spiralfiore» e la sua JVifee ritaghata: «Vittoria certo mitraghata dall'alto» come assicurò Marinetti, grande sponsor di quell'altra sua opera scomoda e nota, il volto essenziale, girevole del Dux, che scrisse sotto, di suo pugno: «Questo è Benito Mussolini come piace a Mussolini». Al Mart di Rovereto bozzetti, abiti, quadri e sculture ripropongono la polimorfa natura di questo esteta conservatore, che fu stilista dei più sofisticati Modello di bituta di Thayaht modello di bituta CIO E. UNA TUTA DI DUC ^CZXl ■: ■'■■■■. ■:j.-.':v.;-V;,;^ Thayaht. Futurista irregolare. Rovereto/Wa/t. Dal martedì alla domenica, ore 10-18, venerdì sino alle 21. Fino alf 11 settembre

Luoghi citati: Firenze, Lugo, Rovereto, Tibet