Argentina, la sfida selva dei «piqueteros» di Emiliano Guanella

Argentina, la sfida selva dei «piqueteros» OCCUPAZIONI BLOCCHI STRADALI, PICCHETTI ALLE STAZIONI E ALLA METROPOLITANA Argentina, la sfida selva dei «piqueteros» A due mesi dal voto legislativo non passa giorno senza le proteste dei disoccupati Emiliano Guanella BUENOS AIRES Una distesa di tende accampate nella storica Piazza di Maggio, blocchi del traffico che si ripetono sui punti d'accesso che separano Buenos Aires dalla sua immensa periferia, occupazioni proletarie delle biglietterie delle stazioni di treni e metropohtane per permettere a tutti di viaggiare gratis. I piqueteros sono arrivati addirittura alle porte della Sociedad Rural, dove si riunisce la crema dell'aristocrazia terriera argentina. L'agitazione dei gruppi di disoccupati organizzati sorti cinque anni fa con l'esplosione della crisi economica tiene in apprensione 0 governo del presidente Nesto.r Kirchner a meno di due mesi dalle elezioni legislative del 23 ottobre. Non c'è giorno che passi senza una nuova protesta organizzata da un universo di sigle che porta in strada le inquietudini di quella parte di Paese ancora drammaticamente escluso dalla timida ripresa economica. Nell'ultimo corteo, sabato scorso, diecimila manifestanti sono stati controllati a vista da un mighaio di agenti con un blocco quasi totale del traffico nel centro di Buenos Aires per due ore filate. Sostengono di rappresentare la punta dell'iceberg di un essrcito di 15 milioni di persone che vivono sotto la soglia della povertà, fissata drasticamente in appena 750 pesos, poco più di duecento euro al mese, per una famigha di quattro persone. Sette milioni di persone, poi; sprofondano sotto la linea dell'indigenza, non riescono cioè a soddisfare le esigenze alimentari di base. «Polo Obrero», «Corrente Classista e Combattiva», «Movimiento Temtorial de Liberacion» sono le sigle che riecheggiano nelle manifestazioni. Rimandfano, ma solo vagamente, alla lotta di classe. NeUa pratica un solo obbiettivo comune, l'aumento dell'importo dei piani di assistenza sociale con i quali il governo riesce, con sempre maggiori difficoltà, a contenere la protesta sociale. Si tratta di un milione e mezzo di assegni da 150 pesos staccati ogni mese: una pratica inaugurata nel 2002 dall'allora presidente Eduardo Duhalde che prese in mano un Paese collassato e sul! orlo del caos politico-istituzionale. I sussidi vengono in parte finanziati con fondi speciah concessi dagh organismi di credito intemazionale come il Bid o la Banca Mondiale. Sono un palliativo alla crisi, ma anche uno straordinario veicolo di clientelismo politico nelle periferie urbane dove il partito peronista appare oggi egemonico. Ogni assegno equivale infatti a tre, quattro voti sicuri garantiti dal sistema dei punteros, i caporioni che controllano i quartieri popolari. Il presidente Kirchner assicura che presto saranno sostituiti da posti di lavoro autentici. Nel frattempo, però, continua a usarh per non perdere voti e appoggio popolare. Il suo ministro dell'Economia Roberto Lavagna, che gode oggi di un buon seguito per la chiusura positiva dell'operazione di concambio dei titoh del debito estero in default, non li ama e ha più volte avvisato l'insostenibilità a lungo termine dell'idea dello Stato benefattore. «1 problemi sociali - ha ricordato di recente - non si risolvono con l'assistenzialismo ma con pohtiche occupazionali a tutti gh effetti. Chi reclama in piazza non conosce le regole di base dell'economia e pensa di poter ottenere tutto attraverso la protesta». I piqueteros, dal canto loro, non mollano il colpo e promettono di intensificare le agitazioni nelle prossime settimane. Il momento, visto l'imminenza delle elezioni, è quello giusto. Nell'ultimo sit-in di fronte alla Casa Rosada si sono organizzati con cucine all'aria aperta, grosse tende adibite come mense, brande e materassi tirati per terra. «Non siamo qui per far cadere un governo - confessa Maria, studentessa di 23 anni che viene da Mataderos, uno dei quartieri più popolari della città -. A nessuno piace vivere dei sussidi ma in assenza di lavoro non abbiamo alternative. Le fabbriche non assumono, l'inflazione aumenta e noi non sappiamo come tirare avanti». L'occupazione simbohca è durata tre giorni, quanto basta per far infuriare l'opposizione di centrodestra che accusa Kirchner di essere inconcludente e eccessivamente permissivo. Tra i più agguerriti c'è Mauricìo Macri, rampollo di una famiglia di imprenditori italo-argentini, presidente della squadra di calcio del Roca Juniors e ora candidato come deputato con la formazione ((Propuesta Repubblicana». «La legge - ha detto Macri senza mezzi termini - proibisce espressamente l'occupazione di suolo pubbhco e i blocchi stradali. Basta applicarla e metterli tutti in galera». Uno dei punti nevralgici delle proteste di questi giorni è il Ponte Puyerredon, il principale punto d'accesso dalla periferia meridionale al centro di Buenos Aires. In un giorno normale vi transitano duecentomila veicoli per un totale di mezzo milione di persone. È un luogo simbolico per i piqueteros perché fu il teatro dell'omicidio di due manifestanti, Maximiliano Kosteki e Dario Santillan, freddati a sangue freddo dalla polizia nel maggio 2002. La repressione delle forze dell'ordine, testimoniata inequivocabilmente dalle sequenze televisive, causò un caso politico che obbligò Eduardo Duhalde a stendere le basi dell'accordo che avrebbe poi portato lo stesso Kirchner alla presidenza. Oggi i due pesi massimo del peronismo sono in guerra attraverso le ricettive consorti, «Chiche» e Cristina Femandez, candidate con due liste opposte per un posto da senatrice nella provincia eh Buenos Aires. Un duello senza esclusione di colpi, con l'attuale prima Dama che accusa i coniugi Duhalde di essere «simili ai ritratti della saga del Padrino» e la pasionaria Chiche che giura che «a vedere come si comporta la coppia presidenziale Evita (Peron ndr) si rivolterebbe nella tomba». I piqueteros non sono semplici spettatori ma prendono parte alla sfida tirando, secondo il vento, da una parte o dall'altra. Forse anche per loro può valere l'ironica definizione che Jorge Luis Borges regalava al movimento ancora oggi protagonista della vita pohtica argentina. «I peronisti - diceva il Premio Nobel - non sono né buoni né cattivi. Sono inconeggibìli». il governo tenta di strumentalizzare il dissenso, la destra grida: «Sono fuorilegge Metteli tutti in galera» Una donna in terra durante l'ultima manifestazione del piqueteros

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