Da Cesare, il re dei capretti
Da Cesare, il re dei capretti S O STI E N E . C A R L IN c.petrini@slowfood.it Da Cesare, il re dei capretti Ad Albaretto Torre, in «paradiso» con il più grande genio della cucina langarola Cario Petrini CI sono persone che incamano appieno lo spirito del territorio in cui sono nate e cresciute, lo interpretano e sono capaci di metterne in luce i caratteri più profondi e genuini. Attraverso i gesti e le parole di questi suoi figli la terra prova ad esprimersi e parla di sé. Nella categoria rientrano personaggi del recente passato come Bartolo Mascarello, maestro indiscusso neh arte della vinificazione in quel di Barolo, e del presente come Romano Levi, il «grappaiolo angelico», cosi come ebbe a definirlo in modo magistrale Luigi Veronelli. Quando rifletto su chi altro, al pari di questi grandi, continua a dare respiro allo spirito di Langa più profondo e veritiero, il mio pensiero non può che correre a Cesare Giacone, cuoco straordi¬ nario in Albaretto Torre. Cesare è figlio d'arte. La mamma Maria, dopo un periodo trascorso a Roma, tornò in Langa negli Anni Trenta per aprire, assieme al marito Filippo, ^(Osteria dei Cacciatori». Cesare non ha avuto altra scuola se non quella di famiglia, ma il semplice insegnamento ricevuto in casa è riuscito a fame il più grande genio della cucina cui la terra di Langa abbia mai dato i natali. In tutta Europa fior di cuochi hanno raggiunto gh stessi livelli di. ! ^llenza solo dopo aver freq i ntato famosi maestri, scuole dì prestigio e ristoranti stellati. Il percorso non comune accresce il merito di quest'uomo tanto agile nel trasformare il cibo, un talento naturale capace di unire alla passione una geniale creatività. Dal 1970, Cesare lavora ad Albaretto e non è certo la prima occasione che ho di raccontare qualcosa di lui. Oggi tomo volen¬ tieri a parlarne perché, questa è la novità, il maestro è tornato a esercitare la sua nobile arte nella casa di famiglia, dove ha mosso i primi passi. Nel centro del paese, appena superata la chiesa, sulla destra si trova «Angolo .di Paradiso»: un nome nuovo per il vecchio ristorante (telefono 0173520141). Si entra dal cortile, dove una bella vista sulle colline dispone nel mighore dei modi l'avventore che sta per sedersi a tavola. L'ambiente richiama il calore delle osterie di una volta, la cucina è a vista e di fianco all'ingresso si osserva la carne che Cesare, per ore, lascia a cuocere sulla brace. In sala un'impeccabile signorina giapponese presenta i piatti.. Eccezionali: come la trota sahnonata, con cipolle rosse caramellate al Moscato, e l'insalata di ovuli, germogli di vite e scaghe di toma. Iporcini con il latte, accompagnati a bocconcini di pesca, sono uno degli esempi più raffinati della fantasia del padrone di casa. Il meglio, però, arriva con il capretto. Cesare dice che è solo questione di scegliere bene l'animale, a fare il resto penserà il calore del fuoco. Un eccesso di modestia, a parer mio. È il mighore che abbia mai mangiato, dimostrazione inequivocabile che è la mano esperta a fare la differenza. Quanto al . vino, si può sceghere di bere il Dolcetto deUa casa oppure di farsi guidare alla scoperta degli abbinamenti più indicati. Mi sono persuaso che Cesare abbia trovato la sua .dimensione, un ristorante con pochi tavoli e non più di tre stanze. Ho espresso a Cesare qualche perplessità sulla scelta di aver mutato l'antico nome. A una riflessione più approfondita, pensando alla vista che si gode dal terrazzo e al gusto di piatti impareggiabili, mi è però parso che «Angolo di paradiso» si addica più di ogni altro.
Persone citate: Bartolo Mascarello, Cesare Giacone, Luigi Veronelli, Petrini, Romano Levi
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