Perceval il lunatico, amico di tutti i pazzi di Sua Maestà

Perceval il lunatico, amico di tutti i pazzi di Sua Maestà Perceval il lunatico, amico di tutti i pazzi di Sua Maestà Augusto Romano JOHN Perceval era figlio di Spencer Perceval, ministro di Giorgio di Inghilterra, assassinato nel 1812 da un pazzo. Educato rigidamente nell'osservanza dei precetti religiosi, incline alla rimuginazione mentale e ai sensi di colpa, mai catturato dalla spensierata dissipazione, militò per qualche tempo nel reggimento delle Guardie Reali, che presto abbandonò per seguire la "chiamata divina". Questa si manifestò sotto forma di voci interiori che ;h comunicavano che presto 'ira di Dio si sarebbe abbattuta sul mondo e che era urgente che egh testimoniasse con parole ed atti la sua fede. Da quel momento i comportamenti dì Perceval diventano a dir poco eccentrici: non solo moltiphca digiuni, veglie e preghiere, ma comincia a predicare e a cantare salmi nelle circostanze meno adatte. Aderisce a una setta evangelica estrema, quella degli Irvingiti, e con loro si mette a parlare "lingue" sconosciute, il cui senso egh stesso non intende. Ispirato dallo Spirito Santo, «compresi - egli scrisse - che mi sarei mosso nel mondo come un angelo, guidato dal Signore, per annunciare la sua seconda venuta». Al tempo stesso però sente che nel suo corpo viene combattuta una grande battagha tra Satana e Gesù. E in realtà sempre in lui si alternano la voce divina e quella del Nemico, uno "spirito beffardo e blasfemo", che lo disorientano e lo inducono ad azioni contraddittorie. Considerato un "lunatico" (era questo il termine che designava i malati di mente), dal 1831 al 1834 fu internato in due case dì cura. Lungamente un flusso vertiginoso eh deliri e allucinazioni impressionanti lo occupò. Gli sembra di dover essere buttato in un enorme paiolo, sino a «cuocere e ribollire e affogare e soffocare per l'eternità»; trasforma gli infermieri in figure misteriose, cui attribuisce nomi di invenzione; sotto l'influsso delle voci aggredisce il personale della casa dì cura e altri ricoverati; spesso, pensando di essere al cospetto di Dio, si butta in avanti, cade e si fa male. Continua è la oscillazione tra esaltazione e angoscia colpevole; e davvero sembra che la follia di Perceval esemplifichi la tipica contesa tra Dio e il diavolo al letto del morente. SbaUottato tra l'uno e l'altro, durante la notte «giacevo esausto, spossato, tormentato, terrorizzato...». Miracolosamente, a partire da un certo momento, Perceval comincia a prendere distanza dalle voci, di cui coghe la contraddittorietà e il fatto che mai mantengono ciò che promettono. Guarisce, si sposa, ma soprattutto si dedica alla denuncia delle orribili condizioni di vita negli asili per i pazzi. Fonda la "Società degli amici dei presunti lunatici" («Mi considero il procuratore generale di tutti i pazzi di Sua Maestà») e pubblica due memoriali sulle sue esperienze. Gregory Bateson ne fu affascinato e negh Anni 60 del secolo scorso ne curò una nuova edizione, preceduta da un'ampia introduzione, ora tradotta in itahano a cura di Paolo Bertrando. Il testo di Perceval si raccomanda essenzialmente per tre motivi. Il primo, cui ho già accennato, è la descrizione intensa e vivace dei suoi deliri, che ci introduce in una sorta di universo parallelo, in un incubo angoscioso e grottesco. Il secondo è la potenza, che potremmo chiamare dickensiana, con cui Perceval descrive l'universo manicomiale, anticipando temi che saranno poi sviluppati nei libri di Foucault e nei testi della antipsichiatria e della psichiatria fenomenologica. Sostenuto da una indignazione e da un desiderio di rivalsa che alimentano un'oratoria appassionata e mai placata, Perceval offre un quadro infernale degh asili per lunàtici. Eccone, telegraficamente, qualche dettagho: promiscuità abituale, uso costante della camicia di forza e di altri mezzi di contenzione, percosse anche violente (a seguito di queste, Perceval dovè essere operato a un orecchio), docce gelate quotidiane anche in inverno, celle di punizione, diete biazarre, ingozzamento, salassi, purganti, clisteri... Ma soprattutto la totale assenza di rispetto e l'indifferenza dei me¬ dici («Il medico non è consapevole del fatto che noi proviamo sentimenti»): nessun incoraggiamento, nessuna apertura alla comprensione della sofferenza del malato e del suo significato. «Il sistema altro non era che una crudele irrisione del paziente». Viene qui adombrata la tesi secondo cui la "cura" alimenta la malattia, rendendo impossibile il suo superamento. Il terzo motivo di interesse consiste neUe numerose intuizioni che Perceval ha sulla natura della malattia mentale. Vi troviamo la teoria che la malattia dipende dalla rottura dell' equilibrio deUe forse contraddittorie che governano la mente umana («Dio è solo il Dio della sobrietà e della virtù? Non è forse anche il Dio dell'allegria, della gaiezza e della giovialità?»); ma soprattutto la scoperta del significato simbolico delle manifestazioni della foiba. Il passaggio dalla considerazione letterale a quella metaforica schiude la possibilità di una attribuzione di senso al discorso schizofrenico. Bateson, nella sua densa introduzione, riprendendo suggestioni junghiane, enuncia la tesi secondo cui la malattia mentale è paragonabile a un processo iniziatico di morte e rinascita, a un viaggio di scoperta dì sé che alla fine conduce il malato a rientrare nel mondo "normale" con un atteggiamento diverso. Se non ostacolato dalle cure e in genere dalla situazione ambientale, il processo è regolato da leggi inteme ed esita nella remissione spontanea. Tesi certo provocatoria, ma che ha il merito di sottrarre la malattia mentale alle anguste categorie della medicina per restituirla al mondo deUe possibilità vitah. Già Perceval aveva scritto che la foiba - che alberga "nel cuore di ogni uomo" - è anche emancipazione deUe facoltà dell'intelletto: «In questo modo si liberano doti naturah che prima erano state inibite». Per concludere con i versi dì Byron: «Duphce è la nostra vita: la fantasia ha il suo proprio mondo Z e un vasto reame dì sfrenata realtà...». Era figlio di un ministro di Giorgio di Inghilterra, fu internato per i suoi deliri, guarì e denunciò l'orrore dei manicomi: le sue memorie, studiate da Bateson, anticipano Foucault e l'antipsichiatria Gregory Bateson Gregory Bateson Perceval Un paziente narra la propria psicosi 1830-1832 a cura di Paolo Bertrando trad. di Antonella Gilli Bollati Boringhieri, pp. 381. « 56 SAGGIO

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