Cosmi

CosmiCosmi intervista • •» UDINE. Una notte per la storia, un giorno per scucirsela d'addosso. Non è semplice rientrare nella normalità quando si è saliti sul palcoscenico di un grande teatro dopo aver recitato nei saloni di provincia: i tifosi dopo i caroselli hanno riaperto le botteghe e gli uffici. Serse Cosmi in braghe corte e cappellino ha scaricato davanti a casa i divani e le poltrone dal camion dei traslochi venuto da Perugia. Ciascuno ha cercato il proprio modo di rimettere i piedi per terra. Non è stato facile. L'Udinese in Champions Leagueè un'emozione sebbene, peri più, sia un evento paragonabile alla Cucinotta che concorre per l'Oscar, astruso e pittoresco. «Che bello, ci sono anche loro?», tanto si torna subito a Juve, Milan e Inter. C'è poca voglia di scavare per scoprire se il posto naturale per una delle poche società di calcio sane in Italia non sia proprio tra le 32 migliori dell'Europa. Non ci si stupiva altrettanto quando vi finivano i club dei bancarottieri, dei truffatori, della malagente. La forza dell'abitudine. [m. ans.j Marco Ansaldo inviato a UDINE Cosmi, è stata solo un botta di fortuna o lei è un uomo che ha fiuto? «Non capisco a cosa si riferisce». Al fatto che tre mesi fa allenava il Genoa che adesso è condannato alle serie C per illecito sportivo mentre lei con l'Udinese farà la Champions League. Ha avuto fiuto nell'andarsene al momento giusto o fortuna? «Non è stato fiuto. Ero fuori dal Genoa prima che uscissero le prime voci su questo pasticcio». Strano divorzio per un allenatore che aveva appena ottenuto la promozione. «Non l'ho deciso io. Preziosi aveva già scelto un altro al posto mio ed era un suo diritto. C'erano i contratti firmati, mancavano le condizioni perché restassi. Ma questo successe prima che finisse il campionato». Bella fortuna, non le pare? «Ci sono rimasto male due volte. La prima, perché mi ero affezionato al Genoa e non avrei mai immaginato di andarmene dopo un solo anno: Ibo considerata una sconfitta. Poi si è aggiunto il dolore di veder sporcare dai sospetti il lavoro che avevo fatto». Sospetti che hanno la forma di valigette con i soldi e di intercettazioni telefoniche. Le sembra poco? «Per cultura ho un grande rispetto dei giudici ma io ci stavo in mezzo e credo più alle mie sensazioni che a due frasi dette per telefono». Lo ha spiegato ai magistrati? «Mi hanno ascoltato come persona informata dei fatti. Tra l'altro sono stato per due mesi con il telefono sotto controllo e non lo sapevo. Chissà quante biscberate hanno sentito». Il posto in Champions le restituisce il buon umore? «Se penso alla sofferenza dei tifosi del Genoa non posso essere felice. Chi non ba vissuto a Genova non può capirne la delusione e la rabbia: non dico che sia giusto che sfascino tutto ma in un'altra città avrebbero accettato la doppia retrocessione con imo spirito diverso, al Genoa non possono perché è una tifoseria differente da ogni altra, nessuno è attaccato alla squadra con la stessa morbosa rebgiosità. Chissà che tra qualche anno ci possa tornare». Comunque loro giocheranno contro il Pizzighettone e lei in Coppa contro chi? «Potrei dire Barcellona perché non ci sono mai stato. Ma non è il caso di pensare al turismo». Anche se nei pronostici l'Udinese appare un po' come una turista della Champions? «Emo a martedì sera dicevamo tra noi che l'importante era entrarci, quasi fosse una gitapremio. Adesso le dico una cosa molto diversa: noi voghamo superare il girone e giocheremo per riuscirci». Esiste il rischio di restare delusi? «Io non partirò con il peso che schiaccerà Capello, Ancelotti e Mancini. Loro sono quasi obbbgati a vincere: io sono soltanto incuriosito dal ruolo che potrà avere la mia squadra, se saremo pirati rompiscatole oppure qualcosa di più». In fondo, due anni fa arrivarono lontano semplici outsider come il Monaco di Deschamps e il Deportivo 1 La Cortina. «È vero ma avevano una esperienza radicata nella Coppa, come l'aveva il Porto che vinse e probabilmente non valeva quanto la Juve, il Beai Madrid o il Manchester. Noi partiamo con uno zaino piuttosto vuoto, da riempire di provviste strada facendo senza dimenticare il campionato: sa che mancano quattro giorni all'esordio con l'Empob e non abbiamo parlato una sola volta della serie A? L'entusiasmo può nuocerci: alla Juve o al Milan il problema è gestire le sconfitte, da noi le vittorie». C'è una partita che vorrebbe giocare in Europa? «Con il Liverpool, per entrare ad Anfield e commuovermi dal campo mentre cantano You'll never walk alone. Appartengo alla generazione cresciuta con il mito del grande Liverpool. Oggi invece si cresce affascinati dal Cbelsea, ed è tutta un'altra cosa». In che senso? «Che il Cbelsea è il simbolo del calcio costruito sul denaro di un miliardario, nel Liverpool c'era la poesia delle idee e c'è ancora, per come hanno vinto l'ultima Coppa con una squadra che non era la più forte e ricca. Sarebbe un sogno se un giorno mi chiamassero». E se la chiamasse Abramo- vich? «Mica sarei stupido da chiudergb la porta in faccia. Ma non succederà». In due parole qual è il significato dell'Udinese in Champions League? «Gbelo dico in cinque: uno spot perii calcio». Addirittura? «Questo è un momento in cui qualcuno dovrebbe riflettere, benché tema che se ne sia persa la voglia. Se il calcio enfatizza i tornei delle birre e dei telefonini molto più di una realtà come l'Udinese aUora accetti tutte le perversioni che portano a cosa è successo questa estate». Perché, voi siete l'immagine pulita e il resto non lo è? «Non esageriamo. L'Udinese è solo l'esempio di come dovrebbe funzionare normalmente il calcio: è ima società sana che non produce debiti ma profitti, un club che reggendosi con le proprie forze non sopravvive ma vive e anche bene. Qui si vende Pizarro all'Inter e si prende Oborlo nbe è un '84 con il maggior numero di presenze in serie A oppure Barreto che chiunque poteva acquistare ma è venuto qui e magari tra due anni andrà in un grande club che pagherà dieci volte tanto. La tristezza è che chiamiamo miracolo quello che dovrebbe essere naturale». Allora le indico un prodigio ancora più stupefacente: se fa giocare in Champions League il figlio di Gheddafi dopo averlo mandato in campo due anni fa a Perugia contro la Juve. «Abbia fede. Abbia fede». La grande rivincita «lo in Europa e il Genoa in C, soffro ancora per i suoi tifosi. Non avrei mai pensato di andarmene dopo un anno: in più c'è il dolore del mio lavoro sporcato dai sospetti» Udinese e Anfield «Mi incuriosisce i ruolo: pirati rompiscatole che vogliono superare girone e giocare a Liverpool. Lì resiste la poesia delle idee» Gestione illuminata «Non partirò con il peso che può schiacciare Capello Scaperò la gioia può nuocerci Alla Juve o al Milan il problema è gestire le sconfitte, qui le vittorie» Cosmi