Rolline Stones il bello delle r di Marinella Venegoni

Rolline Stones il bello delle r Rolline Stones il bello delle r Un magnifico, irresistibile concerto che appartiene al secolo scorso Marinella Venegoni inviata a BOSTON I Rolling Stones non ne possono più di sentir dire che le loro età sommate fanno 248 anni. E forse anche per questo, in un sussulto d'orgoglio, stanno giocando la carta più ambiziosa con un ed d'inediti, «A Bigger Bang», che esce in Europa il 5 settembre, nel quale tornano a suoni più semplici e sporchi, e rispolverano il blues che fii il loro primo amore quando nacquero nel 1963, 42 anni fa. Comunque la si giri, l'epopea del gruppo è onnai legata alla vetustà, all'anagrafe, alle rughe orgogliose che solcano i 4 volti da vecchi indiani del rock nelle immagini di questi giorni: con la faccia di Charlie ancora provata da una dura lotta (vinta) con il cancro, con le dita di Keith deformate dall'artrite. Però non si sono rifatti, a differenza dei divi di Hollywood Però esibiscono fisici adolescenziali, sono così magri da far invidia a un trentenne. Armati delle loro magrezze, delle rughe, delle artriti e di una storia mai sottovalutabile, gli Stones si offiono ora al popolo nel tour (A Bigger Bang» partito domenica sera dal Fenway Park, stadio del basebah di Boston, città daloro assai amata peri debutti perché qui è sempre fresco anche d'estate. Il tempo li ha fregati perché c'erano almeno 28 gradi, e Mick ha sudato non poco nella sua giacchetta d'argento con la quale ha aperto (su «Start Me Up», come sempre) la serata; i 36 mila fans arrivati da dovunque li hanno invece blanditi riempiendo ogni seggiola disponibile, con bighetti pagati anche 500 dollari; una pazza ventenne s'è ficcata seduta a ballare su un tubo d'acciaio, ed è precipitata rompendosi entrambe le anche. Scaletta sopraffina, di vecchi e vecchissimi hit. Rock e blues a manetta, come per ricollegare il nuovo e l'antico. Brani spesso simbolici nella loro storia come «Shattered» che racconta con la ruspante batteria di Watts (forse il migliore l'altra sera) l'amore/odio per New York; all'epoca in cui il brano uscì, nel '78, Richards rischiava la prigione a vita per le solite faccende di droga, ma se la cavò con un concerto per i ciechi; la cantarono al «Saturday Night live», e per la gioia delle telecamere Mick fece lingua in bocca con Ron Wood. Storie di un'altra vita. Ora i 4 ci danno dentro con dedizione artistica e fisica: avercene, di ultrasessantenni così. «Tumbling Dice» del '72 è un rockettone senza vergogna, come lo sculettare di Mick che si fa la prima corsetta nell'infinita passerella; «Rough Justice» è una delle nuove cose, e qui in mezzo sembra un po' antica e un po' alla White Stripes; ecco «Back Of My Hand», un'altra novità di bel blues vecchio come il mondo, e «Beast of Burden» dal citatissimo Ip «Some Girls» ; i fans cantano a memoria «She's so cold». Anni '80. Segue un omaggio a Ray Charles, con «Nighttime is the Right Time» in cui fa bella figura soprattutto la corista lisa Fisher. Ed ecco Keith, che canta, aiutato da un corista «The Worst», il peggiore, ma anche «Infamy», un bel blues inedito che gh è adatto perché serve più cuore che voce per cantarlo. Come da tradizione, ilpalco è impressionante. Al centro una larga pensilina sotto la quale stanno gli strumenti è sormontata da un enorme schermo ad alta definizione; ai lati due enormi torri argentee bombate ospitano i fortunati fans estratti a sorte che seguono affacciati. Le toni si accendono di colori nella notte, e la sorpresa è che dopo il breve set di Richards, mentre Mick canta «Miss You», un pezzo intero di palco (pensilina compresa) si stacca dal resto e avanza MickJagger lentamente su rotaie, fino al centro del campo da baseball. Questa non s'era mai vista. Ecco l'inedita «Oh no It's You Again», ma soprattutto s'innalza «Satisfaction» che proprio quest'anno compie 40 anni: Keith sembra riprendere vigore nel riff che è il suo capolavoro assoluto; con «Honky Tonk Woman» il palco ritorna al suo posto e da qui è tutto un risalire di eneigia musicale, nel clas- sico crescendo finale alla Stones che allinea il blues «Out of Controb, una sulfureissima «Sympathy for the Devih) in un tripudio di luci e fiuni e torri rosso/here, con tanto di fuochi d'artificio rossi, «Jumping Jack Flash), «Brown Sugai» (del 71!) assai «tirata». Due bis, «You Cant Always Get What You Want» e «It's Only Rock'n'roll», accendono ancora di fuochi d'artificio la platea. Certo, il concerto appartiene al secolo scorso, ne è una specie di documentario sonoro dal vivo. E forse il rock è morto, anche se non si può mai dire. Mick ha un'esuberanza fisica senza stanchezze; la voce tiene bene le due ore abbondanti di concerto, l'impianto fa i capricci quando parla. Keith è un po' discontinuo, ma piazza alcune eccellenti performances, e così Wood. Charlie Watts è il più applaudito (l'unico non tinto, dicono i maligni) e il più costante nel rendimento. La curiosità dell'ascoltatore finisce per prevalere sulla passione, che si scatena raramente. Ma con gh Stones è come al circo, si aspetta sempre il numero magico. Il tour arriverà in Europa a maggio 2006, partenza probabile dal Portogallo. Di concerti in Italia, come al solito, non si sa ancora nulla. Uno dei fan arrivati a Boston per il «Bigger Bang Tour» MickJagger Charlie Watts Keith Richards Ron Wood