I dimenticati dell'impero

I dimenticati dell'impero ViAGGK I dimenticati dell'impero OlMion, l'isola rimasta come ai tempi degli zar reportage FRANCESCA SFORZA Inviata a 0LKH0N (Siberia Orientale) /ODORE acre di Omul si comincia a respirare già dall'aeroporto di Irkutsk. A Mosca - lonLam tana cinque ore di aereo e altrettante di fuso orario - lo chiamano «il caviale del Baikal». E' un pesce a metà tra la trota e il salmone, che nuota soltanto nelle acque del lago più profondo del mondo. Si può mangiare fritto, arrosto, marinato, sotto sale, in forma di zuppa o crudo fra due fette di pane nero. Ma soprattutto affumicato: viene aperto in due, crocifisso con stecchini di legno perché non si accartocci al fuoco e venduto su griglie a carbone in ogni angolo di strada. Dieci, cento, mille banchetti che da Irkutsk a Listvianka, da Sosnovka a Tankhoi, per tutto il perimetro del lago Baikal, sputano senza sosta fumo di Omul, unico orgoglio della gastronomia .siberiana. Colazione, pranzo, e cena. A intervalli regolari i venditori di Omul interrompono il commercio per mangiare un po' della loro stessa merce. Con gusto, specialmente d'estate, quando si può mettere il naso fuori di casa senza rischiare il congelamento e scambiare quattro chiacchiere con la vicina del banchetto accanto. Mille chilometri più grande della superficie del Belgio, lungo da Roma a Torino, il lago Baikal costituisce un quinto delle riserve d'acqua dolce del pianeta. A sentire queste misure Valentin sorride. Lavora come facchino all' aeroporto, e l'estate porta in giro i turisti con un vecchio pulmino, di quelli dismessi dall'esercito e ripitturati di vernice azzurrina, con le sospensioni rigide per resistere a qualsiasi tipo di strada. Come a tutti i siberiani, gli piace parlare di quanto è grande la Russia: «Lo sa che da Irkutsk a San Pietroburgo si fanno più chilometri che per andare da una parte all'altra della Francia?». Anche Ina, che ha almeno trent'anni meno di Valentin, studia inglese e l'Unione Sovietica se la ricorda appena, non riesce a non appassionarsi al gioco delle misure: «Da Mosca ad Arkangelskoe sono 1.600 km, e per arrivare in Kamchatka ci vogliono un-di-ci ore d'aereo!». Dopo ogni numero si scambiano dei gran sorrisi di soddisfazione, puro distillato di patria fierezza. Per rovinare il gioco basterebbe poco: ad esempio ricordare che nei 274 chilometri che separano Firenze da Bologna - un orto, nel metro siberiano - ci sono molti più bagni con doccia, lavatrici, autobus, strade asfaltate, ristoranti e cinema di quanti non ce ne siano da un capo all'altro di tutta la taiga. Per arrivare all'isola di Olkhon - nel centro del lago Baikal - ci vogliono cinque ore di macchina e mezz'ora di traghetto. Che diventano due e mezzo se si calcola che ogni volta che il traghetto approda su una sponda gli addetti si concedono una pausa sigaretta di quaranta minuti. Anche all'imbocco del molo per Olkhon, a migliaia di chilometri dalla corruzione moscovi- ta, c'è la fila per i comuni mortali e quella per i raccomandati. Da una parte Valentin e quelli come lui, dall'altra automobili altrettanto vecchie e scassate che però superano tutti e si mettono in prima fila senza che si alzi un solo clacson di protesta. «Eto Rossia», commenta Valentin. Questa è la Russia. Sull'isola di Olkhon stanno montando i cavi dell'elettricità, e fra due mesi gli abitanti dell'isola faranno il primo significativo passo verso la vita moderna dai tempi di Pietro il Grande. Per adesso si vive come allora. Nikita ha organizzato un piccolo villaggio di accoglienza per turisti, che prevede gli unici bagni chimici dell'isola. Il resto sono pozzi neri, dislocati in modo da servire una o più abitazioni, animali da pascolo compresi. Irina però non è convinta che che l'elettricità porterà i vantaggi promessi: «Abbiamo tutto quello che serve, la banja per l'inverno (una sorta di sauna), gli ammali per il latte, patate e pesce in abbondanza». Le sue mani sono screpolate per il bucato, e suo marito passa la maggiorparte del tempo a combattere con la legna per il fuoco d'inverno e le reti da pesca d'estate. «Se non avesse da fare passerebbe tutto il giorno a bere vodka steso sul divano, dov'è il vantaggio di stare senza far niente?», si chiede Irina. Gli unici soldi che girano nell'isola provengono dai turisti del villaggio di Nikita, che pagano per le escursioni, per il pernottamento, e ogni tanto acquistano vino e cioccolata nell'unico «Magazin» a disposizione. Con la stagione fredda però neanche i tedeschi e gli olan- desi riescono a raggiungere Olkhon - il lago si ghiaccia, il traghetto si ferma - e allora l'economia torna ai tempi del baratto. Un sacco di patate in cambio di legna, sapone in cambio di vodka, salsicce in cambio di candele. «L'isola di Olkhon è il luogo della Terra più simile al Paradiso», si legge sulla guida turistica della Lonely Planet. Anche Sasha la pensa così. Si è stabilito qui da quando è andato in pensione - faceva il pilota dell'Aeroflot - e anche se sua moglie l'ha lasciato e sua figlia si limita a scrivergli ogni tanto una cartolina da Mosca non ha intenzione di tornare indietro. Aiuta Nikita E' il luogo della Terra più simile al Paradiso secondo la guida della Lonelv Planet Anche gli abitanti la pensano così NiMta ha organizzato l'ospitalità ai turisti: «Abbiamo ciò che serve la banja per l'inverno gli animali per il latte e tanto pesce e patate» Veduta del lago Baikal nella regione di Irkutsk. A destra, traffico di battelli e zattere sul lago più profondo del mondo Un'altra immagine del lago Baikal, SI scorgono i tetti dell'isola di Olkhon ^^sar

Persone citate: Planet