l'italia in un CLIC

l'italia in un CLIC 'm W: Way/' s*àS0 s/jU r l'italia in un CLIC Rocco MolHerni DER strada, in uno d quei paesim della Puglia dd muri bianchi d cdce, c'è un fotografo ambdante. Porta a spalle la sua macchina con il cavalletto e la camera d legno, su ed come santim scoloriscono d sole e d vento le piccole immagid d famiglie contadine. Di lato c'è un bimbo con il fiocco e il grembide che va a scuola accigliato e non degna d'uno sguardo l'uomo con il cavdletto. QueUa fotografia Giand Berengo Gardin l'ha realizzata nel 1966 con la sua Laica («Perché la - Leica? È come con le donne. Se sei veramente innamorato d una donna anche se ne conosci un'dtra più bella, più brava, più intelligente, non ti importa») ed è una splendda metafora del suo lavoro. Perché proprio come i fotografi ambdanti d un volta nei suoi quasi cinquant'and d carriera Giarmi Berengo Gardin ha girato in un lungo e in largo l'Italia per raccontare volti, uomid, ambienti d'un mondo che cambiava sotto i suoi (e i nostri) occhi. Così la mostra che, comphei Contrasto e la Fondadone Corriere della Sera, inaugura il nuovo spazio Forma d Milano, nel vecedo deposito dei tram d Porta Ticinese (fotografato da Berengo negh Armi 50) emoziona perché ci restitdsce un'Italia che non c'è più, d gente sull'uscio nei paesi vicino Roma, d uomim che portano sdle spalle forme d pane in Basilicata, d ragazzi che giocano sd molo a Bari, d pastori che riposano tra i bidom del latte in Sardegna. Ci sono nelle sue fotografie tred e stadom, baci d innamorati e giostre d luna park, nobildonne con la veletta e processiom del santo patrono: insomma se esiste un'identità italiana Berengo è forse quello che più ci duta a ritrovarla. Il suo sguardo attento, sempre più incline aU'iroda che alla retorica, ha fermato istantanea dopo istantanea quello che damo stati e quello che siamo dventati. Se voghamo capire cos'era l'Italia che usciva dalla guerra, con la vogha d vivere e d ballare d suono d un grammofono (forse solo il quadro Boogie Woogie di Guttuso ci riesce alla stessa madera) è una foto d Berengo, fatta tra le dune d sabbia del hdo d Veneda, che dobbiamo guardare. E negh occhi d un emigrante, valigie legate con lo spago, cappello in testa, e sigaretta in bocca, in un'immagine volutamente sfocata realiz¬ zata alla stazione d Chiasso nel '62, c'è tutto il dramma deU'dtra faccia del boom. Il '68 è invece nel casco e nella maschera antilacrimoged d quel celerino che corre, a Venezia, in una piazza San Marco spettrale. In quegli and Berengo, con Carla Cerati, realizza un grande reportage negh ospedah psiedatrici: scuote l'opidone pubblica e duta a costruire il consenso intorno alla legge Basaglia che cancella finalmente i madcomi. Poi la stagione degh entusiasmi e deUe illusiom passerà, verrà l'Italia del riflusso e della moda, e anche qd quella celeberrima fotografia in ed vedamo solo le gambe d una donna sdrdata per terra che spuntano da un tavolo ci duta a capire gh And 80. E se nel frattempo la fotografia è cambiata e c'è ed usa il dgitde e col computer crea immagini che nel mondo non esistono, Id rimane giustamente fedele a se stesso, a quella fotografia che è prima d tutto documento d'una redtà, filtrata attraverso la sensibilità d ed sta detro la lente dell'obiettivo. E rimane fedele d bianco nero, perché come spiega nella bella intervista a Goffredo Fofi, che apre il catdogo, curato da Alessandra Mauro e Roberto Koch: «anche la lettura è in bianco e nero. Sono abituato a costruire immagid in bianco e nero. Un fotografo, come uno scrittore, ha 0 suo stile e va avanti con quello». Uno stile, quello d Berengo, che si è formato quando il cinema era in bianco e nero e la televisione pure, e d circolo fotografico la Gondola d Venezia (la città dove viveva dopo un'infanzia romana) animato da Paolo Monti, si discuteva d cosa fosse una bella fotografia e Id si faceva mandare dall' America, grazie a uno do amico d Cornell Capa le immagid dei grand della fotografia socide americana e studava l'epopea della Farm Security Administration che, negh And 30, aveva sguinzagliato gente del calibro d Walker Evans e Dorothea Lange nell'America rurale della grande depressione. In più c'erano stati i due armi passati in Francia a lavorare in un albergo d mattino per poter fotografare d pomeriggio, ed erano gh armi in ed la Francia la raccontavano CartierBresson, Doisneau e Willy Ronis («d Id sono dventato amico», ricorda). Curiosamente l'immagine che fa da copertina d poderoso catdogo non rende propriamente giustizia d suo stile: con gh uccelli che volano e la donna che corre sulla neve è forse la più «giacomelhana» tra le sue fotografie. Ad Inaugurare a Milano il nuovo spazio Forma nel vecchio deposito di tram di Porta Ticinese è una personale del grande maestro veneziano che ha raccontato in bianco e nero come cambiava il nostro Paese dal dopoguerra ad oggi Il suo sguardo più indine all'ironia che alla retorica ci restituisce le emozioni di un mondo che non esiste più