Scala, la guerra dei santi

Scala, la guerra dei santi PER LA CASSAZIONE NON E UN OBBLIGO LAVORARE NELLE FESTE INFRASETTIMANALI Scala, la guerra dei santi MILANO La Corte di Cassazione dà ragione ai tecnici di palcoscenico e apre un nuovo fronte di crisi in questo anno così difficile per la Scala, che si era appena lasciata alle spalle la faticosa vicenda delle dimissioni del maestro Riccardo Muti. Ribaltando la decisione dei giudici di Corte d'Appello, i supremi magistrati con la sentenza numero 16634 - destinata certamente a fare giurisprudenza - stabiliscono infatti che la vita di un teatro e le prestazioni che offre «non possono essere paragonate ad un servizio pubblico essenziale», come i trasporti e la sanità. E dunque vanno rispettate «le festività religiose o civili», quale è, per i milanesi, la ricorrenza del 7 dicembre, quando il giorno in cui si festeggia il Santo protettore della città coincide con la tradizionale apertura della stagione scaligera. Quel giorno deve dunque essere considerato festivo a tutti gli effetti, non può rientrare negli accordi sindacali che disciplinano gli orari di lavoro. Questo diritto - precisano i giudici romani di piazza Cavour - «non è disponibile», non può cioè essere mercanteggiato. Mario Pezzi e Roberto Muggia, avvocati dei 121 tecnici scaligeri che hanno avviato la vertenza, festeggiano la sentenza della Cassazione e ricordano «la disinvoltura, ai limiti dell'arroganza» con la quale la Fondazione del Teatro alla Scala aveva sottovalutato la legittimità di questa richiesta. Evidentemente, si apre subito un fronte nuovo di trattativa tra lavoratori e Teatro: i diritti sono i diritti, però i teatri d'opera sono i teatri d'opera e i deficit sono i deficit e quello della Scala è oggi senz'altro imponente, tale da rendere difficile ipotizzare un ulteriore aumento del costo del lavoro, inevitabile se la direzione del Teatro milanese deciderà di non modificare la simbolica data del 7 dicembre. Il ricorso in Cassazione era stato voluto soltanto dai tecnici del Teatro, non dall'orchestra e dal coro: si crea così un'ulteriore divisione all'interno di un settore già segnato da una normativa estremamente articolata e parcellizzata, come ben sa chi lavora in un teatro d'opera, istituzioni dove le parole flessibilità e disponibilità sono notoriamente poco amate e ancor meno praticate. Anche di questo i sovrintendenti dei teatri italiani, assieme ai sindaci delle città che li ospitano e ai sindacati, stavano discutendo prima che su quel tavolo di confronto piombasse la notizia degli ulteriori tagli al Fondo Unico dello Spettacolo e ogni trattativa venisse così interrotta. Mentre gli avvocati Pezzi e Muggia ricordano che «la Fondazione Scala sarà costretta a trovare un accordo con i lavoratori», dal ministero dei Beni Culturali fanno notare come la musica e l'opera lirica siano considerati dalla Cassazione «servizi non indispensabili» e dunque, in tempo di crisi, più sacrificabili di altri. Con l'aria che tira, al ministero del Tesoro non se lo faranno ripetere due volte. Il prossimo 7 dicembre, quando «Idomeneo» di Mozart, diretto dal giovane Daniel Harding, dovrebbe inaugurare la nuova stagione è un mercoledì, proprio uno di quei giorni infrasettimanali che, se cadono di festa grande, non sono «disponibili» alla trattativa. [s. cap.] I supremi giudici hanno ribaltato la decisione della Corte d'Appello e hanno stabilito che «i teatri non sono un servizio pubblico essenziale» A rischio S. Ambrogio WSPW&ffl Stéphane Lissner sovrintendente e direttore artistico della Scala: per lui un nuovo ostacolo che i tagli ai finanziamenti rendono quasi Insormontabile. A sinistra la sala del teatro dopo la ristrutturazione

Persone citate: Daniel Harding, Lissner, Mario Pezzi, Mozart, Pezzi, Riccardo Muti, Roberto Muggia, Scala

Luoghi citati: Milano