UN'ESTATE BRASILIANA di Luigi La Spina
UN'ESTATE BRASILIANA LACREDIBIUTA' DELL'ITALIA UN'ESTATE BRASILIANA Luigi La Spina ' VT ON è solo sulle discoteche più --^ in voga o sulle chitarre dei ragazzi tra i falò notturni in spiaggia. Spira una erniosa aria latinoamericana su questa nostra bizzarra estate. E' un po' di tempo, in verità, che i colori del samba e i languori del tango sembrano aver conquistato il cuore e le gambe degli italiani, giovani e meno giovani. Adesso la moda, però, pare estendersi in campi, diremmo, più impegnativi e, forse, meno adatti per un contagio non allarmante. Parhamo della nostra pohtica e deUa nostra economia che, agh occhi del mondo, richiamano inquietanti scenari brasiliani. Povero Ugo La Malfa. Una volta il leader storico dei repubblicani italiani paventava uno sprofondamento del nostro Stivale nel Mar Mediterraneo. Comphce l'esplodere della globalizzazione, che neanche una vocazione profetica come la sua poteva prevedere, l'Itaha rischia, invece, di scavalcare allegramente il vecchio mare domestico per tuffarsi addirittura nell'emisfero Sud del pianeta. Il richiamo geografico, a prima vista influenzato da un pessimismo proprio tardolamalfiano, si giustifica, invece, se appena si mettono insieme i pezzi di questo stravagante «puzaQe» estivo del 2005. Ogni giorno si levano allarmi sulla nostra economia. Ma se li analizziamo con attenzione non riguardano, in verità, singoli elementi di preoccupazione macroeconomica: sotto accusa non è solo o soprattutto il debito pubblico, com'era in un recente passato. O la cosiddetta «stagflation», cioè l'unione di recessione e inflazione, come fu in un passato più remoto. Il timore è più ampio e investe più profondamente la credibilità del nostro sistema, nell'autorevolezza delle sue istituzioni fondamentali e nella capacità della classe pohtica, nel suo insieme, di riuscire a realizzare le riforme necessarie per invertire la rotta. In questo scenario assai poco rassicurante si inseriscono manovre oscure di nuovi «raider» dalle forti ambizioni che, dai più tradizionah settori immobiliari, trasferiscono i loro obiettivi su centri di potere deheati per la formazione dell'opinione pubblica, come il controllo del «Corriere della Sera». Millantando, non si sa con quale fondamento, il favore di un presidente del Consigho che è anche il proprietario del più grande gruppo televisivo privato. E' proprio cosi azzardato, allora, ricordare la credibilità intemazionale del Brasile 0 dell'Argentina di qualche anno fa, con l'intreccio di una classe pohtica pesantemente influenzata da famighe potenti legate agh improvvisati imperi delle tv e dei giomah? Ricordano qualcosa le vicende del gruppo brasiliano «n Globo» e di Roberto Marinho? O, per parlare di fatti più attuali, il confuso e inquietante alone di scandalo e di corruzione che avvolge anche Lula, il tribuno della sinistra brasiliana che aveva suscitato tante speranze di trasparenza e di democrazia anche in Itaha? In questo parallelo italo-brasiliano, dai caratteri più dell'incubo che del sogno, un solo elemento di crònaca ci rassicura; il solito sondaggio estivo segnala il sorpasso delfondoschiena delle italiane sulle mitiche curve posteriori carioca. Coraggio; almeno, abbiamo spezzato le reni, è davvero il caso di dire, al Brasile.
Persone citate: Lula, Roberto Marinho, Ugo La Malfa
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