La Francia delle aziende sciovinista per legge «Non si vende all'estero» di Domenico Quirico

La Francia delle aziende sciovinista per legge «Non si vende all'estero» PARIGI STUDIA UN DECRETO PER LIMITARE GLI INVESTIMENTI STRANIERI La Francia delle aziende sciovinista per legge «Non si vende all'estero» Dal caso Danone-Pepsi alla levata di scudi per l'ingresso di Autostrade Nelle vigne del Beaujolais crociata contro i vendemmiatori polacchi il caso Domenico Quirico corrispondente da PARIGI SIAMO ahe liste: i patrioti da un parte, i tiepidi, gli internazionalisti, i criptoliberisti dall'altra. Nel primo gruppo ci sono grandi nomi: Arnaud Lagardère, con missili e giomah. Compra all'estero, ma se deve vendere chiede il passaporto: solo francese. Poi Jean Frangois Dehecq, gigante mondiale dei farmaceutici, gollista viscerale, ostilissimo agh anglosassoni almeno quanto il generale, quando lo abbordano giornalisti inglesi risponde solo m francese, Cnirac lo adora. E lo aiuta: per esempio per bloccare gh svizzeri che cercavano di comprare Aventis e Jean Louis Beffa, Saint Gobain, all'Eliseo è l'oracolo della pohtica industriale, si intende alla francese. Nel gruppo guardato in cagnesco di quelli sicuri che il buon affare non ha bandiere, ci sono per esempio Henri de Castries, che ha spostato in India le attività informatiche di Axa, e Jean René Fourtou, di Vivendi. Lo hanno fermato mentre stava vendendo ai principi sauditi. Il governo vorrebbe che i consigli di amministrazione si aprissero con la marsigliese. Come ogni mattina nelle scuole elementari. E la tendenza del momento: nazionalismo economico, fuori lo straniero. Che significa: all'estero si arraffa dove si può senza problemi, ma nessuno superi le nostre frontiere. Non è una novità. Il protezionismo l'ha inventato e praticato qui quel ringhioso parruccone di Colbert. Ma in tempi di mercato fa una certa impressione vedere un primo ministro arringare gh imprenditori con il patriottismo delle partecipazioni azionarie e annunciare che confezionerà un decreto per «controllare» gh investimenti stranieri in settori «strategici». Certo è una tentazione: così si scatena l'orgoglio delle folle e quindi è di sinistra, ma si solletica anche il populismo, e quindi di destra. Insomma un investimento sicuro. Caso da manuale il recente assalto della Pepsi a Danone. Non si sa ancora se è stata davvero una subdola Opa made in Usa o un francesissimo bidone speculativo. Ma continua a tenere banco nella deprecazione universale. Il presidente della commissione economica dell'Assembla nazionale, Patrick Ollier, ha le idee chiare: «Non vogho la Pepsi nel mio yogurt, è uno dei maggiori produttori mondiali di schifezze mentre la nostra industria fornisce prodotti di qualità superiore. E quindi viva il patrimonio economico nazionale». Con questo spirito ha preparato un progetto di legge sostenuto dal superministro dell'Economia Breton: per favorire l'azionariato dei dipendenti delle società, sarà il manipolo della riscossa giacobina in caso di scalate straniere. Insomma lo sciovinismo come terza via tra capitale e lavoro. La legge sarà pronta a settembre, forse tardi perchè dopo lo yogurt è la volta deUe autostrade. Il governo ha deciso di privatizzare le concessioni. Ha bisogno di soldi, undici miliardi di euro fanno comodo. E i dividendi delle società che dovevano servire a finanziare grandi progetti dei trasporti, come il tunnel della Lione-Torino o l'estensione della rete del Tgv? Proteste flebili. Ma appena hanno cominciato a circolare i nomi dei gruppi interessati è scattato il finimondo: sono in maggioranza stranie¬ ri , in prima fila gh spagnoli Cintra, Itinerer e Fcc e l'itahana Autostrade. Gh stranieri saccheggeranno le tasche degh automobilisti per i prossimi venti anni? Uno scandalo. Il ministero delle Finanze ha dovuto precisare che in corsa ci sono anche francesi e che comunque «una società di autostrade non si può delocalizzare. La sua attività resterà francese». Circolano già sigle di banche chiamate al soccorso dei candidati tricolori. Sono gh effetti collaterali del patriottismo. Che però in alcuni casi viene sospeso: come per le firme del lusso di Taittinger, passate agh americani senza drammi. Non è, si chiede qualche maligno, che si brandisce lo spadone di Asterix solo quando bisogna aiutare amici e clienti in difficoltà? I n ministro del lavoro Gerard Larcber intanto non sta con le mani in mano, ba meditato le statistiche che parlano di 125 mila lavoratori irregolari stranieri, con il 66 per cento che arriva dai Paesi dell'Unione, soprattut¬ to i nuovi soci dell'est. I suoi uffici in pieno agosto sono mobilitati per preparare il decreto che fulminerà tutte le imprese che per lucrare profitto pugnalano alle spalle la Francia. Diventerà obbligatorio controDare anche i subappaltatori che lavorano a prezzi deliziosi ma applicando tariffe e. contratti dei paesi di origine, intanto gh ispettori cominciano a fare esercizio tra i bei vigneti del beaujolais nella Rbò ne. La vendemmia si annuncia perfetta, ma al ministro interessa sopratutto l'armata dei quarantamila vendemmiatori. Le 2500 aziende, alle prese con una crisi nelle vendite, potrebbero essere tentate dall'ingaggio sotto costo soprattutto dei sohti polacchi. I prefetti hanno già ricevuto la circolare da Parigi. Massima vigilanza, chi prova rischia fino a tre anni di galera, e ì vendemmiatori sùbito alla frontiera sotto scorta poliziesca. Non sono gride manzoniane. Alcune aziende sono già sottoposte a procedura giudiziaria. Il deputato Patrick Ollier prepara il provvedimento «Non voglio la Pepsi nel mio yogurt Viva il patrimonio economico nazionale» ::^:,^:'- Il primo ministro francese Dominique de Villepin

Persone citate: Arnaud Lagardère, Breton, Colbert, Dominique De Villepin, Henri De Castries, Jean Frangois Dehecq, Jean Louis Beffa, Jean René Fourtou, Patrick Ollier