Se settanta vergini vi sembran poche di Francesca Paci

Se settanta vergini vi sembran poche Se settanta vergini vi sembran poche L'intero Corano è pervaso di erotismo Sessuofobica è la cultura araba tribale Francesca Paci CHI conosce le contraddittorie capitali arabe è abituato alla scena di una ragazza musulmana coperta dalla testa ai piedi dal mfcofe, il velo integrale, che entra in un bazar e senza neppure sfilarsi i guanti neri acquista dall'imperturbabile commesso ridottissimi slip e corsetti da copertina di Penthouse. Repressione e amplificazione del desiderio ovviamente, vanno a braccetto. Ma c'è chi dice no, non è vero che la sessuofobia è un effetto della religione. Gli orientalisti Hassouna Mosbahi ed Heller Erdmute per esempio, sostengono da tempo un'altra teoria: è la cultura tribale araba, non certo l'islam, ad aver introdotto misoginia e bigottismo. Nel saggio La sessualità nell'islam, il sociologo tunisino Abdelwahab Bouhidba legge il Corano e le hadith, i detti del profeta Maometto, come ima sintesi di spirito ascetico e passione fisica. «Il paradiso nell'islam è un luogo di piaceri sessuali», scrive Bouhidba. Le pagine dedicate al regno dei cieli descrivono un giardino di delizie dove «tutti gli appetiti sono centuplicati. Ogni Eletto mangia e beve a volontà e dispone di settanta alcove con settanta vergini dal corpo così diafano e trasparente che si possono vedere le ossa». Una promessa di virilità etema tragicamente distorta dal testamento dei kamikaze di New York, Madrid, Londra, che s'immolano disseminando stragi, sicuri di guadagnarsi così il sommo premio per la jihad, la guerra santa contro l'occidente empio. L'interpretazione delle sacre scritture è fondamentale perché fornisce indicazioni sul rapporti tra fede, società e politica. Come la parola jihad non indica affatto lo scontro in senso fisico ma una lotta interiore ed etica, anche l'eros, secondo Bouhidba, è stato demonizzato per esorcizzare la crisi sociale e culturale che attraversa il mondo arabo contemporaneo. «La sessualità nel Corano rappresenta il diverso unificato, maschio e femmina, ed ha una valenza purificatrice che distingue l'islam dalle altre religioni», nota lo studioso. Un esempio? «Il cristiano arriva asessuato in Paradiso mentre il musulmano conosce lì l'orgasmo infinito. Nella prospettiva islamica infatti, la redenzione dell'uomo passa anche attraverso l'eros. Adamo ed Eva hanno disobbedito, ma la colpa è stata ampia- mente scontata con l'espulsione dall'Eden». Certo, il recinto del piacere fisico è esclusivamente il matrimonio: «Ogni rapporto sessuale extraconiugale è punibile e coloro che vivono da celibi sono considerati della specie più ignobile». E il matrimonio auspicato dal Corano, nonostante le restrizioni imposte recentemente dal nuovo codice di famiglia marocchino, il moudawana, resta sinonimo di poligamia in molti paesi arabi, forti dell'autorizzazione del profeta Maometto («... se temete di essere ingiusti nei confronti degli orfani, sposate allora due o tre o quattro fra le donne che vi piacciono...» Corano An-nisa'e 4,3). Ma, sia pur all'ombra del certificato di nozze, l'edonismo e il piacere fisico vengono incoraggiati con enfasi. Figurarsi che moglie e marito sono severamente diffidati da un'astinenza superiore a centoventi giorni. Difficile associare l'immagine libertina del profeta Maometto che ordina ai suoi seguaci, maschi e femmine, «Godete e riproducetevi» con quelle di donne segregate e battute che ogni giorno arrivano dall'Arabia Saudita, dal Medio Oriente, dalle periferie delle nostre metropoli dove gli immigratì'rivbltano contro le loro compagne l'insoddisfazione per la mancata integrazione. Come'tìi"6óiicilia questo Corano quasi femminista con la storica misogima dei paesi islamici, se già nel 1300 lo studioso egiziano Mas'oud al Quanawi teorizzava che «le donne costituiscono il fondamento di ogaifitna (rivolta contro Dio), esse sono il principale strumento di Satana...»? Di quale parità parliamo quando la nuova costituzione irachena, al vaglio in questi giomi, prevede sì l'uguaglianza tra uomini e dorme ma a condizione che non violi la sharia, la legge islamica, che impone per esempio il consenso della fami- glia ad ima ragazza che desideri sposarsi? Una risposta si trova nell'antologia di autrici arabe contemporanee Parola di donna, corpo di donna, curata da Valentina Colombo, dove la sicurezza femminile nell'affrontare gli argomenti più scabrosi come l'eros o l'apostasia svela parte del cortocircuito tra tradizione e modernità che sta mandando in tilt il mondo arabo-musulmano: lo scontro tra i sessi. Sentite la curatrice: «Ci sono al mondo 140 milioni di donne arabe, 140 milioni di corpi semplicemente da descrivere o da occultare. Ma quando le donne s'impossessano della parola diventano spregiudicate, disinibite, tra- sgressive». Narrano passioni selvagge e liberattìrie&i'à anche storie di ordinaria sopraffazione del gruppo sull'individuo. Nel Diario di un agente di assicurazione per esempio, l'egiziana Mayy Khalid viola il supremo tabù e si fa maschio descrivendo in prima persona il dramma di un giovane pittore costretto dai genitori ad una professione «regolare» che odia e un matrimonio combinato. Preferirà la fuga e la rottura con la famiglia ad un futuro non suo. Anche Aziz, protagonista del racconto della marocchina Laila Abu Zaid Lo'stramero, sconta con l'emarginazione totale la conversione al cattolicesimo. Calandosi nei panni di uomini borderline rispetto alla società musulmana ortodossa queste autrici emancipano la questione femminile dalla cate;oria di genere e ne fanno una Dattaglia per i diritti universali. Il sesso diventa così la metafora di quello che non si può dire e la sessuofobia, assente dalle sacre scritture, il sintomo della malattia dell'islam contemporaneo. Una deriva anticoranica, a detta di Abdelwahab Bouhidba: «La crisi sessuale è una crisi dei rapporti interpersonali, così come quella della fede è una rottura del dialogo con Dio». Già negli anni sessanta il sociologo russo-francese Georges Gurvitch aveva definito «effervescenti» le società arabo-musulmane post-coloniali, scosse da una raffica di terremoti politici, culturali, economici. Oggi, l'emigrazione verso l'Europa e gli Stati Uniti ha completato quel processo disgregante tanto da far concludere a Bouhidba che «i musulmani in situazioni dì vita sempre più precarie si sono concentrati sugli aspetti esteriori dell'eros anziché sullo spirito che avrebbe dovu- y" to animarlo, producen- (^ do un'ostilità aberrante nei confronti del sesso». Forse ha ragione l'islamologù firanoeseAntoine, Sfeir, è attraverso la dinamica tra i sessi che va letta l'escalation fondamentalista in Europa e il nichilismo terrorista che "" s'insinua nelle seconde generazioni d'immigrati, come nel caso dei quattro kamikaze di Londra: «Le ragazze sono più brave ad integrarsi nelle società ospiti, sono migliori a scuola e nel lavoro. I ragazzi, surclassati, finiscono per rimpiangere il vecchio ordine patriarcale al punto da voler distruggere il presente». Una distruzione che può perfino arrivare da lontano, dai divieti sessuali di una clan preislamico del deserto. D sociologo tunisino Bouhidba legge i testi sacri della religione islamica come una sintesi di spirito ascetico e passione fisica L'eros è stato demonizzato per esorcizzare la crisi sociale e culturale che attraversa il mondo della mezzaluna ^^m'tìm^.^ e mm m m li iil mm m ìvmi ViMi® ssa la tena ali. tauò nte mo oncohab e è erlla ogo anese niraali, moici. Eulente a ni y" (^ l ati, ecnto enpuò dai prei. rff"' A.? ' . ti&Mm mm vm m *c# '3*' * .V,' m Pi iH Wm mm lii wà ''y-dxi. mm ■m. M D :*m -m

Luoghi citati: Arabia Saudita, Europa, Londra, Madrid, Medio Oriente, New York, Stati Uniti