Il cacciatore di Fiorani che non ama apparire

Il cacciatore di Fiorani che non ama apparire IL NUMERO UNO DELL'AUTORITÀ DI CONTROLLO SULLA BORSA ITALIANA Il cacciatore di Fiorani che non ama apparire Lamberto Cardia è arrivato alla presidenza della Consob dopo una carriera da grand commis. E stato il primo ad alzare il velo sulle scalate dei concertisti personaggio MILANO IL capo di «questi maledetti» copyright di Gianpiero Fiorani è un signore in grisaglia che in maggio ha compiuto settantuno anni e da quaranta si muove con modi felpati ma decisi nelle stanze dello Stato, dove è passato dagli ambienti non proprio rutilanti del Consiglio superiore delle Poste e telecomunicazioni al ruolo di sommo vigilante del mercato azionario. Stop. Di Lamberto Cardia, il presidente di quella Consob che gli scalatori dell'Antonveneta tratteggiano nelle loro conversazioni come il nemico numero uno sulla strada di Padova, non pervengono ufficialmente molti altri particolari. Difficile definirlo un personaggio da prima pagina, insomma. E del resto chi conosce e frequenta Cardia assicura che il basso profilo è una delle sue massime aspirazioni, finora quasi pienamente realizzata. Eppure, proprio in questi giorni e anche grazie alle intercettazioni che stanno mietendo vittime - mediatiche - tra Palazzo Koch e la Padania più profonda, la Consob e il suo presidente stanno assumendo per contrasto una visibilità in positivo assai maggiore che in passato. E poi ci sono i fatti. Come quel primo accertamento firmato da Cardia l'il maggio scorso che dichiara il «concerto» su Antonveneta tra la Bpi di Fiorani, Chicco Gnutti, Danilo Coppola e i fratelli Lonati, identificando puntigliosamente nomi e movimenti azionari di quelle diciotto teste di legno alle quali proprio Fiorani aveva prestato i soldi per comprare i titoli della banca padovana. E' anche da quegli atti, che la magistratura milanese chiede di acquisire immediatamente, che decolla l'inchiesta di questi giorni. Del grand commis - o del i?ran burocrate, come sostiene chi gli è meno amico - Cardia ha tutti i tratti. Una vita passata dentro i palazzi del potere, con ruoli sempre tecnici, ma spesso di incisiva valenza pohtica, che occupano una paginata e passa di Who's Who: magistrato della Corte dei Conti, fino a diventarne Presidente di Sezione, magistrato responsabile per quasi un decennio della supervisione di Eni e Iri, e poi capo di gabinetto in numerosi ministeri e governi nonché sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Lamberto Dini l'uomo politico al quale l'equili- bratissimo Cardia è forse più vicino - assumendo anche la delega per i servizi segreti. Una passione che gli è rimasta e che in questi tempi di telefoni roventi, fa notare qualcuno con un pizzico di malignità, potrebbe tornargli assai utile. «Nec spe nec metu», né con speranza né con passione, è il motto citato anche da Cicerone che i suoi uomini gli sentono ripetere spesso e che ha usato anche il 15 luglio scorso presentando a Milano la sua relazione annuale al Presidente della Repubblica e alla comunità finanziaria - compresi Fiorani, Gnutti e Ricucci - tutta. E del resto «equilibrio», «diplomazia», sono i sostantivi che si sentono citare più spesso da chi lavora con lui. Una vocazione che ha trovato il suo compimento naturale nel modo in cui prende la guida della Consob nel giugno 2003, passando con maggior fortuna o capacità diplomatica di un Sandro Curzi qualsiasi - dal ruolo di consigliere anziano a quello di presidente, con il solo voto contrario della Lega. «Bipartisan», del resto. Cardia lo è anche da prima che il termine diventi di moda, non fosse altro per il fatto che in Consob lo ha nominato Prodi e lo ha confermato - prima di farlo presidente - Berlusconi. Difficile, in questa posizione, competere con suoi predecessori carismatici come Luigi Spaventa e soprattutto Tommaso Padoa-Schioppa, ma alla fine Cardia sembra esserci riuscito. E per sovrammercato lo ha fatto in una Commissione orba di uno dei suoi cinque membri da quasi due anni, motivo per cui spesso il presidente attende con ansia - restando puntualmente deluso - gli esiti delle riunioni del Consiglio dei ministri in cui ogni volta si dovrebbe decidere la nuova nomina. Molti sabati in ufficio, molte pratiche rinviate senza troppi complimenti ai servizi perché insoddisfatto della loro coerenza formale, l'unica passione extracurriculare che gli si conosca è quella della caccia - attività praticata in famiglia da innumerevoli generazioni - per cui appare adesso fin troppo facile azzardare paralleli tra le battute nella macchia laziale con la doppietta in mano ed alcuni «cacciatori» di Borsa che proprio la Consob ha impallinato. Non è uomo di vendette. Cardia, ma certo qualche soddisfazione deve essersela levata in questi anni. Appena nominato alla presidenza della Commis- sione, ad esempio, fu punzecchiato per la sua scarsa dimestichezza con la lingua inglese; ora ha cariche direttive in due comitati delle autorità borsistiche intemazionali dove è escluso che si parli in italiano. E nel gennaio 2004, quando si dibatteva di grandi nforme del risparmio e della creazione della mitica Amef, l'Autorità dei mercati finanziari, il presidente si presentò a un'audizione parlamentare proponendo solo una «risposta immediata, pragmatica ed efficace», cioè l'approvazione della direttiva europea sul «market abuse», che avrebbe rafforzato i poteri della sua Autorità, dandole anche centocinquanta persone in più. Coro di critiche, allora, a una posizione considerata di basso profilo, ma un anno e mezzo dopo la «market abuse» c'è, il resto no. II finanziere di Lodi lo ha definito «il capo dei maledetti» Ora si afferma come grande vigilante del mercato azionario Personalità bipartisan Nominato da Pròdi è stato confermato da Berlusconi Molte pratiche respinte senza tanti complimenti l presidente della Consob Lamberto Cardia

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