Grubicy, l'idea divisionista di Guido Curto

Grubicy, l'idea divisionista Grubicy, l'idea divisionista Da venerdì 22 alla Galleria d'Arte Moderna omaggio all'opera dell'intellettuale-pittore CI sono mostre prodotte (non curate!) da sedicenti manager culturali che hanno come unico obiettivo l'audience e il profitto, mal che vada a spese del contribuente. All'opposto a sono mostre curate (queste sì) da storici dell'arte rigorosi che selezionando opere e documenti inediti aggiungono qualcosa a quanto già si sa di un artista o di un movimento, amcchendo così la cultura sia degli specialisti sia del grande pubblico. Appartiene a questa seconda categoria la rassegna dedicata a «Vittore Grubicy e l'Europa: alle radici del Divisionismo» che apre i battenti da venerdì 22 luglio alla Galleria d'Arte Moderna di Torino, con un'estensione anche a Milano presso il Museo dell'Ottocento di Villa Belgioioso Bonaparte. Già, Vittore Grubicy, chi era costui? La preparatissima curatrice della mostra, Annie-Paule Quinsac, non ama l'enfasi e l'agiografia, pertanto subito dichiara che era «un pittore bravo, ma non eccelso; ben più importante è il fatto che sia stato una figura singolare di mercante, critico d'arte e pittore con lo sguardo aperto all'Europa. Basta scorrere la biografia». Grubicy nasce nel 1851a Milano. Dove il padre, di Budapest, è un alto funzionario dell'amministrazione austroungarica. Quando nel 1870 il padre muore, lasciando molti debiti e una famiglia di sei figli, Vittore è costretto a cercarsi un lavoro. Così decide di andare a Londra a fare il mediatore per conto della «Pedro Nessi Quadri Antici e Moderni» di Milano. E' bravo e fa una rapida carriera. Tanto che in sei anni diventa prima socio e infine proprietario delia ditta, dove coinvolge il fratello Alberto nella gestione. Lui così ne approfitta per viaggiare in tutta Europa, soprattutto in Belgio e in Olanda. All'Aja risiede dal 1882 al 1885 e qui entra in contatto con i pittori della Scuola dell'Aja. Con loro si diletta a dipingere e inizia anche a scrivere come critico d'arte per il quotidiano romano La Riforma. Ma in questa fase, che va dal 1880 al 1890, Grubicy si distingue in particolare come gallerista generoso e sensìbile. Appoggia i giovani artisti stipendiandoli e finanziando i loro studi all'Accademia di Belle Arti di Brera. Tra costoro c'è anche Giovanni Segantini. Grubicy intuisce lo straordinario talento di questo semianalfabeta e lo fa diventare in breve tempo un artista di fama internazionale. Il fratello Alberto, però, non apprezza questo mecenatismo e tra i due nasce un conflitto che si chiude con l'estromissione di Vittore dalla galleria. L'anno prima di cessarel'attività di mercante, Grubicy ha un ultimo colpo di genio e nel 1888 riesce apresentare alla «Italian Exibition» di Londra tutti i migliori artisti della sua galleria-scuderia: i divisionisti Segantini, Morbelli, Pusterla, Tominetti e i due esponenti di spicco della scapigliatura lombarda Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni. Un gran numero dei dipìnti esposti allora sono stati recuperati e in occasione di questa mostra vengono presentati nella sezione allestita a Milano nel Museo dell'Ottocento di Palazzo Belgioioso. Dal 1890 al 1900 Vittore Grubicy si dedica quasi esclusivamente alla pittura. Predilìge un immaginario naturalìstico, adottando uno stile soffusamente divisionista che progressivamente evolve da una poetica realista ad una languidamente simbolista, risentendo degli stretti contatti con movimenti di preavanguardia come il «Groupe des XX» e «La libre Esthétique» di Bruxelles. Opere che gli valgono la partecipazione alla prima Biennale di Venezia nel 1895. Questa fase creativa bruscamente s'interrompe quando il 28 settembre del 1899 il suo «figlio adottivo» Segantini muore. Grubicy resta traumatizzato. Da quel momento non dipinge più quadri innovativi, ma si limita a fare copie delle sue vecchie opere, rifugiandosi in una sdegnosa solitudine. Ciò nonostante la sua fama cresce, tanto che ha tra i suoi collezionisti un personaggio come Toscanini. C'è anche lui tra i tanti estimatori che vengono a rendergli omaggio il 4 agosto del 1920, quando a 69 anni Grubicy muore circondato da una corte dannunziana. Di questa intensa vita la mostra rende conto in sette ben distinte sezioni. Ne emerge la figura di un intellettuale, non solo di un pittore, che prima di molti altri in Italia ha capito l'importanza di muoversi in una dimensione europea. Ha ragione la curatrice della mostra, Annie-Paule Quinsac a precisare; «Qualcuno pronuncia il suo cognome alla francese, con l'accento sulla y finale, mentre l'esatta dizione è "grùbici", lui ci teneva ad essere italiano». Dopo la tappa di Torino (con estensione a Milano) la mostra verrà riproposta dal 28 ottobre al MART, il Museo d'arte Moderna di Trento e Rovereto, dove dal 1999 sono custoditi migliaia di documenti dell'Archivio Vittore Grubicy, accompagnata sempre dal bel catalogo Skira. Guido Curto GAM - Galleria d'Arte Moderna e contemporanea di Torino, b Vittore Grubicy «Mattino o Mattino gioioso» (1897-1909) olio su tela Theo Van Rysselberghe, «Thè au jardin» (1905), part. Olio su tela conseivato al Musèe d'Ixelles