Partito unico, i grandi feudatari stoppano gli slanci del re di Arcore

Partito unico, i grandi feudatari stoppano gli slanci del re di Arcore GARGANI: «È UN FATTO DI EREDITÀ, COME CON MEPIASET. SiLViO VOLEVA SCiÒGLlERE FORZA ÌTALI A, MA QUELLI CHE GLI SONO ATTORNO HANNO TEMUTO DI REGALARLA A CASINI» Partito unico, i grandi feudatari stoppano gli slanci del re di Arcore Il consiglio di Scajola: «Di formazione unitaria parla poco, sorvola» retroscena Augusto Minzollnl ROMA GIUSEPPE Gargani è arrivato alla corte di Silvio Berlusconi dopo trent'anni di militanza nella De. Ad Arcore è stato non più di una ventina di volte, mentre nei corridoi di palazzo Sturzo all'Eur, sede dei consigli nazionali della Democrazia Cristiana, si è aggirato con la disinvoltura del padrone di casa per più di un quarto di secolo. E ieri al termine dì un altro consiglio nazionale, quello di Forza Italia, il personaggio che è stato l'esperto per i problemi della giustizia di Ciriaco De Mita e ora lo è del Cavaliere, sembrava un po' perplesso. I meccanismi che presiedevano alle decisioni della De erano complessi, ma compresibili pohticamente. Quelli «forzisti», invece, si muovono secondo logiche oscure, o meglio, possono essere letti solo in una chiave squsitamente psicologica. «Vede - confida Gargani - quello che è avvenuto qui Ojggi ricorda tanto le vicende familiari di casa Berlusconi. Quando il Cavaliere pensò di vendere Mediaset, i figli, Marina e Piersilvio, si opposero. Volevano ereditarla dal padre. Qui la cosa è tale e quale: il Cavaliere per un momento ha pensato di sciogliere Forza Italia in un partito più grande e di fare un passo indietro. Solo che quelli che gli sono attorno, hanno avuto il timore che tutto finisse in mano a Casini. Di perdere, insomma, l'eredità per cui lo hanno spinto, convinto, implorato ad andare avanti». Un ragionamento che un altro azzurro. Angelo Senza, anche lui di scuola democristiana, condivide dalla «A» alla «Z». Appunto. Per settimane Silvio Berlusconi ha spiegato di puntare sul partito unitario del centro-destra e di essere disposto anche a fare un passo indietro per averlo, a lasciare la «premiership» ad altri, magari allo stesso Pierferdinando Casini. Ieri, invece, ha riportato indietro le lancette della politica ed è tornato a venti giorni fa: ha annunciato che il partito unitario verrà alla luce dopo le elezioni politiche e che sarà lui il candidato del centro-destra anche nelle elezioni del 2006. Una decisione del genere nella Democrazia Cristiana sarebbe stata assunta dopo una riunione infuocata della direzione. In Forza Itaha, invece, il meccanismo decisionale è diverso. Ci sono state le riunioni ad Arcore tra il Cavaliere e i suoi uomini più fidati, paragonabili ai consigli attorno alla grande tavola in cm il Re sentiva i suggerimenti dei grandi feudatari. E inzuppando i loro ragionamenti con attestati di fedeltà e di stima al premier, gli uomini del primo cerchio - da Beppe Pisanu a Sandro Bondi, da Claudio Scajola a Fabrizio Cicchitto - hanno smontato tutte le aperture del Cavaliere: dal partito unitario, all'interesse per la riforma elettorale proposta da Casini, alla disponibilità a fare un passo indietro. Tutto è rinviato o, comunque, è tornato nel cassetto. La verità è che mentre Berlusconi si prepara all'ultima battaglia la monarchia berlusconiana si è trasformata, senza che nessuno se ne accorgesse, da assoluta in feudataria: il Re, infatti deve rimanere al suo posto per garantire anche il potere dei grandi feudatari che con f avvento di un altro sovrano potrebbero essere spodestati. Tutto è avvenuto nei pranzi, nelle cene, negli incontri informali e, a cose fatte, la decisione è stata comunicata due giorni fa alla con¬ sulta del partito. Poche parole di Berlusconi in un lungo discorso dedicato, al solito, all'organizzazione della campagna elettorale. «Il candidato al voto debbo essere io ha spiegato - perché i Repubblicani e la Lega non ne accettano altri, Se si cambia il candidato si esprime indirettamente un giudizio negativo sull'attuale governo. Ripeteremmo Io sbaglio della sinistra che preferì Rutelli all'allora presidente del Consiglio, Giuliano Amato. Semmai - come dice La Malfa - un'ipotesi del genere presupporrebbe che il nuovo candidato cr centro-destra assuma subito la guida di un altro governo che porti il Paese die elezioni. Un'ipotesi improponibile». Ed ancora: eli partito unitario si può fare sia prima sia dopo le elezioni. Non c'è fretta». In ultimo: «Il proporzionale su colleggi uninominali proposto da Casini non mi piace. Preterisco il proporzionale puro corretto da un premio di maggioranza e da uno sbarramento». Ferdinando Adomato, l'organizzatore del partito unitario è rimasto di sasso. L'unico a parlare è stato uno dui gi'andi feudatari, Claudio Scajola, solo per .lare un consiglio al premier: «Domani in consiglio nazionale del partito unitario parlane poco. Sorvola». Gli altri, invece, quelli che per giorni harmo predicato il verbo del partito unitario in tempi brevi, harmo cominciato il «training-autogeno» sul futuro roseo che attende Forza Italia. Succede, Forza Italia non è un partito come gli altri. Ieri in sei ore di consiglio nazionale sono stati in pochi a parlare il linguaggio della politica. I grandi feudatari: Trémonti, Scajola Cicchitto. Bondi si è limitato a rivendicare l'orgoglio e l'eredità del Cavaliere a nome dell'intero partito: «Abbiamo una classe dirigente all'altezza di quella degli altri». Il resto è stato un lungo «happening» in cui il nome di Berlusconi è stato citato - dal piccolo complimento fino all'apoteosi 354 volte. Lo hanno fatto gli uomini del primo cerchio e via via scendendo i valvassori, i valvassini delle nuove generazioni. La nuova coordinatrice del Lazio, la Lorenzetti, ha annunciato al premier dalla tribuna che (da proprietaria di una trattoria di Roma lo ama». La Biancofiore, artefice della vittoria del centro-destra a Bolzano, ha magnificato «l'azzurra generation». Baget Bozzo nella sua omelia ha dato a Berlusconi il merito di aver creato «un popolo». E ha esorcizzato il futuro: «Alle politiche vinciamo, ma se perdiamo, vinciamo lo stesso». Né il problema se lo è posto Denis Verdini, che lo ha rimosso con un motto in cui la politica sfocia neD'erotico casareccio: «D futuro è disegnato il presente ce l'abbiamo in mano». Il regista del «motore azzurro» ha proposto un gruppo di ascolto di casalinghe 24 ore su 24 per monitorare gli insulti che dalle tv vengono al Cavaliere Insomma, più che una riunione politica, la riunione di una grande famiglia che osanna il patriarca. E questa mozione degli anetti ci mette poco a far breccia nel cuore del Cavaliere. Così il premier ha promesso a tutti i consiglieri di Forza Italia la conferma del posto che occupano nel partito, nel governo e in Parlamento. Ha dato consigli come fa un padre con i tigli: «Basta comizi. Una volta Arnaldo Forlani mi disse che il più bravo comiziante perde almeno il 50Zo dei voti di chi lo ascolta perché non si possono accontentare tutti. Meglio le tv ma dovete andarci istruiti. Non dovete essere composti mentre quelli di sinistra vi insultano. E se un intervistatore fazioso vi toghe la parola, voi lo interrompete e gli dite: 'no carino..."». Infine l'ultima promessa del Cavaliere, quella che si aspettavano dentro Forza Italia: «Non potrò mai abbandonare l'impegno politico per non lasciare soli voi che avete riposto in me la vosta fiducia». Un sollievo per tutti là dentro: l'eredità è salva. Claudio Scajola, ministro per l'Attuazione del Programma

Luoghi citati: Arcore, Bolzano, Lazio, Roma