«Ho la faccia scura e lo zainetto: ora mi guardano male»

«Ho la faccia scura e lo zainetto: ora mi guardano male» DISAGIO TRA I GIOVANI MUSULMANI «BRITISH». INCENDIATA LA CASA DEL GIAMAICANO ASSASSINO IL 7 LUGLIO «Ho la faccia scura e lo zainetto: ora mi guardano male» Francesca Lombardo LONDRA «Sono asiatica, musulmana e Britannica». Così dice Shalia Rabim, 32 anni pakistana, nata e residente a Luton, il punto di incontro dei dei quattro attentatori del 7 luglio, quando le si chiede: chi sei? Un aspetto comune a molti giovani musulmani di seconda e terza generazione, nati e cresciuti nella democratica Inghilterra dove diverse culture appareniente integrate, vivono in realtà una sorta di vite parallele, come gh ultimi eventi hanno dimostrato. Ora, in più, temono che possa scatenarsi una nuova ondata di razzismo contro il loro «melting pot»: musulmani di diverse provenienze ed etnie, che per capirsi fra loro parlano inglese, ma che trovano un'identità comune nella religione. Shaba Rabim viene a Londra tutte le mattine. Lavora come account manager per una compagnia di telecomunicazioni: «Non porto il velo e compro gh abiti da Zara, Gap o Benetton, ma sono religiosa. Sono stata cresciuta con questi valori. Gh attentati sono un crimine contro l'umanità, non capisco chi siano questi terroristi, non li identifico con l'islam. Certo, sono preoccupata, oggi la polizia ha aggredito alcuni asiatici per strada. Siamo i primi a pagare per questa caccia all'uomo». Ieri e stata incendiata la casa di Lindsay Germaine, uno dei 4 kamikaze del 7 luglio. Ma «British» sembrano anche sentirsi quei giovani che hanno lasciato u loro paese molti anni fa e in Inghilterra hanno aquisito abitudini, cultura e stile dì vita, pur passando ogni venerdì alla moschea. ReimiAbdaramum, 35 anni algerino, è a Londra da sedici, e lavora come tassista. «Dopo gli ultimi attentati, la gente comincia a guardarmi stranamente quando sono sull'autobus o prendo la metropolitana. Nessuno mi ha minacciato, ma mi sento a disagio. Capisco, sono preoccupati e anche io lo sono. Siamo tutti nella stessa barca. Io vado alla moschea di Brixton, sono andato anche oggi che è venerdì, ma lì non si parla di terrorismo, si prega soltanto. Preghiamo e viviamo la nostra vita. Ieri sera, sono andato al Chinawite (una delle discoteche più in voga di Londra), ho bevuto qualche drink, però non sono riuscito a rimorchiare. Peccato». Fasil Mustapha, anche lui pakistano di seconda generazione, 26 anni di Glasgow, trasferito a Londra, dice: «Mi sento British, anzi scozzese. Dopo gh attentati di giovedì, l'atmosfera intomo è decisamente cambiata, la gente mi guarda un po' stranamente: ho una faccia di asiatico e vado in giro con uno zainetto... Gh ultimi attentati, infatti sono stati fatti da ragazzi che non potevano suscitare alcun sospetto, con ac. cento inglese e senza barba. Li prendono apposta così e gh fanno il lavaggio del cervello». Ma perché? «Succede perché c'è una grossa confusione tra i giovani arabi o asiatici musulmani di seconda generazione. Ci viene chiesto di vivere accanto ai «white British» che non hanno i nostri valori, mentre a noi viene data ima educazione molto più rigida. Ci dicono di non bere, di non guardare le dorme e di pregare. Quando sei un teenager che si interroga oulla vita puoi vivere un grosso momento di confusione. I deboli vengono plagiati. Il sacrificio attraverso il suicidio e il fanatismo religioso diventano una soluzione. Ecco perché giovani, nati e vissuti in Inghilterra si sono fatti saltare in aria. Gh imam, come quelli arrestati nelle moschee di Brixton e Finsbury Park l'anno scorso predicavano il fanatismo religioso. Credo ci sia un network di migliaia di persone in Inghilterrra che sostengono queste idee e circa un centinaio che sarebbero fisicamente disposti a fare atti terroristici».

Persone citate: Benetton, Francesca Lombardo, Lindsay Germaine, Shaba, Shalia Rabim

Luoghi citati: Glasgow, Inghilterra, Londra, Zara