Schegge di balena sotto le vigne

Schegge di balena sotto le vigne IL RACCONTO Schegge di balena sotto le vigne Nico Orango Se la Langa è onde di barolo, dolcetto, barbaresco e nebbiolo che si inseguono e scavallano morbide colline, dove trovare un albero di pesco o un filare di rose, ormai è raro, il Roero è un fremito di terra, di rocche e squarci che franano nel Tanaro, inventato, dicono, da un infuriato Belzebù, in una notte di insonnia. Terra dove fioriscono le rose e i peschi, quelli che a cavallo del Novecento, fu una vera rivoluzione agraria e frenò l'immigrazione verso la «Melica». E' un'isola, il Roero, che galleggia come una roccia di Magritte e si colora in primavera con il rosa dei peschi, il verde dei castagni e dei pini marittimi e lunghi serpentoni di papaveri sullo sfondo ocra delle sabbie, che nascondono conchiglie, forse schegge di balene, certo tartufi profumatissimi, tondi come uova, invidiati ad Alba. L'attraverso, il Roero, per andare a intanarmi sopra Alba e sotto Treiso: ma più lo attra¬ verso e più ci rimango impighato, come in una rete dalle tante malie. Perché arrivando da Cerasole si sbuca su Corneliano e lì c'è la bottega dei Tesio, un pastificio di tagliolini, gnocchi e ravioloni che vellutano il palato. E' sulla mitica piazza di chiese e chiesone del «halon», del pallone elastico, giocato fra i rimbalzi di tegole e balconi, di grondaie e cornicioni, proprio sotto casa dei Corino, maestri della stoccata veloce e dell'affondo, come i Capra o quell'indimenticabile Gioetti, che fece vedere palle quadre a Manzo, o Donato Fehciano, due volte campione d'Italia. La sua ultima partita l'ha giocata poche settimane fa, dopo decenni che non toccava gomma, un ultimo passo d'addio in pantaloni e camicia bianca, fra altri compagni di piroette e sventole, mentre arrivava il «bianco» nuovo della «Favorita». Già: quel vino che è cugino del ligure Vermentino, scavallato fra le Rocche del Roero, trascinandosi dietro profumi di mare e d'asparago e di fragola e di sabbia e di conchigha e di viola e di liquiri¬ zia. E di tutto quello che il naso riesce a inventarsi, perché bisognerebbe averlo grande come quello di Cyrano, o almeno come quello del Martinelli, grande vignaiolo, per sentire tutti i profumi del territorio, ma ad occhi chiusi perché, anche qui, il fondovalle è un nastro di fabbriche e fabbrichette venute su come funghi disordinati. Ma la vista, voltando le spalle ai capannoni, ce la si rifa, guardando le torri di Montaldo, Corneliano, Santo Stefano Roero, Santa Vittoria d'Alba e il castello dei' Monticello, il gioiello di Guarene, Magliano Alfieri, Cisterna d'Asti, Pocapaglia, Monta e i tanti sui grappoH delle colline. Più che attraversare il Roero, io mi ci fermo. Perché ci sono gli amici. C'è Luciano Bertello, insegnante, storico del territorio, guida insostituibile e attivissimo provocatore culturale, dalla tolda dell'Enoteca di Canale promuove Omaggi a chi tutela il paesaggio, invita poeti e scrittori nelle cantine di tufo, stampa libri. C'è Davide, artista dei fornelli, una delle punte luminose della cucina di questo Piemonte, insieme a Cesare, ad Albaretto, la Gemma a Roddino, Vendano al Garibaldi di Cisterna d'Asti. Davide viene dal mare, dalle cucine di quel Guido dei Balzi Rossi, sul confine italo-francese, e come le conchigha, le schegge di balena, le sabbie di questo territorio, s'è portato dietro il sapore del coniglio e quello della cernia e se non dà troppo retta all'iconografia giapponese, può incantare con le storie di funghi reali, di tartufi, di soufflé che galleggiano nell'aria. Ci si impiglia nella rete del Roero perché si vedono paesaggi antichi, castelli e ciabot piantati nelle mareggiate di vigna e se ne sente ima cultura contadina e nobile svelta, attiva, che accompagna ogni suo gesto cercandone una rinnovata motivazione. A differenza di Alba, culturalmente sonnolenta, se si escludono le iniziative della Fondazione Ferrerò, grande mostra su Macrino, omaggi a Fenoglio e Pinot Gallizio, il Roero appoggia le sue ricchez¬ ze, vino, pesche, asparagi, fragole, a gesti di cultura, di continua ricerca della propria identità. I racconti di «quella volta che Mariano e Laferrere affidarono cinquecento lire al farmacista di Canale, Buffetti, durante la partita con quelli di Bra e poi venne giù la pioggia a interrompere la partita mentre erano sotto di nove a due e si dovette aspettare il giorno dopo per riprenderla...», s'intrecciano con le tante storie di streghe e di eretici, con la marcatura forte di distanza sia da Alba che da Bra, salvo poi essere più che ospitali con le pagine di Giovanni Arpino e Gina Lagorio, lei che se ne stava a Cherasco, quella Cherasco costruita sul cocuzzolo di terra che Belzebù, in quella famosa notte d'insonnia e di foUia, aveva sottratto alle Rocche del Roero. Ci si impiglia, seduti a tavola air«Osteria dei Baci» di Piobesi, dove una bella locandiera bionda fa scordare la Ferilli e la Cucinotta, e le si racconta di una volta, ma lei non c'era ancora, che due amici, Erica e Sandro, li avevano ospitati lì e loro avevano un cane, Mabel, un pastore della Brie, che distrusse la stanza, tutta raso e fiocchetti e tendone, durante la notte. Già, gli amici del Roero, i Lorna, gli Allemandi, i Roero, i Provana, i Gaja, i Ceretto, che si dividono: verso Alba con i rossi, verso il Roero con i bianchi. I vini, ancora, in questo luogo di «grandi bianchi, in una terra di grandi rossi». Loro avevano un rampollo del Nebbiolo, e testardi inseguivano le virtù di quello, poi hanno capito che non ci sarebbe mai venuto fuori un buon barolo e lo hanno «ascoltato», accudito, fino ad ottenere la sua vera identità di «roero», ottenendogli una Docg. Storie di vigna e vignaioli, storie di raccoglitori di tartufi e cacciatori, storie di un paesaggio mutevole, con improvvisi di asprezze e di morbidezza, dove far funzionare un cellulare o ima radio in macchina è quasi impossibile, che in autunno inoltrato la nebbia fa scomparire e la neve, in inverno, ridisegna. COME ROCCIA DI MAGRITTE E' un'isola, il Roero, che galleggia come una roccia di Magritte e si colora in primavera con il rosa dei peschi, il verde dei castagni e dei pini marittimi e lunghi serpentoni di papaveri sullo sfondo ocra delle sabbie. Bisognerebbe avere un naso grande come quello di Cyrano, o almeno come quello del Martinelli, grande vignaiolo, per sentirne tutti i profumi... Ma ad occhi chiusi perché, anche qui, il fondovalle è un. nastro di fabbriche e fabbrichette venute su come funghi disordinati. STREGHE E BALON Terra di streghe, di eretici e di campioni del pallone elastico, maestri della stoccata veloce e dell'affondo, come Donato Feliciano, due volte campione d'Italia: ia sua ultima partita l'ha giocata poche settimane fa, dopo decenni che non toccava gomma, un ultimo passo d'addio in pantaloni e camicia bianca, aspettando il «bianco» nuovo della «Favorita». ■.