Fini: all'Orni potremmo perdere È battaglia sul seggio africano di Paolo Mastrolilli

Fini: all'Orni potremmo perdere È battaglia sul seggio africano IL CONFRONTO PER LA RIFORMA DEL CONSIGLIO Dl SICUREZZA ENTRA NEL VIVO Fini: all'Orni potremmo perdere È battaglia sul seggio africano Paolo Mastrolilli NEWYORK Nella battaglia sul Consigho dì Sicurezza dell'Onu «il voto dì un sìngolo Paese può risultare determinante, e quindi ì rischi dì un esito non favorevole permangono seri. Tuttavìa credo sì possa dire in coscienza che abbiamo fatto tutto ciò che doveva essere fatto». Così ha parlato ieri il ministro degli Esteri Finì davanti alle commissioni Esteri dì Camera e Senato, lanciando nello stesso tempo un segnale di prudenza e dì ottimismo. Nei giorni scorsi Germania, Giappone, Brasile e India, soprannominati G4, hanr.o presentato una risoluzione che favorirebbe il loro ingresso nel Consiglio come membri permanenti, e penalizzerebbe l'Italia. Roma ha risposto con l'iniziativa «Uniting for consensus», facendo circolare una bozza per l'aggiunta dì soli membri non permanenti, che dovrebbe essere presentata formalmente per il voto entro la fine della settimana, in modo da offrire un'alternativa concreta e allungare ì tempi del dibattito. Nel frattempo, all'inizio dì luglio, ì 53 Paesi dell'Unione Africana si sono riuniti in Libia, e hanno scritto una loro risoluzione che chiede sei seggi permanenti con diritto dì veto, di cui due dovrebbero andare al loro continente. Il 12 luglio il sottosegretario dì Stato americano Shirin Tahir-Khelì ha bocciato la proposta dei G4, sollecitando tutte le nazioni dell'Onu a votare contro, e il presidente Bush ha ribadito la sua opposi- zione durante l'incontro dì lunedì col premier indiano Manmohan Singh. Questo è il quadro in cui si gioca la partita decisiva per la riforma del Consigho, che potrebbe arrivare al voto entro la fine dì luglio. Per vìncere, i G4 hanno bisogno dì convìncere due terzi dell'Assemblea Generale, cioè 128 Paesi. Al momento loro dicono di avere 120 voti sicuri e 20 promessi, ma il gruppo Unitìng for Consensus pensa che in realtà ne abbiano solo 109. Intanto Washington ha cominciato a fare pressioni sulle varie capitali, perché ritiene che la rifonna del Palazzo di Vetro debba concentrarsi prima su questioni come il management, la nuova convenzione sul terrorismo, il Consigho con cui sostituire la screditata Commissione per i diritti umani, il fondo per la democrazia e l'Ufficio per il peacebuilding. Questo intervento degli ame- ricani, che come gli altri quattro membri permanenti hanno potere dì veto sulla riforma tramite il processo dì ratìfica, ha sottratto almeno una dozzina dì consensi ai G4. Per recuperare, quindi, Germania, Giappone, India e Brasile hanno assolutamente bisogno dì far cambiare posizione agli africani e conquistarne ì 53 voti, o almeno spaccarli e portarne vìa una trentina. I loro alleati sono Nigeria, Sudafrica e Ghana, mentre l'Italia conta su Algeria, Libia e Kenya. In questi gìoniì i rappresentanti dei G4 stanno incontrando a New York quelli del continente nero, e il, 25 luglio hanno in programma un vertice ministeriale a Ginevra, dove «ci sono le sedi delle grandì banche intemazionah», come fa notare una fonte diplomatica. I margini dì manovra però sono stretti, perché se Berlino e Tokyo facessero concessioni sul diritto dì veto, perderebbero altri appoggi in Europa e America. La battaglia sì gioca tutta qui. Se avranno successo, ì G4 potrebbero portare al voto la loro risoluzione il 29 luglio. Altrimenti tutto sarebbe rimandato all'Assemblea Generale dell'Onu a livello dì capi dì stato e dì governo, in programma all'inizio di settembre. Due giorni fa l'agenzia giapponese Kyodo ha citato un alto diplomatico del suo paese, secondo cui «solo un idiota forzerebbe la conta senza la certezza di vìncere». Ma fonti vicine a Unitìng for Consensus temono che il cancelliere Schroeder vogha andare comunque al voto, «perché l'ingresso nel Consigho è la sua arma segreta per vìncere le elezioni anticipate». «È vero - ha spiegato Fini che è una battagha difensiva, ma guai se non la combattessimo: avremmo accettato supinamente un declassamento eh fatto». Quindi il ministro ba concluso: «Se gh altri non hanno già messo in votazione la risoluzione è perché ì voti non ci sono. Le richieste africane del veto, di un seggio non permanente in più rispetto al progetto dei G4, e dì selezionare in vìa autonoma ì propri rappresentanti nel Consigho, costituiscono un ostacolo forte al ravvicinamento. In questi giorni l'obiettivo primario è acquisire nuovi consensi alla nostra azione o, quantomeno, il disimpegno dei Paesi amici dalla proposta del G4. Un nostro successo consentirebbe dì reimpostare su basì diverse il dibattito sulla riforma. Sono cautamente, ragionevolmente ottimista». Per vincere iG4 hanno bisogno di convincere 128 Paesi. Loro dicono di avere 120 voti sicuri e altri 20 promessi ma il gruppo Uniting for Consensus pensa che ne abbiano solo 109 II ministro Gianfranco Fini

Persone citate: Bush, Gianfranco Fini, Manmohan Singh, Schroeder, Shirin Tahir-khelì