«Uniti contro il terrore» Ma Berlino imbarazza l'Ue di Enrico Singer

«Uniti contro il terrore» Ma Berlino imbarazza l'Ue I MINISTRI DEGLI ESTERI E IL PASTICCIO GIURIDICO «Uniti contro il terrore» Ma Berlino imbarazza l'Ue Enrico Singer corrispondente da BRUXELLES L'Unione fa quadrato contro il terrorismo. I ministri degli Esteri dei Venticinque insistono perché al centro della politica europea ci sia una «lotta senza quartiere a chi semina la morte». Coordinando gli sforzi, proteggendo gli obiettivi sensibili. Ma senza cedere alla paura. «La vita a Londra è già tornata alla normalità», ha detto Jack Straw, presidente di turno del Consiglio europeo, che ha raccontato ai suoi colleghi che, il giorno dopo gli attentati, l'autista del bus 30 di Tavistock Square era di nuovo al lavoro. «È il segno che non ci piegheremo al terrorismo», ha spiegato Straw. Che ha confermato che l'adesione della Turchia alla Uè «è strategica per l'Europa» e non può essere condizionata dalle bombe. E che «il tempo delle scuse per il terrorismo è finito». Anche il legame tra la guerra in Iraq e gli attacchi dei kamikaze non è automatico. Tutti possono essere nel mirino. Ma nel giorno di questo nuovo, solenne impegno, dalla Corte costituzionale tedesca è arrivato un colpo al già difficile processo di integrazione degli strumenti giudiziari europei che ha un riflesso diretto anche sulla lotta al terrorismo e che ha provocato molto imbarazzo a Bruxelles. Quando, il 12 aprile di quest'anno, l'Italia accolse finalmente il mandato d'arresto europeo nel suo ordinamento giuridico, la Uè celebrò con grande enfasi il primo successo concreto di quello «spazio comune di libertà, giustizia e sicurezza» inseguito sin dall'estate del 2002, pnma a Quindici, poi a Venticinque, in base al principio del riconoscimento reciproco delle decisioni delle diverse autorità giudiziarie dei Paesi membri. Una svolta. In pratica, la consegna da imo Stato all'altro di indagati o di condannati senza più il bisogno di p ass are per le complesse procedure dell'estradizione. Come se la richiesta di un magistrato britannico, per fare un esempio, avesse in Francia la stessa forza di quella di un giudice di Parigi. Il ritardo del Parlamento italiano - sedici mesi rispetto al gennaio 2004 che era il termine stabilito per recepire la decisione-quadro europea - aveva fatto scandalo, ma adesso a rimettere in discussione l'accordo è la Germania che lo aveva approvato nel luglio del 2004. Certo, in punto di diritto la Corte costituzionale tedesca, nelle 38 pagine della sua sentenza sul caso del sospetto terrorista di origine siriana, Mamoun Darkanzali, non ha contestato il mandato di cattura europeo, ma le lacune della legge con la quale il Bundestag lo ha introdotto in Germania. Così Martin Selmayr, del servìzio giuridico della Commissióne, può dire che il mandato di cattura europeo non è morto. Che la Uè «andrà avanti a ventiquattro, in attesa che Berlino corregga le sue norme di applicazione». Il problema, insomma, sarebbe tutto della Germania e non dell'Unione perché spetta agli Stati membri il compito di applicare correttamente una decisione-quadro e il Parlamento tedesco non avrebbe usato appieno le possibilità che aveva di rispettare ì diritti fondamentali che sono garantiti sìa dalla Carta dei diritti europea che dalla Costituzione della Gennania. Anche ìj commìss^rip Franco.Erattini ha fatto sapere che l'esecutivo è dispiaciuto dalla «cattiva applicazion^. di un provvedimento che rimane deéisivò nellaldttia al terrorismo: «Quello che ci auguriamo è che le autorità tedesche mettano presto il mandato di arresto europeo nelle condizioni dì funzionare». Già il 22 febbraio di quest'anno, quando mancava ancora il «sb italiano, la Commissione aveva presentato il suo primo rapporto sull'applicazione della decisione-quadro. E da questo documento emergevano i primi successi 2603 mandati emessi, 653 persone arrestate e 104 consegnate entro il 2004 - ma anche le numerose differenze esistenti nelle leggi nazionali. Estonia e Danimarca non hanno accolto tutti i casi previsti per accettare il mandato d'arresto europeo. Francia e Austria - linea poi seguita anche dall'Italia - hanno limitato l'applicazione alle inchieste successive all'entrata in vigore dell'accordo. Le tre Repubbliche baltiche, più Finlandia e Svezia, hanno designato un organo esecutivo speciale incaricato di seguire tutte le procedure. L'Austria deve ancora far passare una legge di riforma costituzionale per consentire la consegna di propri cittadini. Nella ancora breve pratica di applicazione, casi di rifiuto dell'esecuzione di un mandato d'arresto europeo ci sono già stati. Uno riguarda lo stesso giudice spagnolo Baltasar Garzon che aveva chiesto alla Francia la consegna di sospetti terroristi baschi in base ad accuse che, per la magistratura francese, erano soltanto punibili come reati d'opinione che non sono compresi nella direttiva-quadro.

Persone citate: Baltasar Garzon, Jack Straw, Mamoun Darkanzali, Martin Selmayr, Straw