TEMPEST STREE quei bravi ragazzi tutti casa e moschea

TEMPEST STREE quei bravi ragazzi tutti casa e moschea VIAGGIO NEL QUARTIÈRE VE VIVEVANO I «BOMBERS» DI LONDRA: 40 MILA MUSULMANI INTORNO ALLA COLLINA DI BEESTON TEMPEST STREE quei bravi ragazzi tutti casa e moschea reportage wnniCemrt} inviato a LEEDS TEMPEST Street, che nome per questa via. E s'incontravano qui, davanti al Centro Islamico che si chiama Hamara. Qui sulla collina di Beeston, quasi ogni sera alle sette. Per Shezab Tanweer era comodo, tra la casa appena sotto e la bottega fish&chips del padre, duecento metri più avanti. Hasib Hussain arrivava in moto da Holbeck, il quartiere accanto. Mohammed Sadique Khan era il più lontano, lasciava moglie e bimbo di 8 mesi e li raggiungeva da Dewsbury. Da Stratford Street scendeva a piedi Eliaz Fiaz. I quattro della Moschea. I quattro che, titola Evening Post, «hanno preso il biglietto di sola andata». Leeds sembra lontana, ma è a cinque minuti di taxi. Beeston, come Holbeck, come Dewsbury, periferìa dì Peshawar, Pakistan. Quasi 200 mila abitanti, nella Leeds una volta capitale del tessile. E almeno 40 mila musulmani. Tutti qui, attorno alla collina di Beeston. Tutti muti, adesso. Gentili, cortesi, chiacchieroni per dire niente. Anche Gosha, 30 anni, le scarpe da calcio in mano, la canottiera grìgia, i capelli rasati a zero. Alle sette di sera, in Tempest Street li incontrava sempre, «sono miei amici», e con Mohammed Sadique, stessa età, erano compagni di banco. «Sono tutti bravi ragazzi». I bravi ragazzi di Tempest Street, a sentire Gosha, o Ali grande amico di Hasib, o Fuad che ha imparato a nuotare grazie a Mohammed. «Erano come noi». Appunto. E sono partiti da qui con gli zainetti carichi di esplosivo, e la strage è cosa loro come dice Scotland Yard. In fondo ad Hardy Street c'è il parco con i campi da tennis, da basket, da cricket. Sarebbe il punto dì ritrovo, almeno fino all'altra settimana. Sotto la casa di una famigha irlandese sì dà appuntamento la gioventù di Beeston. Giovani e musulmani con le loro macchine e i loro ed da sparare a volume alto. Da ieri niente più musica. Ecco, il campo da cricket. Se Shehzab è conosciuto su questa collina non è tanto per il babbo, che a frìggere pesce e patatine da trent'anni si è costruito la pìccola fortuna di una villetta e una vita rispettabile, ma per la sua bravura come battitore, per il sogno di entrare nel cricket team di Leeds. Sul prato del parco i ragazzi di stanno accovacciati sui talloni, come a Peshawar. Sono quasi tutti di origine pakistana, ì più vengono dalla zona del Kashmir, molti hanno il loro camicione azzurro. «In casa, con i nostri genitori, parliamo hurdu o lìngua del punjab -dice Gosha-, invece tra noi parhamo solo in inglese». Ci sono le televisioni e i reporter, al parco di Beeston Hill. E i ragazzi sì allontanano, lasciano solo «il Professore», così lo chiamano, che avrà il compito di spiegare quanto si stia bene su questa collina e in questa Leeds delle chiese, delle moschee, dei templi indù, dei pakistani e cinesi e irlandesi, delle 17 nazionalità presenti e delle 20 lingue parlate. Tutto molto interessante, ma non aiuta a capire Tempest Street. Bisogna allontanarsi, entrare tra le case di mattoni tutte uguali, nelle strade tutte uguali con lo stesso odore di kebab e minestra di lentìcchie. E andare al fish&chìps dei Tanweer. «South Leeds Fischeries», è scritto sull'insegna. La bottega è un buco che riapre a mezzogiorno. Due amici del padre di Shehzad dietro il bancone, sorridono e dicono niente. Ma arriverà Bashir Ahmed, 65 anni, lo zio. Un signore distinto e vestito di bianco, i baffi e il ciuffo dello stesso colore, le parole misurate. «Nessuno può immaginare come stia la famìglia. Tutti ci domandiamo come sia stato possibile. L'avranno costretto? Non abbiamo spiegazioni». Sbezhad anche in casa lo chiamavano «Shazzy». Bravo figlio. Diploma in scienze sportive. Però, da qualche tempo... «Da qualche mese, anzi quasi due anni - ammette Azi Mohammed, un amico - era cambiato. Sì era avvicinato alla Moschea, quando lo incontravo mi diceva che aveva fretta e doveva andare lì». La moschea che sta dall'altra parte dì Hardy Street, dove ieri c'erano solo ì bambini della Scuola Coranica. O forse il Centro Islamico. «Certo, continuava ad essere un fanatico del cricket, gli piacevano le arti marziah, ma non usciva più con i vecchi compagni di scuola. Una volta andavamo a donne e a bere. Lui ad un certo punto ha smesso». Dopo un viaggio in Pakistan, lui nato qui 22 anni fa, «per vedere com'è». Anche Hasib il ragazzino, 18 anni, era andato in Pakistan. E pure lui, piuttosto attaccabrighe nel quartiere, a scuola poco o niente fino a ritirarsi, era tornato un altro. La barba, il racconto di un viaggio in Afghanistan, i racconti dei pellegrinaggi alla Mecca. E la disciplina del fondamentalista, la Moschea e il Corano davanti a tutto e tutti. Harib, il fratello maggiore di un anno, si era insospettito e ne aveva parlato con la mamma Maniza e il padre Mohammud che lavora nelle fattorie. E qualche abbondante sospetto dev'essere rimasto, se la sera di giovedì 7 luglio mamma Maniza chiama Scotland Yard e denuncia prima la scomparsa e poi il figlio. Viaggi in Pakistan e in Afghanistan, dunque. E chi andava e tornava più spesso è Mohammed Sadique Kan, 30 anni, il più vecchio. Un altro nato qui, l'Università e la laurea in scienze dello sport. In facoltà aveva conosciuto la moglie, e s'erano sposati di nascosto, il padre di lei non l'aveva in simpatia. Dice Gosha, il suo amico, «che era ben voluto da tutti, insegnava nuoto ai bambini handicappati». Aveva lasciato la collina di Beeston per la zona di Dewsbury, dopo il vecchio stadio dove giocava John Charles. Ma qui erano rimasti gli amici, i ragazzini da portare in palestra e la Moschea dalle porte blu. E poi il quarto bravo ragazzo, Eliaz Fiaz detto «Jacksey», grande amico di Mohammed, stessa età. Un altro che andava e veniva, e come base, ogni due mesi, gb era rimasta la casa dei genitori a Stratford Street. Dove l'altra notte hanno trovato l'esplosivo e adesso transenne e teli, sistemati dalla polizia, tengono lontane le barbe e le tuniche che camminano mano nella mano a Beeston Hill. Islamici che aspettano. Aspettano di sapere se è vero che un quinto bravo ragazzo di Tempest Street è stato arrestato o identificato. E se altri sapevano, li hanno aiutati, magar: accompagnati a Londra quella mattina. «Ma non è possibile - dice davanti alla bottega del sarto Azi Mohammed, l'amico di Shehzad Tanweer -. Tutte le volte che abbiamo parlato ha sempre condannato il terrorismo». Guarda il quotidiano del pomeriggio della città e vede un titolo su questo quartiere di Leeds diventato Peshawar: «E quanti ancora sono qui?». Non risponde, se ne va. Ancora non vuol credere che il suo buon amico «Shazzy», quello del cricket e delle donne e della birra, la mattina del 7 luglio abbia noleggiato la Nissan Micra per andare a Londra. Con le bombe. E con gli altri «bravi ragazzi» cresciuti a Tempest Street. Sono partiti di qui con gli zainetti carichi di esplosivo e sono andati a Londra: «Erano come noi, non è possibile. Condannavano il terrorismo». Quanti ce ne sono ancora? Colwyn Road, Beeston, Leeds: in questa strada abita la famiglia Tanweer La cupola della moschea di Leeds domina i tetti con i tradizionali comignoli Inglesi v^Si •X.'- SgeanCiclDevpdsdqr Leeds: la tavola calda di «f ish and chips» che appartiene al padre di Shahzad Tanweer, uno dei kamikaze di Londra